Una risposta precisa alle preoccupazioni manifestate dagli oppositori, una smentita secca di una serie di informazioni false che vengono diffuse contro questo accordo, esempio di una globalizzazione regolata ed equilibrata
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Documento del Servizio Studi del Senato sul Comprehensive Economic and Trade Agreement, a cura di Patrizia Borgna, 16 giugno 2017, in formato testo, scaricabile anche in formato pdf – In argomento v. anche il mio articolo pubblicato sul Corriere della sera il 27 giugno 2017, Le paure infondate per l’accordo tra UE e Canada e gli ulteriori documenti ad esso linkati
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SERVIZIO STUDI DEL SENATO – NOTA N. 91
Il 15 febbraio2017 il Parlamento europeo, con 408 voti a favore, 254 voti contrari e 33 astensioni, ha dato il proprio consenso alla conclusione del CETA, l’Accordo economico e commerciale globale UE-Canada firmato dalle due parti il 30 ottobre 2016 che prevede l’abolizione della maggior parte dei dazi doganali tra le due parti firmatarie e che potrebbe portare ad una crescita del PIL dell’UE pari a 12 miliardi di euro annui.
Dopo la votazione, il relatore Artis Pabriks (PPE) ha dichiarato: “Con l’adozione del CETA, abbiamo preferito l’apertura, la crescita e standard elevati al protezionismo e alla stagnazione. Il Canada è un Paese con il quale condividiamo valori comuni e un alleato sul quale possiamo fare affidamento. Insieme possiamo costruire ponti, invece di un muro, per la prosperità dei nostri cittadini. Il CETA sarà un punto di riferimento per gli accordi commerciali futuri in tutto il mondo”(1) . Per il Presidente della Commissione europea Junker “l’Accordo è un’opportunità importante per delineare insieme la globalizzazione e influenzare le regole del commercio globale”.
Per la Commissaria europea per il commercio Malmström il voto del Parlamento europeo “segna l’inizio di una nuova era nelle relazioni Ue-Canada”. La Commissaria ha inoltre affermato che: “…insieme oggi lanciamo un segnale forte. Costruendo ponti invece di muri riusciremo ad affrontare le sfide con le quali le nostre società devono confrontarsi”(2) .
Con l’approvazione del Parlamento europeo l’Accordo potrà essere applicato in via provvisoria, per le disposizioni di competenza esclusiva dell’UE, già dall’aprile 2017.
Alla firma del CETA il 30 ottobre scorso non si è giunti senza difficoltà e l’Accordo ha rischiato il fallimento in una fase avanzata, ovvero durante la fase di approvazione. Infatti, in sede di Consiglio UE per adottare la decisione che ha autorizzato l’Unione europea a firmare l’Accordo si è lavorato sino all’ultimo al fine di comporre le diverse sensibilità nazionali e di ridurre al minimo le varie riserve pendenti. Tra le varie posizioni quella della Bulgaria, della Romania e soprattutto del Belgio, che a causa del veto posto dal Parlamento vallone non era stato autorizzato a firmare l’Accordo. Ciò ha provocato il blocco delle trattative in seno al Consiglio e lo slittamento della firma, inizialmente prevista per il 27 ottobre scorso. Inoltre, la Germania, pur favorevole all’Accordo, aveva presentato alcune richieste formali e sostanziali, riprese poi anche da altri Stati membri, alle quali è stato dato riscontro con una serie di Dichiarazioni (38 in tutto) da iscrivere agli atti. Le richieste del governo tedesco davano seguito ad una recente pronuncia della Corte costituzionale tedesca che aveva posto alcune condizioni alla firma dell’Accordo. Quanto al Belgio, una delle dichiarazioni, la n. 37, prevede, tra l’altro, che il sistema giurisdizionale per gli investimenti (ICS) creato dall’Accordo sia sottoposto al vaglio dalla Corte di giustizia dell’Unione europea al fine di verificarne la compatibilità con i trattati europei.
Ora il CETA, in quanto accordo di natura mista, dovrà essere ratificato da tutti gli Stati membri sulla base delle norme costituzionali vigenti in ognuno di essi. Ciò vedrà il coinvolgimento dei parlamenti nazionali (e, laddove previsto, di quelli regionali) per un totale di 42 camere nazionali. Intanto, in Germania si attende una nuova sentenza della Corte che dovrà pronunciarsi sulla costituzionalità dell’Accordo.
Partendo dall’esperienza del CETA e dall’incertezza che accompagna il processo di ratifica è stata nel frattempo avviata in seno all’UE una riflessione più ampia sulla politica commerciale e sul suo processo decisionale, anche alla luce del crescente interessamento della società civile per gli accordi commerciali, con particolare riferimento a quelli di vasta portata.
1. Il CETA
Il CETA è un accordo economico e commerciale globale UE-Canada i cui negoziati, avviati nel 2009(3) , sono stati conclusi nel settembre 2014(4) . Si compone di 30 capitoli, seguiti da relativi allegati, da 3 Protocolli e da 3 allegati(5) .
L’Accordo abolisce il 99% dei dazi doganali e molti altri ostacoli per gli operatori commerciali, includendo disposizioni in materia di accesso al mercato di beni, servizi, investimenti e appalti pubblici, nonché in materia di diritti di proprietà intellettuale, misure sanitarie e fitosanitarie, sviluppo sostenibile, cooperazione normativa, riconoscimento reciproco, facilitazione degli scambi, cooperazione sulle materie prime, risoluzione delle controversie e ostacoli tecnici agli scambi.
Esclusi dall’Accordo i servizi pubblici, i servizi audiovisivi e di trasporto e alcuni prodotti agricoli, come ad esempio i prodotti lattiero-caseari, il pollame e le uova.
Una volta attuato, l’Accordo dovrebbe far crescere di quasi un quarto gli scambi di beni e servizi tra l’UE e il Canada.
Nel 2015, in base ai più recenti dati Eurostat(6) , l’Unione europea ha registrato un surplus commerciale “record” di 6,9 miliardi di euro negli scambi di beni con il Canada, frutto di un aumento delle esportazioni dei prodotti ‘made in Ue’. Inoltre ha importato beni dal Canada per 28,3 miliardi di euro. Si è invece ridotto il surplus dell’Ue nel commercio di servizi, sceso da 5,1 miliardi del 2014 a 3,8 miliardi.
Figura n. 1 – Sviluppo del commercio di beni tra Ue e Canada nel periodo 2005-2015 (espresso in miliardi di Euro). Fonte: Eurostat, 30 ottobre 2016
Figura n. 2: Scambi commerciali con il Canada suddivisi per prodotti principali.
Fonte: Eurostat, 30 ottobre 2016
Figura n. 3: Sviluppo delle importazioni e delle esportazioni di servizi tra Ue e Canada nel periodo 2010-2015. Fonte: Eurostat, 30 ottobre 2016.
L’Italia, nel 2015, ha avuto in Canada lo 0,9% delle sue esportazioni complessive. Ha esportato beni per 3,6 miliardi di euro, e importandone per 1,4 miliardi, registrando un surplus commerciale di 2,2 miliardi.
Figura n. 4: Commercio internazionale di beni tra Stati membri e Canada, 2015
Fonte: Eurostat, 30 ottobre 2016.
Nel complesso, con l’aumento degli scambi tra l’UE e il Canada l’Accordo dovrebbe generare un incremento del PIL dell’UE pari a circa 12 miliardi di euro l’anno(7) .
Inoltre, secondo la Commissione europea l’Accordo “porrà fine alle limitazioni sull’accesso agli appalti pubblici, aprirà il mercato dei servizi, offrirà condizioni prevedibili agli investitori e, cosa non meno importante, contribuirà a prevenire le copie illecite di innovazioni e prodotti tradizionali dell’UE. L’Accordo contiene anche tutte le garanzie necessarie per far sì che i vantaggi economici ottenuti non vadano a scapito dei diritti fondamentali, delle norme sociali, del diritto dei governi di legiferare, della protezione dell’ambiente o della salute e sicurezza dei consumatori”(8) .
Un recente Studio del Servizio ricerche del Parlamento europeo analizza nel dettaglio le principali novità introdotte dal CETA. Tra esse si annoverano le seguenti:
- Servizi pubblici. L’Accordo prevede un “public carve-out” ovvero l’esenzione dalle sue disposizioni per i “servizi prestati nell’esercizio dei pubblici poteri” (articolo 9.2). L’Unione europea ha introdotto inoltre ulteriori riserve per servizi quali la sanità, i servizi sociali ed educativi, i servizi postali, i servizi di raccolta e purificazione dell’acqua.
- Investimenti. L’Accordo fa un riferimento esplicito al diritto dei governi di regolamentare, riaffermando innanzitutto il diritto per le parti di legiferare al fine di conseguire obiettivi politici legittimi tra cui la tutela della sanità pubblica, della sicurezza, dell’ambiente, la protezione sociale e dei consumatori. Inoltre, protegge le misure di natura pubblica da potenziali reclami da parte di investitori stranieri poiché stabilisce che il semplice fatto che una parte legiferi in modo da incidere negativamente su un investimento o da interferire nelle aspettative di un investitore, comprese le aspettative di profitto, non costituisce una violazione di un obbligo sancito dall’Accordo. Garantisce poi un “trattamento giusto ed equo per gli investimenti e gli investitori”, specificando le condizioni che ne costituiscono una violazione (ad esempio diniego di giustizia in procedimenti penali, civili o amministrativi, violazione del giusto processo, manifesta arbitrarietà). Specifica cosa si intende per “espropriazione indiretta”, al fine di evitare ricorsi contro provvedimenti legittimi di interesse pubblico (articolo 8.12 e allegato 8-A). Inoltre, su proposta della Commissione europea, crea un sistema giurisdizionale per la protezione degli investimenti (ICS) indipendente, formato da un Tribunale permanente e una Corte d’appello, composte da magistrati nominati dagli Stati, che saranno competenti in materia di risoluzione delle controversie investitore/stato(9) . L’Accordo prevede infatti che le imprese possano chiamare in giudizio i governi chiedendo danni per leggi che comportano un’indebita discriminazione. Questo sistema, attivabile a determinate condizioni, sostituirà l’attuale sistema ISDS dove le controversie sono risolte da un collegio arbitrale nominato dalle parti(10) . Secondo la Commissione europea, il sistema renderà più veloce e meno onerosa la risoluzione delle controversie. Il CETA inoltre sancisce l’impegno delle parti a collaborare per la creazione di un tribunale internazionale multilaterale per gli investimenti.
- Appalti pubblici. L’Accordo garantirà l’apertura da parte del Canada alle gare d’appalto a livello federale e sub-federale per le imprese europee, eliminando così le attuali asimmetrie tra i due mercati.
- Indicazioni geografiche (IG). Grazie alla Commissione europea sarà garantita nel mercato canadese la protezione di un ampio numero di denominazioni (173) per prodotti originari dell’UE. In futuro l’elenco delle IG potrà essere modificato dalle due parti (articolo 20.22).
- Sviluppo sostenibile: commercio e lavoro. Il CETA riconosce gli standard e gli accordi multilaterali sul lavoro fissati dall’Organizzazione internazionale del lavoro (“OIL”), tra cui: la libertà di associazione ed il riconoscimento effettivo del diritto di contrattazione collettiva, l’eliminazione di ogni forma di lavoro forzato o obbligatorio, l’eliminazione della discriminazione in materia di impiego e professione (articolo 23.3).
- Cooperazione regolamentare. L’Accordo specifica che le attività di cooperazione sono condotte su base volontaria. Le parti non sono tenute ad aderivi e in qualsiasi momento possono rifiutarsi di cooperare o ritirarsi dalla cooperazione. Istituisce un Forum di cooperazione regolamentare (FCR) con l’obiettivo di agevolare e promuovere la cooperazione. Sono poi previste forme rafforzate di cooperazione e dialogo bilaterali al fine di agevolare la cooperazione in alcuni settori (biotecnologie, prodotti forestali, materie prime). Inoltre, sono istituiti una serie di comitati specializzati, che fanno capo al Comitato misto CETA, copresieduto dal Ministro del Commercio canadese e dal Commissario europeo al commercio. Il Comitato misto CETA è responsabile di tutte le questioni riguardanti il commercio e gli investimenti tra le parti, dell’attuazione dell’Accordo e della sua interpretazione (articolo 26).
Attorno alla natura dell’accordo vi sono state alcune divergenze tra la Commissione, che lo riteneva di competenza esclusiva dell’UE, e alcuni Stati membri (tra cui Francia, Austria e Germania), che sostenevano invece la sua natura mista, in quanto comprensivo di elementi che rientrano sia tra le competenze esclusive dell’Unione che tra quelle condivise con gli Stati membri. Pur di consentirne una rapida firma la Commissione europea, in attesa che la Corte di giustizia europea si pronunci sulla questione, si è resa tuttavia disponibile a riconoscere la natura mista dell’Accordo e nel luglio 2016 ha presentato un pacchetto di proposte relative alla sua firma, conclusione e applicazione provvisoria(11) . Il pacchetto prevede quindi la firma e la ratifica del CETA non solo da parte dell’Unione europea ma anche dei suoi Stati membri(12) .
Nel luglio 2015 la Commissione europea ha chiesto alla Corte di giustizia di fornire un parere circa la sua competenza a firmare e ratificare l’Accordo di libero scambio UE-Singapore, siglato nel 2013 (causa A-2/15). La Commissione europea sostiene che tale accordo ha gli stessi contenuti e persegue gli stessi obiettivi del CETA e che pertanto la competenza dell’UE è la medesima in entrambi i casi(13) . Nella causa A-2/15 la Commissione europea ha sostenuto che l’Unione ha competenza esclusiva a concludere l’accordo con Singapore, e in alternativa, nei settori in cui la competenza dell’UE non è esclusiva, essa ha almeno competenza concorrente. La Commissione europea afferma che quando la Corte si sarà espressa, sarà necessario trarre le debite conclusioni.
Il pacchetto della Commissione è stato adottato dal Consiglio dell’UE il 28 ottobre scorso assieme ad uno Strumento congiunto UE-Canada e a 38 Dichiarazioni (per i dettagli sui lavori in seno al Consiglio si veda il paragrafo n.3).
Ora che il Parlamento europeo ha dato il proprio consenso, in attesa della ratifica da parte degli Stati membri, l’Accordo potrebbe essere applicato in via provvisoria già a decorrere dal 1° aprile 2017. L’applicazione provvisoria riguarderà essenzialmente le disposizioni di competenza esclusiva dell’UE (accesso al mercato anche per la parte degli investimenti, esclusi quelli di portafoglio, trasporti marittimi, sviluppo sostenibile e ambiente nei limiti delle competenze UE).
2. Il lavori al Parlamento europeo
Nella sessione plenaria del 15 febbraio 2017 il Parlamento europeo ha approvato, con 408 voti a favore, 254 voti contrari e 33 astensioni, il progetto di decisione relativo alla conclusione dell’Accordo trasmesso dal Consiglio dell’Unione europea lo scorso 28 ottobre(14) , (vd risoluzione “L’accordo economico e commerciale tra il Canada e l’Unione europea). Relatore il deputato lettone Pabriks del PPE, appartenente alla Commissione per il Commercio internazionale (INTA) del Parlamento europeo.
Le discussioni in seno alla Commissione INTA sono iniziate il 31 agosto 2016 e si sono concluse il 24 gennaio 2017 con l’approvazione del progetto di risoluzione nel quale il relatore ha raccomandato l’approvazione senza riserve dell’Accordo.
Hanno votato a favore del CETA il Partito popolare europeo (PPE), l’Alleanza dei democratici e liberali (ADL) – a parte alcuni astenuti -, i conservatori e riformisti europei (ECR), l’Alleanza progressista dei social democratici (S&D) sebbene all’interno di quest’ultimo gruppo le posizioni siano state divergenti e una parte di esso abbia votato contro. Contrari al CETA il gruppo della Sinistra unitaria europea – Sinistra nordica (GUE/NLD), i Verdi/Alleanza libera europea (VERDI/EFA), Europa della Libertà e della Democrazia diretta (EFD) e il gruppo Europa delle nazioni e della libertà (ENF).
Un confronto sul CETA aveva avuto luogo in seno al PE anche lo scorso 26 ottobre, quando il Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk aveva riferito circa gli esiti del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre che chiedeva di addivenire ad una rapida decisione sulla firma e sull’applicazione provvisoria dell’Accordo. Nel suo discorso di apertura il Presidente Tusk aveva messo in guardia sulle conseguenze che il fallimento dell’Accordo con il Canada – il “paese più europeo al di fuori dell’Europa”, nonché amico e alleato – avrebbe avuto sulla posizione dell’Europa a livello globale. Il dibattito che ne era seguito aveva evidenziato profonde divergenze tra i vari gruppi parlamentari.
Si ricorda che il Parlamento europeo ha monitorato attivamente l’andamento dei negoziati sul CETA sin dal loro avvio nel 2009, esprimendosi in particolare con la risoluzione sulle relazioni commerciali UE-Canada dell’8 giugno 2011. Grazie anche alla sua pressione sono state modificate le norme riguardanti gli investimenti(15) ed è stato introdotto il sistema giurisdizionale per la protezione degli investimenti in sostituzione del meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato (ISDS).
Sempre il 15 febbraio il Parlamento europeo ha approvato anche un Accordo strategico di partenariato UE-Canada (SPA). A complemento del CETA, questo accordo ha lo scopo di intensificare la cooperazione bilaterale UE-Canada per una vasta gamma di questioni non commerciali, quali la politica estera e di sicurezza, la lotta al terrorismo, la lotta alla criminalità organizzata, lo sviluppo sostenibile, la ricerca e la cultura.
3. I lavori in Consiglio
Il pacchetto di misure presentato dalla Commissione europea è stato adottato dal Consiglio Affari esteri – Commercio (CAE-Commercio) mediante procedura scritta(16) lo scorso 28 ottobre.
Come si legge nelle Conclusioni, il CAE-Commercio ha approvato:
- la decisione relativa alla firma del CETA;
- la decisione relativa all’applicazione provvisoria del CETA;
Inoltre ha convenuto di trasmettere al Parlamento europeo, per la sua approvazione, il progetto di decisione relativo alla conclusione del CETA(17) .
Il CAE-commercio ha poi stabilito di trasmettere al Canada la notifica relativa all’applicazione provvisoria dell’Accordo entro il 17 febbraio 2017, una volta ottenuto il consenso del Parlamento europeo(18) .
Oltre alle suddette decisioni il CAE-Commercio ha approvato i seguenti testi che sono parte indissociabile dell’Accordo:
Lo Strumento interpretativo comune è stato messo a punto dalla Commissione europea e dal Canada al fine di fornire un’interpretazione vincolante su varie disposizioni dell’Accordo che avevano suscitato preoccupazione da parte di alcuni Stati membri e tra l’opinione pubblica. Si tratta in particolare dell’impatto del CETA sulle capacità dei governi di legiferare in difesa dell’interesse pubblico, come pure delle disposizioni relative alla protezione degli investimenti e alla risoluzione delle controversie, allo sviluppo sostenibile, ai diritti del lavoro, alla protezione ambientale, al principio di precauzione, ai servizi pubblici, agli appalti pubblici e alle acque.
Le 38 Dichiarazioni sono rese dalla Commissione, dal Consiglio e dagli Stati membri che si impegnano relativamente alle rispettive competenze. Le dichiarazioni riguardano, tra l’altro, l’applicazione provvisoria dell’accordo, gli OGM, i servizi pubblici, gli appalti pubblici, la liberalizzazione dei visti (per i cittadini rumeni e bulgari entro la fine del 2017). Vi sono anche la Dichiarazione sulla protezione degli investimenti e sul sistema giurisdizionale per gli investimenti (ICS), una Dichiarazione del Belgio, adottata il 27 ottobre, relativa alle condizioni riguardanti i pieni poteri dello Stato federale e delle entità federali per la firma del CETA (si veda infra, 2.1)(19)
Con i suddetti documenti si è inteso in qualche modo rispondere alle diverse sensibilità nazionali e superare le varie riserve pendenti sull’Accordo. Infatti, nel dibattito che aveva avuto luogo negli ultimi mesi in seno al Consiglio erano emerse alcune perplessità che vertevano essenzialmente su aspetti sensibili dell’Accordo, quali la tutela dei consumatori, dell’ambiente, i servizi pubblici, la protezione degli investimenti. Tra i paesi che per varie ragioni avevano posto riserve figuravano l’Austria, la Polonia, l’Ungheria, la Slovenia, la Romania e la Bulgaria. Questi ultimi due in particolare rivendicavano il diritto alla piena reciprocità in materia di visti per i propri cittadini.
La riunione straordinaria del CAE-Commercio tenutasi il 18 ottobre, durante la quale si sarebbe dovuto approvare il pacchetto di misure sul CETA, si era conclusa con uno stallo dovuto al perdurare delle riserve della Bulgaria e della Romania, in attesa di una conferma scritta da parte del Canada sul consenso alla liberalizzazione dei visti a partire dal 2017, ma soprattutto alla posizione del governo Belga, che non aveva ottenuto dal Parlamento vallone i pieni poteri per la firma dell’Accordo da parte del suo Paese (si veda infra paragrafo 3.1). La discussione inoltre era ruotata attorno alle richieste del governo tedesco che, seppur favorevole alla firma dell’Accordo, aveva portato all’attenzione del Consiglio alcuni caveat posti dalla Corte costituzionale in una pronuncia del 12 ottobre scorso (si veda al riguardo il paragrafo 3.2).
3.1 La questione della Vallonia
Il 10 ottobre 2016, il parlamento autonomo della Vallonia aveva votato contro il CETA, ponendo il veto alla firma dell’Accordo da parte del Belgio. Con 44 voti favorevoli e 22 contrari i valloni avevano approvato una risoluzione con cui chiedevano al Governo vallone di non accordare pieni poteri al Governo federale per firmare il CETA(20) .
Oltre alla Vallonia, a rifiutare di concedere pieni poteri al governo federale belga, seppur in modo meno accentuato, era stata anche la regione di Bruxelles Capitale.
Alla base della posizione del Parlamento vallone vi era il timore che l’Accordo potesse compromettere il modello agricolo della regione, i diritti dei lavoratori, il sistema sanitario e le norme a protezione dei consumatori e dell’ambiente. Altro grande ostacolo era rappresentato dalle disposizioni sulle controversie commerciali, ritenute non sufficientemente garantiste della sovranità dei governi. Il ministro-presidente della Vallonia, il socialista Paul Magnette, aveva specificato che la sua regione non intendeva rifiutare il CETA in sé, ma richiedeva garanzie sulla protezione dei servizi pubblici e rassicurazioni sulla neutralità del sistema giurisdizionale.
Dopo intensi negoziati il 27 ottobre i governi del Belgio (federale e delle entità federali), il Consiglio e la Commissione europea si sono accordati su alcune dichiarazioni da iscrivere nel processo verbale del Consiglio al fine di tenere conto delle osservazioni della Vallonia. In particolare sono state ottenute salvaguardie nel settore agricolo e sul sistema di risoluzione delle controversie tra investitori e stato (ICS), stabilendo che quest’ultimo venga prima sottoposto al vaglio della Corte di giustizia dell’Unione europea al fine di verificarne la compatibilità coni i trattati europei (si veda al riguardo la Dichiarazione n.37).
3.2 La pronuncia della Corte costituzionale tedesca e le richieste della Germania
In Germania varie organizzazioni civiche hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale tedesca sollevando una questione di incostituzionalità del CETA in quanto ritenuto lesivo dei principi democratici e dell’integrità ambientale.
Nell’ambito di tali procedimenti le stesse organizzazioni, sostenute anche dal partito “die Linke”(21) , avevano presentato dei ricorsi di urgenza al fine di sollecitare un’ingiunzione preliminare per impedire, nella riunione del CAE-Commercio del 18 ottobre, l’approvazione da parte della Germania del pacchetto di misure relative alla firma, alla conclusione e all’applicazione provvisoria del CETA(22) .
Il 12 ottobre scorso la Corte costituzionale tedesca ha respinto i ricorsi di urgenza(23) . Tuttavia, in attesa di pronunciarsi sui procedimenti principali che vertono sulla costituzionalità dall’Accordo, aveva subordinato la firma del CETA da parte del Governo tedesco al rispetto delle seguenti condizioni:
- la decisione del Consiglio relativa all’applicazione provvisoria del CETA deve applicarsi solo alle disposizioni rientranti nella sfera di competenze esclusive dell’Unione;
- fino alla pronuncia sul procedimento principale di costituzionalità dovrà essere assicurata una sufficiente legittimità democratica relativamente alle decisioni del Comitato misto CETA.
L’articolo 26,1 del CETA istituisce un comitato misto, composto dai rappresentanti dell’UE e del Canada, con vari compiti, tra cui quello di modificare i protocolli e gli allegati dell’Accordo e di fornire un’interpretazione vincolante delle sue disposizioni;
- l’interpretazione dell’articolo 30.7, paragrafo 3 lettera c) del CETA deve consentire alla Germania di terminare unilateralmente l’applicazione provvisoria.
L’articolo 30.7, paragrafo 3, lettera c) del CETA prevede che una parte può terminare l’applicazione provvisoria dell’Accordo dandone comunicazione scritta all’altra con effetto il primo giorno del secondo mese successivo alla notifica.
Il governo tedesco ha portato le suddette condizioni all’attenzione del CAE-Commercio del 18 ottobre, che ha risolto le questioni sollevate mediante una serie di dichiarazioni allegate al processo verbale della riunione.
In particolare, per quanto riguarda l‘applicazione provvisoria del CETA una dichiarazione del Consiglio conferma che vi saranno soggette solo le materie che rientrano nell’ambito della competenza dell’UE (Dichiarazione n. 15). Seguono poi due dichiarazioni riguardanti il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali e della protezione dei lavoratori, materie che rientrano nelle competenze condivise con gli Stati membri (Dichiarazioni nn. 16 e 17). Le dichiarazioni specificano che l’applicazione provvisoria delle misure rientranti in questi settori lascia impregiudicata la ripartizione delle competenze tra Ue e Stati membri e non impedisce a questi di esercitare le proprie competenze nei confronti del Canada in materie non contemplate dal CETA.
Per quanto riguarda l’operatività del Comitato misto CETA una dichiarazione della Commissione europea chiarisce che quest’ultima non intende presentare proposte per la modifica o l’interpretazione dell’Accordo prima del vaglio di costituzionalità della Corte tedesca (Dichiarazione n. 18). Segue una dichiarazione del Consiglio e degli Stati membri che specifica che qualora una decisione del Comitato misto CETA rientri nella competenza degli Stati membri, la posizione che l’UE e gli Stati membri devono assumere all’interno di esso deve essere adottata di comune accordo (Dichiarazione n. 19).
Riguardo alla cessazione dell’applicazione provvisoria del CETA una dichiarazione del Consiglio stabilisce che qualora fosse impossibile procedere alla ratifica a seguito di una sentenza di incostituzionalità o di un qualsiasi altro procedimento costituzionale interno, si porrà fine all’applicazione provvisoria del CETA. Le misure necessarie saranno prese conformemente alle procedure dell’UE (Dichiarazione n. 20). Segue una dichiarazione della Germania, a cui si è aggiunta anche l’Austria, che specifica che i due paesi, in quanto parti del CETA, possono esercitare i diritti di cui all’articolo 30.7, paragrafo 3, lettera c) dell’Accordo (Dichiarazione n. 21). Anche in questo caso le misure necessarie saranno prese secondo le procedure dell’UE. Medesima dichiarazione è stata formulata dalla Polonia (Dichiarazione n. 22).
4. Sviluppi futuri: il dialogo sulla politica commerciale dell’UE
Dopo la firma del CETA l’Unione europea intende svolgere un confronto sulla sua politica commerciale: nel corso del CAE-Commercio tenutosi lo scorso 11 novembre ha avuto luogo un primo scambio di opinioni informale sugli insegnamenti tratti dal caso CETA(24) . Partendo dalle rispettive esperienze nazionali è stata avviata una riflessione più ampia sul futuro della politica commerciale dell’UE e sulle modalità con cui negoziare gli accordi futuri.
In particolare, in vista della riunione, la presidenza slovacca del Consiglio ha invitato a riflettere sui seguenti aspetti: come coniugare l’importanza di creare strumenti in grado di dare forma alla globalizzazione e di promuovere i valori dell’UE con la crescente opposizione da parte della società civile verso gli accordi commerciali, in particolare quelli di vasta portata; come ciascun governo possa e debba difendere tali accordi con i rispettivi parlamenti nazionali e subnazionali e con i cittadini; come delimitare le competenze tra l’UE e gli Stati membri (non appena la Corte di giustizia si sarà espressa sulla natura dell’accordo con Singapore).
Convenendo che per un più proficuo confronto occorrerà attendere la pronuncia della Corte di giustizia, in seno al CAE-Commercio si è intanto preso atto della complessità del clima che caratterizza i negoziati commerciali e della crescente preoccupazione da parte della società civile per gli effetti della globalizzazione sull’industria e sull’occupazione. La discussione ha toccato tre aspetti specifici: la trasparenza, la comunicazione e le procedure, sui quali si è registrato un generale consenso. Per quanto concerne il primo aspetto è stata condivisa l’esigenza di una maggiore apertura nei confronti della società civile e delle istituzioni nazionali per spiegare chiaramente il mandato negoziale e gli obiettivi dell’UE nei negoziati commerciali – si è parlato anche di rendere pubblici i mandati negoziali sin dall’inizio. Si è inoltre convenuto sull’importanza di assicurare un costante e tempestivo ascolto di eventuali preoccupazioni a livello della società civile. Per quanto concerne la comunicazione è stata sottolineata la necessità di predisporre una vera e propria “strategia” che spieghi al pubblico i vantaggi degli accordi, mentre sulle procedure, in attesa della pronuncia della Corte di giustizia europea sulla natura dell’accordo con Singapore e conseguentemente del CETA, alcuni partecipanti, tra cui la Commissione europea e l’Italia, hanno avanzato l’ipotesi di dividere gli accordi in due parti, una per i settori di competenza esclusiva dell’UE e l’altra per i settori di competenza degli Stati nazionali.
Si segnala che la riflessione sul futuro degli accordi commerciali è stata ampiamente sostenuta e voluta dall’Italia, che già nella riunione del 23 settembre scorso aveva evidenziato la necessità di una riflessione generale sulle modalità di gestione della politica commerciale al fine di rispondere in modo efficace sia alle sfide della globalizzazione che alle preoccupazioni dei cittadini. Si ricorda che l’Italia nel mese di settembre aveva inviato alla Commissione europea una lettera, cofirmata da altri 11 Stati membri(25) , nella quale aveva caldeggiato la firma del CETA il 27 ottobre 2016 e l’applicazione provvisoria dell’Accordo.
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1) Si veda il Comunicato stampa del Parlamento europeo.
2) Si veda il Comunicato stampa della Commissione europea.
3) Il mandato negoziale del 2009 è stato modificato nel 2011 al fine di inserire le disposizioni riguardanti gli investimenti e la protezione degli investimenti. I due mandati sono stati resi pubblici nel 2015.
4) Si veda la pagina sul CETA a cura della Commissione europea.
5) Per l’insieme dei documenti si veda la pagina a cura del Consiglio dell’UE.
6) Eurostat, newsrelease 216/2016 del 30 ottobre 2016.
7) Al riguardo si veda “Domande e risposte” sul CETA a cura della Commissione europea.
8) E’ quanto afferma la Commissione europea nella Relazione illustrativa che accompagna la proposta di decisione relativa alla firma dell’Accordo (COM(2016)444), che fa parte del pacchetto di misure presentato a luglio 2016 (si veda infra).
9) Si veda al riguardo la Scheda predisposta dalla Commissione europea.
10) Questo sistema è stato proposto dalla Commissione europea anche nell’ambito dei negoziati per il TTIP.
11) COM(2016)444, COM(2016) 443, COM(2016)470. Si veda al riguardo anche il Comunicato stampa della Commissione europea.
12) Sull’iter di approvazione dei trattati commerciali si vedano gli articoli 207 e 21 del TFUE nonché la pagina a cura del Consiglio dell’UE.
13) E’ quanto si legge nella relazione che accompagna il pacchetto di proposte relative al CETA.
14) Si tratta del COM(2016)443. Sull’esito del voto si veda il Comunicato stampa del Parlamento europeo.
15) Si veda al riguardo la risoluzione sulla politica europea in materia di investimenti internazionali approvata il 6 aprile 2011.
16) Il regolamento interno del Consiglio (art. 12) prevede il ricorso alla procedura scritta in casi di urgenza, quando un atto deve essere adottato entro un certo termine ma non è programmata una sessione del Consiglio né è possibile organizzarne una in tempo utile. In tal caso, i membri del Consiglio devono rispondere per iscritto indicando se siano favorevoli o contrari all’adozione dell’atto in questione o se si astengono.
17) (COM(2016)443).
18) L’articolo 30.7, paragrafo 3 del CETA prevede che le parti possano applicare l’Accordo a titolo provvisorio a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data in cui sono notificati l’avvenuto espletamento dei rispettivi obblighi ed adempimenti interni necessari a tal fine.
19) Per approfondimenti si veda lo Studio condotto dal CEPS (Center of European policy study): “La firma del CETA: 38 Dichiarazioni, uno strumento interpretativo congiunto e un futuro incerto” (in lingua inglese) che sottolinea anche come la necessità di affiancare l’Accordo con una serie così numerosa di documenti nei quali gli Stati membri o regioni all’interno degli stessi esprimono la possibilità di esercitare il proprio diritto di veto al momento della conclusione dell’Accordo non lasci presagire un rapido processo di ratifica. Sul potere di veto esercitato dagli Stati membri si veda un altro Studio condotto dal CEPS: “Il potere di veto della Vallonia segna l’inizio della fine della politica commerciale dell’UE?” (in lingua inglese), che mette in rilievo le problematiche connesse alla natura mista degli accordi commerciali
20) Il parlamento vallone, in quanto organo legislativo federale, ha infatti competenza sui trattati internazionali. Ha dunque il potere di bloccare la loro firma e la loro ratifica.
21) Die Linke è un partito politico di sinistra, terzo a livello nazionale.
22) La Corte costituzionale mediante un’ingiunzione preliminare può decidere in via provvisoria su una questione se ciò viene richiesto al fine di evitare danni severi, imminente violenza o per motivi di pubblico interesse (si veda l’art. 32, sez 1 della Legge sulla Corte costituzionale federale, Bundesverfassungsgerichtsgesetz – BVerfGG).
23) Nella breve motivazione la Corte aveva accolto le argomentazioni del governo tedesco sul fatto che una bocciatura del CETA avrebbe comportato possibili danni “irreversibili” non solo all’Accordo in questione ma anche ad ulteriori accordi di libero scambio nei prossimi anni. Si veda al riguardo la pagina della Corte costituzionale tedesca.
24) Il dibattito informale ha avuto luogo nel corso di una colazione di lavoro.
25) Irlanda, Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Finlandia, Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Spagna e Portogallo.
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