LE INFORMAZIONI RESE IN SEDE DI SINDACATO ISPETTIVO SONO RITUALI, BUROCRATICHE, NON INDIVIDUANO I PROBLEMI REALI DEL FUNZIONAMENTO DEI CENTRI PER L’IMPIEGO, GLI OSTACOLI REALI AL DECOLLO DELLE POLITICHE ATTIVE NEL NOSTRO MERCATO DEL LAVORO, NÉ INDICANO COME SUPERARLI
Resoconto stenografico del mio intervento svolto in Commissione Lavoro del Senato il 30 marzo 2017, a seguito della risposta del ministro del Lavoro alla mia interpellanza del 3 novembre 2015, che avevo trasformato in interrogazione a risposta in Commissione per ottenere una accelerazione della risposta (la risposta alle interpellanze viene data solo in Aula, previa fissazione di apposita sessione) .
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Scarica il testo della risposta del ministro del Lavoro alla mia interrogazione
LA MIA REPLICA
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PRESIDENTE – Ha chiesto la parola il senatore Ichino. Ne ha facoltà.
ICHINO (PD) – Non posso dirmi soddisfatto della risposta del Sottosegretario, che mi sembra troppo burocratica e troppo poco attenta alla realtà del mercato del lavoro. Risposte come questa le può dare una amministrazione autoreferenziale, attenta soltanto a se stessa, cioè al numero e al trattamento dei propri addetti e non all’efficacia della propria azione a favore degli utenti; attenta soltanto a evitare i problemi: non a risolverli. Risposte come questa non le può dare il Governo che ha varato la riforma del lavoro del 2015.
La riforma recata dal decreto legislativo n. 150 del 2015 ha istituito un nuovo sistema dei servizi al mercato del lavoro basato sulla cooperazione tra Centri per l’Impiego e operatori privati specializzati. Senonché, rispetto a questo nuovo sistema è mancata qualsiasi azione di informazione, formazione, orientamento, riorganizzazione dei Centri stessi: essi sono stati lasciati di fatto completamente allo sbando.
Capisco che sull’attuazione di questa riforma abbia influito negativamente lo stop prodotto dall’esito del referendum del 4 dicembre scorso, che ha impedito il compimento del progetto di ricentralizzazione della funzione; ma il problema gravissimo di disorientamento e disorganizzazione che la struttura dei Centri per l’impiego oggi presenta non si risolve semplicemente con l’immissione di alcune centinaia di nuovi dipendenti. Manca un disegno di coordinamento, orientamento, formazione, incentivazione al risultato specifico. Su questo terreno, al momento, l’iniziativa del ministero è assente. E non ci si può nascondere dietro l’alibi che “i Centri per l’impiego sono uffici regionali”, non di competenza dello Stato: L’articolo 2 del decreto n. 150 del 2015 attribuisce al ministero il compito di fissare, d’intesa con le Regioni, mediante apposito decreto, le linee di indirizzo triennali e gli obiettivi annuali in materia non solo di riduzione della durata media della disoccupazione, ma anche di funzionamento della rete dei Centri per l’impiego: precisamente tempi di erogazione dei servizi e quota di intermediazione tra domanda e offerta di manodopera. In questa materia di competenza concorrente lo Stato deve fissare i principi in modo che le Regioni possano a loro volta stabilire le regole circa il funzionamento dei servizi; e in modo che i “livelli essenziali delle prestazioni” possano diventare realtà. Perché non è ancora stato emanato? Per altro verso, è pur sempre l’amministrazione statale, con l’ANPAL, che sta lanciando la sperimentazione dell’assegno di ricollocazione, invitando i beneficiari di questa misura a rivolgersi ai Centri per l’impiego; come si può pensare che l’esperimento da poco avviato dia un qualsiasi esito, se nessuno si cura di attrezzare questi terminali periferici in relazione alle esigenze specifiche dell’iniziativa?
Come me, tutti i firmatari dell’interrogazione sono molto preoccupati: non soltanto per gli ostacoli che in questa situazione di inerzia si frappongono all’attuazione della riforma, ma anche per come viene in questi giorni gestita la sperimentazione dell’assegno di ricollocazione. In relazione alla quale ai Centri per l’Impiego non è stata data alcuna informazione, alcun orientamento operativo. Come si può pensare che la sperimentazione dia un esito positivo, se le strutture preposte alla sua attuazione non hanno ricevuto alcuna documentazione, né la minima indicazione circa le modalità operative?
Quanto all’impegno economico, mi permetto di rilevare che il Fondo per le Politiche attive, istituito con la legge finanziaria 2014, fino a questo momento è stato utilizzato quasi soltanto come disponibilità temporanea cui attingere per far fronte a esigenze occasionali sul terreno delle politiche passive! Un esempio per tutti: il decreto-legge n. 243 del 2016, nello stanziare 24 milioni di euro per la Cassa integrazione “in deroga” per i dipendenti dell’ILVA, li ha sottratti ai 150 milioni del Fondo per le Politiche attive. Altrettanto è stato fatto per i portuali. Non è certo in questo modo che si promuovono e rafforzano le politiche attive nel mercato del lavoro.
Quanto alle convenzioni che il Governo sta negoziando con le Regioni per il 2017, dobbiamo sperare che esse contengano qualche cosa di più di quelle stipulate su questa materia per gli anni 2015 e 2016, che riguardavano soltanto gli oneri per la retribuzione del personale, senza fornire alcuna indicazione concreta in merito a ciò che con tale personale si sarebbe dovuto fare. Ecco perché dico che la risposta del Sottosegretario non è degna di una amministrazione che si propone di essere concretamente ed efficacemente al servizio dei cittadini: ci si preoccupa soltanto degli stipendi dei dipendenti, ma non dell’efficienza delle strutture in cui essi devono operare, né della loro produttività effettiva, dell’utilità del loro operato per i lavoratori e per le imprese. Non è così che si implementa una riforma impegnativa come quella delineata nel decreto n. 150 del 2015. Le convenzioni devono evidentemente coordinare l’azione delle Regioni con quella del Governo rispetto a un preciso progetto operativo. Un progetto di cui, francamente, in quelle convenzioni del biennio passato non si vedeva traccia.
La nostra è una sincera, grave preoccupazione per il funzionamento di questo settore dell’amministrazione pubblica, che dovrebbe svolgere un ruolo cruciale nel contrasto alla disoccupazione e nel supporto al tessuto produttivo. Dobbiamo dire, con grande dispiacere, che nella risposta del ministero non avvertiamo la stessa preoccupazione, a questo proposito: stamattina ci siamo sentiti ripetere soltanto le consuete, rituali, genericissime dichiarazioni di impegno per il “rafforzamento delle politiche attive”, per il “potenziamento dei Centri per l’impiego”, ma non abbiamo sentito una parola sui problemi reali delle politiche attive oggi nel nostro Paese, sui problemi reali del funzionamento della rete dei Centri per l’impiego, e – potrei aggiungere – sui problemi di funzionamento di ANPAL Servizi e dell’INAPP, l’ente preposto all’analisi dei risultati delle politiche attive del lavoro. Problemi che, se si continua così, sono destinati a rimanere irrisolti.
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