SE IL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA SUL LAVORO DICE IL FALSO

Sostiene Luigi Di Maio: “Tutti gli indici di disoccupazione stanno aumentando, e diminuisce l’occupazione”; ma i numeri dicono inequivocabilmente il contrario – L’esponente 5 stelle ha servito bufale al pubblico de La7 senza che in quella sede ci fosse neppure una voce a contraddirlo

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Articolo di Lorenzo Borga e Mariasole Lisciandro, pubblicato sul sito
lavoce.info il 12 maggio 2017 – Per un altro caso, altrettanto clamoroso, di disinformazione, questa volta imputabile al quotidiano Libero, v. il post Ancora un episodio di pessima informazione sul lavoro     .
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Ritorna il fact-checking de lavoce.info. Passiamo al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca a Luigi Di Maio e alle sue affermazioni sul mercato del lavoro.

Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera dei Deputati

Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera

Cosa ha detto Di Maio

Da quando è stato approvato il Jobs Act, in corrispondenza della diffusione dei bollettini di Istat, Inps e ministero del Lavoro, si accendono feroci polemiche sull’andamento del mercato del lavoro. Polemizzare su dati mensili inevitabilmente influenzati da oscillazioni temporanee e a volte casuali, non è molto produttivo. Da alcuni mesi, però, l’Istat diffonde l’analisi dei flussi occupazionali per classe d’età al netto dell’effetto demografico, mentre dal 2016 ministero del Lavoro, Inps e Istat producono – finalmente – una nota congiunta trimestrale.
Se poi alle polemiche sui numeri si aggiunge la diffusione di dati e commenti non accurati, il dibattito pubblico non fa progressi, anzi ne soffre. Come accaduto durante l’ultima puntata della trasmissione DiMartedì (La7), durante la quale Luigi Di Maio ha dichiarato (al minuto 45:32): “Abbiamo un paese che in questo momento non se la passa bene: tutti gli indici di […] disoccupazione stanno aumentando, e diminuisce l’occupazione; la disoccupazione giovanile quando diminuisce è perché ci sono giovani che o espatriano o perdono la speranza di trovare lavoro, non che diminuisca perché abbiamo trovato nuovi posti di lavoro”.

I dati sul mercato del lavoro

Analizziamo dunque la sua dichiarazione alla luce degli ultimi dati sul mercato del lavoro diffusi da Istat. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto un picco nel novembre 2014 – quando era al 13 per cento. Da allora si è ridotto fino a scendere all’11,4 per cento a settembre 2015, per poi risalire all’11,7, valore di marzo 2017, per un totale di 105mila disoccupati in più rispetto al settembre 2015. È forse a questa risalita che si riferisce l’onorevole Di Maio.
Il trend del tasso di occupazione è invece più lineare: dopo aver raggiunto un punto di minimo nel settembre 2013 (55 per cento), a marzo 2017 si attesta al 58 per cento, con un aumento degli occupati di quasi 750mila unità. Sono stati così quasi raggiunti i livelli occupazionali pre-crisi, il cui picco è stato registrato ad aprile 2008 con quasi il 59 per cento di occupati. A questi dati vanno aggiunti gli inattivi, in forte calo dal 2011 a oggi, come si vede dalla figura 1.
Nei dati su occupati e inattivi non si trova dunque evidenza delle affermazioni del vicepresidente della Camera.

Figura 1

Dati Istat su occupazione

Fonte: Istat (Il primo diagramma ha per oggetto i tassi di occupazione; il secondo i tassi di disoccupazione; il terzo i tassi di inattività. Ci scusiamo per la pessima qualità di queste immagini, che sul sito lavoce.info compaiono molto più nitide: non siamo riusciti a fare di meglio nella riproduzione)

Giovani scoraggiati o in fuga?

Di Maio ha parlato anche di disoccupazione giovanile, affermando che la sua riduzione non è un dato positivo poiché sarebbe il riflesso dell’aumento degli inattivi e degli emigrati.
Dai dati per la popolazione compresa tra i 15 e i 24 anni si osserva una riduzione di 10 punti percentuali della frazione di giovani disoccupati sul totale della forza lavoro, dal 44,1 per cento di marzo 2014 al 34,1 per cento del marzo 2017. Dati precisi sulla “fuga di cervelli” non sono disponibili; i numeri a cui possiamo affidarci sono quelli delle iscrizioni all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) riportati dal “Rapporto sugli italiani all’estero” prodotto annualmente dalla Fondazione Migrantes. L’iscrizione al registro tuttavia non è obbligatoria nel corso del primo anno di permanenza fuori dai confini nazionali e quindi molto probabilmente risulta approssimata per difetto. Sulla base di una simulazione sul 2014 e il 2015, che calcola, rispettivamente, 32mila e 39mila espatri tra i 18 e i 34 anni, non sembra plausibile affermare che la riduzione di disoccupati fra i giovani sia stata completamente assorbita da nuovi inattivi e persone partiti in cerca di fortuna all’estero. Da gennaio 2014 a dicembre 2015, infatti, i disoccupati si sono ridotti di 116mila unità, gli inattivi sono aumentati di 13mila, gli espatriati sono stati circa 71mila, mentre la classe 15-24 anni si è ridotta di 68mila giovani per via dell’effetto demografico. L’affermazione di Di Maio potrebbe essere vera solo assumendo ipotesi piuttosto improbabili: ad esempio nel caso in cui tutti gli espatriati, gli inattivi e metà del calo demografico siano stati disoccupati.
Inoltre, poiché i dati sugli espatri per la fascia d’età tra i 15 e i 24 anni non sono disponibili, stiamo facendo riferimento a dati di espatriati tra i 18 e i 34 anni, di cui i più giovani rappresentano solo una parte. È ragionevole quindi pensare che l’effetto dell’espatrio sulla riduzione di disoccupati e inattivi tra i 15 e i 24 anni sia residuale.

Figura 2

Tassi di disoccupazione giovanile

Fonte: Istat (Il primo diagramma ha per oggetto i tassi di occupazione 15-24; il secondo i tassi di disoccupazione 15-24; il terzo i tassi di inattività 15-24. Sulla pessima qualità di queste immagini v. le nostre scuse sotto la figura 1)
Nota: abbiamo scelto di usare i tassi invece dei valori assoluti a causa dell’effetto demografico che in questa fascia d’età è piuttosto forte.

Forse l’esponente del Movimento 5 Stelle prende in considerazione periodi più brevi? Seppur poco utili all’analisi, che è preferibile svolgere sul medio-lungo periodo, anche i trend congiunturali e tendenziali non sembrano dare ragione al vicepresidente della Camera. L’ultimo bollettino Istat mostra come nel primo trimestre del 2017 gli occupati siano aumentati di 35mila unità rispetto all’ultimo trimestre 2016, mentre disoccupati e inattivi sono diminuiti, rispettivamente di 38mila e 32mila unità. Anche tra i più giovani i risultati non sono in linea con quanto afferma Di Maio: rispetto all’ultimo trimestre i giovani lavoratori sono aumentati di 24mila, i disoccupati ridotti di 72mila e gli inattivi aumentati di 40mila (variazione trimestrale positiva che diventa negativa se però prendiamo in considerazione l’intero anno marzo 2016-marzo2017).
Con la grande recessione e la crisi dell’euro, il mercato del lavoro ha molto sofferto. Dalla fine del 2014 si registra però un miglioramento in quasi tutte le variabili. Miglioramento che tuttavia sta perdendo vigore negli ultimi mesi, soprattutto per i disoccupati. Si tratta quindi di un rallentamento, non di un peggioramento come sostiene Di Maio.

Da parte di un giovane politico che propone, assieme al suo Movimento, di cambiare radicalmente il nostro paese ci si attende una analisi della realtà accurata per poter sviluppare proposte di riforma efficaci. In questo caso, purtroppo, non è avvenuto: la dichiarazione di Di Maio è infatti, tecnicamente, una BUFALA.

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