L’INAFFIDABILITÀ DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI LAVORO RICHIEDE UNA NUOVA ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DA PARTE DEL SISTEMA DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI
Articolo di Marco Bentivogli (segretario nazionale della Fim-Cisl) e Pietro Ichino pubblicato sul Corriere della Sera del 21 aprile 2017 – In argomento v. anche le proposte di semplificazione della legislazione in materia di lavoro raccolte nel Portale del codice semplificato del lavoro .
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Negli anni ’60 la Cisl si oppose al monopolio della legge in materia di licenziamenti, poi sulle altre materie che sarebbero state coperte dallo Statuto dei Lavoratori del ’70. Non certo perché fosse contraria al contenuto di quelle due leggi, ma perché era contraria a che di quel contenuto si appropriasse il legislatore sottraendolo alla contrattazione collettiva. “Il nostro Statuto è il contratto” era il motto con cui Giulio Pastore e Bruno Storti denunciavano i rischi di una eccessiva invadenza della legislazione nel sistema delle relazioni industriali. La Cisl, però, allora perse quella battaglia perché i socialisti avevano fatto di quegli interventi legislativi la propria bandiera, i comunisti erano sostanzialmente sulla stessa lunghezza d’onda e i democristiani, tutto sommato, non erano contrari a pagare quel prezzo per tenere in piedi la coalizione di centro-sinistra.
A mezzo secolo di distanza, però, i fatti mostrano quanto la Cisl avesse ragione. La legge dello Stato ha assunto caratteri di complessità, di intrusività e, al tempo stesso, di volatilità molto preoccupanti. Una complessità volatile: regole minuziose che cambiano in continuazione; una volatilità complessa, perché dipendente da vicende politico-parlamentari poco prevedibili e decifrabili; l’una e l’altra, comunque, incompatibili con la prevedibilità delle regole e dei costi, che è indispensabile per l’attrattività del Paese nei confronti degli investitori, ma anche per l’affidamento che i lavoratori devono poter fare sulla disciplina applicabile al proprio lavoro. Nell’ultimo quinquennio le discipline legislative del contratto a termine, del part-time, del lavoro intermittente, delle collaborazioni autonome, dell’apprendistato, sono cambiate con una frequenza tale da ricordare i tabelloni dei voli negli aeroporti. Ultimamente aziende e famiglie interessate al “lavoro accessorio” pagato con i voucher si sono viste sparire sotto il naso da un giorno all’altro la norma che lo consentiva, e sono costrette a rimanere “in apnea” in attesa che ne venga emanata una nuova. Nel settore importantissimo degli appalti, nel giro di dodici mesi si è avuta l’entrata in vigore di un nuovo “codice” di cui già si discutono rilevanti modifiche, e ultimamente la soppressione improvvisa di due norme in materia di solidarietà passiva tra committente e appaltatore per i debiti di lavoro, in attesa di una riscrittura di cui si ignora il quando e il come.
Questo essendo il livello di (in)affidabilità della legislazione del lavoro, è tempo che il sistema delle relazioni industriali si riappropri della funzione di fonte primaria della disciplina dei rapporti di lavoro per mezzo della contrattazione a tutti i livelli. Oggi l’ordinamento statale e il sistema degli accordi interconfederali consentono questa riappropriazione, attribuendo ai contratti territoriali e aziendali il potere di sostituire qualsiasi norma di legge in materia di rapporti di lavoro, salvo soltanto il rispetto delle norme europee e costituzionali. Si può dunque pensare, per esempio, che di fronte al vuoto determinatosi nella disciplina legislativa in materia di appalti, o di lavoro accessorio, o alle incertezze gravi in materia di lavoro intermittente, le associazioni imprenditoriali e sindacali maggiori si assumano la responsabilità di dettare la disciplina di queste materie. Come si è fatto nel 2012 con il protocollo per il settore dei merchandiser e promoter: stipulando al livello centrale altrettanti “protocolli” e assicurando a tutte le imprese che riterranno di farli propri la possibilità di stipulare contratti aziendali che ne recepiscano il contenuto.
Certo, lo sviluppo di un “movimento contrattuale” di questo genere sarebbe molto favorito da una norma di legge chiara su “chi contratta per chi”, e in particolare sull’esclusività in azienda della rappresentanza sindacale elettiva. Ma il sistema delle relazioni industriali può comunque fin d’ora riappropriarsi dello spazio che gli è proprio, sollecitando la legge a tornare alla propria funzione essenziale, che è quella di dettare i principi generali e non quella di regolare minuziosamente, pervasivamente, i rapporti tra soggetti privati. E al tempo stesso dando al nostro tessuto produttivo una disciplina del lavoro aderente alle esigenze specifiche settore per settore, azienda per azienda. Ma per questo occorre che la contrattazione rialzi la testa e si assuma fino in fondo le proprie responsabilità.
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