Gli argomenti vagamente minatori del senatore Maurizio Gasparri, che fa appello alla “mobilitazione” dei taxisti, e gli argomenti labilissimi del senatore Vito Crimi, entrambi in difesa dello status quo
Interventi dei senatori Maurizio Gasparri e Vito Crimi, rispettivamente nella seduta pomeridiana del Senato del 2 maggio 2017 e in quella antimeridiana del 3 maggio, in sede di discussione generale sul disegno di legge annuale sulla concorrenza (n. 2085) .
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PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulla questione di fiducia.
È iscritto a parlare il senatore Gasparri. Ne ha facoltà.
GASPARRI (FI-PdL XVII). Signor Presidente, onorevoli colleghi, non c’è nessuno nei banchi del Governo, ma il problema è proprio la latitanza del Governo e io devo intervenire sull’assenza del Governo in assenza del Governo, il che mi pare avere un senso.
PRESIDENTE. Prego il sottosegretario Pizzetti di prendere posto nei banchi del Governo.
GASPARRI (FI-PdL XVII). Non è neanche lui l’imputato della mia contestazione, ma giustamente porterà il fardello dei rapporti con il Parlamento.
Voglio richiamare l’attenzione dell’Assemblea su quello che può accadere, come ho detto in discussione generale.
L’articolo 71 di questo provvedimento riguarda il problema della delega per la revisione della disciplina in materia di autoservizi pubblici non di linea. Si tratta della questione dei taxi, così ci capiamo meglio, non delle ONG che fanno i taxi dei clandestini: quello è un esercizio abusivo. Parliamo del servizio dei taxi.
Ricorderete, colleghi, che qualche settimana fa, per una inopportunissima decisione circa l’inserimento di un emendamento nel cosiddetto milleproroghe, si è vanificata (o si è rinviata) la soluzione di una contesa tra taxi, noleggiatori con conducente e nuove forme tecnologiche come Uber, che recentemente sono state anche oggetto di decisioni della magistratura molto severe. Quindi, non c’è l’oscurantismo da un lato e il progresso dall’altro: ci sono interessi a sostegno di Uber e di alcune realtà – non so se trasparenti o no – che ogni tanto affiorano. Quando, inopportunamente, si è intervenuti in questa parte del Parlamento sul milleproroghe rinviando tutta una serie di questioni dei regolamenti non entrati in vigore, c’è stata una forte protesta. A un certo punto, tutti i taxi bloccarono le strade intorno al Senato e chiesero di essere ascoltati in Commissione affari costituzionali. Giustamente, in Senato si disse che non si sarebbero fatti entrare in Commissione coloro che bloccavano le strade e che avrebbero dovuto sbloccare le strade, per poter discutere. Io stesso mi feci personalmente carico – è tutto documentato, perché SKY trasmise in diretta – di questa giusta osservazione e mi recai nella strada davanti al Senato a dire: «Signori, se volete parlare, via blocchi, rallentamenti e proteste». E così avvenne. Vennero in Commissione, furono ascoltati; il testo rimase quello, sbagliato, però almeno si avviò una trattativa.
Vorrei che il sottosegretario Pizzetti mi ascoltasse, perché il tema diventerà una questione di ordine pubblico tra qualche giorno, se non tra qualche ora e se ne accorgerà, che il problema esiste. L’ho già detto tre ore fa: non sottovaluti la questione.
Il Governo, di fronte a quella contesa taxi-NCC tardò a convocare una riunione. Io stesso chiamai il capogruppo Zanda (ci saranno le intercettazioni della magistratura) e gli dissi che non si poteva sottovalutare la contestazione. Chiamai anche il ministro Finocchiaro. Dopodiché, chiamai il ministro dell’interno Minniti, dicendogli che qualcuno avrebbe dovuto ascoltare quella gente.
Ricordate la questione? Gli scioperi dei taxi, l’interruzione del servizio, l’autorità antiscioperi che voleva punirli: qua tutti fanno ciò che vogliono e l’autorità antiscioperi voleva fustigare i tassisti. Dopo la mia telefonata al ministro dell’interno Minniti, che chiamai perché si trattava anche di un problema di ordine pubblico, con scioperi improvvisi, e di una questione che attiene alla vita sociale, il Governo, dal giovedì, siccome Delrio aveva la febbre, se non erro, convocò i rappresentanti di taxi e NCC il martedì, con una tempestività degna di un incapace (ma il Governo è quello che è). Le categorie si calmarono e si disse – non ricordo la data esatta – che entro metà marzo un decreto ministeriale avrebbe regolato la questione. Oggi è il 3 maggio e il decreto ministeriale, che addirittura, in quanto atto amministrativo, non richiede neanche un voto del Parlamento, non ha ancora visto la luce.
Stamattina ho visto che all’articolo 71 resta una frasetta, inserita in Commissione, che noi riteniamo sbagliata. Al punto b) di tale articolo si dice che bisogna: «Adeguare l’offerta di servizi alle nuove forme di mobilità» – e fin qui va bene – «che si svolgono grazie ad applicazioni web» – e questo è il progresso – «che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti;». Si tratta del tema Uber e dintorni e nell’articolo si delega il Governo a far questo.
Su questi temi sono intervenute anche sentenze. Il Governo aveva avviato un negoziato, ma il negoziato non si è concluso e tassisti e NCC sono stati ingannati. Io stesso, stamattina, siccome agisco in trasparenza e ho interesse a trovare delle soluzioni e non ad agitazioni strumentali, ho chiamato il vice ministro Nencini e gli ho detto: non va bene così, perché non avete finito quel negoziato e ora si inserisce un emendamento ostile a quelle categorie. Come vi comportate?
È uscita un’agenzia poco fa, alle ore 11,10, che dice: «Con l’approvazione da parte dell’Aula del Senato del disegno di legge concorrenza e della relativa delega al Governo sul settore dei trasporti si interverrà sull’adeguamento dell’offerta alle nuove tecnologie, al contrasto all’abusivismo e alla promozione della concorrenza. Sul tema della regolamentazione delle nuove piattaforme digitali del settore (come Uber e Mytaxi) fonti del MISE confermano che i decreti legislativi saranno decisivi e che c’è un’apertura al dialogo e al confronto con il mondo dei tassisti e degli NCC da parte del Ministero e dello stesso ministro Carlo Calenda». Questa nota è uscita poco fa, avendo il Governo fatto un pasticcio in Commissione, e l’incolpevole sottosegretario Gentile, che io stimo (lo dico con sincerità, non è un atto formale), non c’entra niente. Però lei è qui e si deve rendere conto della pressappochezza del Governo che lei ha la sventura di rappresentare e della inadeguatezza di Calenda, che di queste cose non sa nulla, perché è vissuto tra le brioche, è come Maria Antonietta che, quando le dissero che il popolo voleva il pane, rispose di dargli le brioche.
In attesa delle brioche di Calenda, che è abituato ai registi e a un altro mondo, non è il senatore Gentile, che è come noi che siamo andati nelle strade a parlare con gli elettori (non le sa Calenda queste cose, quindi lo assolvo per non aver compreso il fatto), tra poco scoppierà un problemino, perché avete preso per i fondelli tassisti e NCC con la trattativa Delrio-Nencini, che non ha avuto conclusione. Poi esce una noterella che dice «dialogheremo», dopo che stamattina si è capita questa costa: è veramente una cosa da irresponsabili quello che state facendo.
Io non so come protesteranno le categorie, faranno quello che vogliono. Poi c’è qualche partito, che non sa niente di queste cose, e salterà sulla questione. Infatti, i Pentastellati leggono i giornali e saltano sui problemi: hanno approvato tutte le leggi sull’immigrazione, hanno detto che le ONG andavano bene e poi, appena ha imparato a leggere le prime lettere, Di Maio ha detto che sostengono la battaglia alle organizzazioni non governative, che appoggiano sempre. Ora appoggeranno pure questa battaglia, ma le categorie sanno chi difende il lavoro, senatore Gentile. Noi non difendiamo le lobby; altri difendono le lobby, come Uber.
Questo provvedimento, come l’avete modificato (e potevate correggere il maxiemendamento), crea confusione e tradisce gli impegni del Governo, che io stesso ho contribuito a mantenere, dal momento che noi siamo andati, da forza di opposizione, a dire di andare via dalle strade e di dialogare con il Parlamento e con i Governi.
Abbiamo incoraggiato il dialogo, quindi siamo stati usati dal Governo, che prende in giro queste categorie. Non ci faremo usare una seconda volta e, se ci sarà gente che protesterà, avrà tutte le ragioni. Lo dico a futura memoria, anche a Santoro Passarelli, all’Autorità sugli scioperi: che non si permettessero, di fronte all’inganno dei Governi, di pensare che le categorie non hanno il diritto di protestare, perché le proteste, a volte, scoppiano anche in maniera non regolamentata e senza preannuncio, se ci sono Governi sleali.
Oggi è il 3 maggio e dove sta l’accordo Delrio-Nencini con le categorie? Sottosegretario Gentile, lei che è un politico concreto, si faccia dare un incarico, invece di stare a quel Ministero, vada a quello dei trasporti e risolva questo problema. Calenda poi lo capirà dopo, perché sarà nato e cresciuto con gli autisti privati e con le baby-sitter, quindi lui di tassisti e di gente che lavora sulle strade non ha proprio idea; però almeno non disturbi tutti quelli che si occupano di problemi concreti.
Il mio è un intervento che lascio a futura memoria di quello che potrebbe accadere. (Applausi della senatrice Rizzotti).
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PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Crimi. Ne ha facoltà.
CRIMI (M5S). Signor Presidente, da dieci anni i Governi si rimbalzano la stesura di un decreto legislativo volto a contrastare il fenomeno dell’abusivismo nell’ambito del servizio di trasporto pubblico taxi. Sono passati dieci anni e c’è voluto un emendamento, infilato di nascosto nottetempo, e poi una protesta dei tassisti qui davanti per ottenere qualcosa, cioè quello che c’è in questo disegno di legge sulla concorrenza. Che cosa c’è scritto? Di fatto è una nuova legge delega. Dopo dieci anni cosa ci si inventa? Una nuova legge delega in cui il Governo è delegato a emettere una norma per regolamentare il servizio taxi e il noleggio con conducente. Probabilmente ci vorranno altri dieci anni per vedere una vera regolamentazione del servizio.
La parte legata al contrasto dell’abusivismo, che era uno degli elementi centrali, è relegata all’ultimo comma, con un «ma anche» un po’ di veltroniana memoria. Qualcuno cerca di attribuire delle posizioni in questo derby politico, perché ogni volta che si cerca di ragionare in maniera seria su un tema immediatamente parte il derby politico tra destra e sinistra, finta destra e finta sinistra, per cui uno diventa pro tassisti, uno pro Uber e uno pro NCC, quando in realtà si deve agire solo pro cittadini.
Cosa intendo con pro cittadini? A proposito del servizio taxi – come sapete – c’è stata un po’ di polemica qualche mesetto fa in merito all’inserimento dell’emendamento Lanzillotta all’interno del cosiddetto decreto milleproroghe. Il servizio taxi è un servizio pubblico, di natura obbligatoria. Che cosa vuol dire servizio pubblico? Vuol dire che chi esercita quell’attività deve svolgerla ventiquattr’ore su ventiquattro, trecentosessantacinque giorni l’anno, ovviamente con apposite turnazioni. Questo vuol dire che quel servizio deve essere garantito, obbligatorio e nessun tassista può rifiutare una corsa, ad esempio perché è troppo breve: questo dobbiamo dirlo.
Nel momento in cui si parte con la liberalizzazione, che oggi da tutti, anche dai più liberali, è stata vista per alcuni aspetti pericolosa, che cosa si può ottenere? Si ottiene che un servizio, che prima era garantito per tutti ogni giorno e a tutte le ore, compresi i festivi, diventa un servizio garantito solo quando redditizio. È ciò che è avvenuto in tanti settori in cui le liberalizzazioni hanno portato a un cartello di poche aziende che hanno deciso come fare quel servizio. Il servizio taxi oggi ha delle tariffe stabilite dai Comuni e, quindi, uguali per tutti; domani potrebbe diventare come è Uber adesso, un servizio che cambia se c’è uno sciopero, se nevica o piove. Si cambia e si aumentano i prezzi perché tanto tutti non possono che rivolgersi a quel servizio nei momenti in cui è più redditizio. Ecco perché il concetto di servizio pubblico – lì vorrei arrivare, lasciando perdere per un momento la questione taxi – a poco a poco si sta snaturando. È già successo con le poste. Liberalizzando quel mercato si pensava a una concorrenza. In realtà abbiamo sempre la società Poste italiane che svolge un servizio in condizioni di monopolio, però è libera di fare ciò che vuole, è diventata più una banca che un vero servizio postale, e quindi, chiude alcuni servizi postali in periferia, in campagna o in montagna perché non sono redditizi e perché non deve garantire un servizio. Lo stesso discorso vale per il trasporto ferroviario: sulle tratte più redditizie come la Milano-Roma abbiamo un treno superveloce ogni dieci minuti, ma i nostri pendolari viaggiano sempre su treni che fanno schifo, in ritardo o che vengono soppressi. Questa è la liberalizzazione all’italiana.
Per questo dobbiamo fare molta attenzione ed evitare che i servizi tecnologici, che dovrebbero essere vero strumento per i servizi pubblici, diventino un servizio alternativo a quello pubblico, che di pubblico ha poco e diventa un servizio di natura privatistica, come sta facendo Uber in tutto il mondo. (Applausi dal Gruppo M5S).
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