“INVECE DI SEI MESI DI DETENZIONE, AGLI IMMIGRATI IRREGOLARI (O ALMENO A GRAN PARTE DI ESSI) DOVREMMO RISERVARE SEI MESI DI ISTRUZIONE: LINGUA ITALIANA, REGOLE DI CONVIVENZA, NOZIONI ELEMENTARI NECESSARIE PER LE MANSIONI CHE POTRANNO SVOLGERE UTILMENTE NEL NOSTRO PAESE”
Lettera pervenuta il 18 luglio 2009. Sullo stesso tema v. anche il dialogo immaginario “Un traghetto per Lampedusa”, la mia intervista al quotidiano La Sicilia del 24 maggio 2009 e il contributo programmatico di Enrico Morando per il congresso del PD (giugno 2009)
Caro senatore,
sono un piccolo imprenditore 63enne, che, in fase di passaggio generazionale, ha deciso di dedicarsi alla politica partendo dal basso, iscrivendosi al PD con le primarie della sua fondazione nel Novembre 2007 e partecipando attivamente alla vita del circolo di appartenenza. Vivo a Bergamo, dove ho avuto modo di incontrarla in occasione della campagna elettorale per le elezioni politiche dello scorso anno (sono un amico di vecchia data di Augusta Passera).
Le dico subito che condivido e approvo in modo pressoché totale ciò che lei dice e fa. E’ per questo che vorrei esprimerle un’idea che da molto tempo ho in testa e che proprio in questi giorni improvvisamente è diventata di attualità con il problema della regolarizzazione delle colf e badanti extra-comunitarie.
La considerazione di partenza è che il nostro partito non ha una politica chiara sul problema dell’immigrazione clandestina. A mio avviso questo è il motivo principale del progresso elettorale della Lega, che, in assenza di proposte diverse, ha buon gioco nel portare avanti la propria politica fatta di respingimenti ed emarginazione; paradossalmente, tuttavia, questa politica non solo non risolve, ma anzi aggrava il problema della sicurezza, poiché è proprio l’emarginazione dei clandestini che li spinge alla violenza ed alla delinquenza. Non c’è scampo: si può fare sicurezza solo accogliendo gli immigrati ed offrendo loro opportunità di inserimento sociale.
Come? Ecco la mia proposta.
1- Bisogna trasformare i vecchi CPT, oggi chiamati “centri di identificazione ed espulsione”, in “centri di identificazione, accoglienza e formazione”, dove gli immigrati, prima identificati ed accolti, vengono invitati a frequentare corsi semestrali di lingua italiana, di educazione civica e di formazione professionale. Tutto ciò dovrebbe avvenire in collaborazione con i patronati, con gli istituti professionali, con il Ministero della Pubblica Istruzione, con i sindacati e con le associazioni di volontariato. In questo semestre le persone immigrate avranno l’obbligo di permanenza notturna al centro di accoglienza: mensilmente il comitato degli insegnanti e degli assistenti esprimerà un parere positivo o negativo sulla opportunità di trattenere la persona presso il centro; in caso di giudizio negativo la persona verrà riaccompagnata al paese d’origine. Al termine del semestre, alle persone che avranno superato positivamente il periodo formativo verrà concesso un permesso di soggiorno temporaneo, per dar loro la possibilità di trovarsi un lavoro, sotto la tutela dei sindacati o dei patronati. Si tratterebbe di creare una nuova figura di lavoratore, a mezza strada tra il lavoratore dipendendente ed il lavoratore autonomo; mi spiego meglio: il sindacato o il patronato, per conto del lavoratore, dovrebbe emettere dei “certificati orari di lavoro domiciliare” a carico esclusivamente di persone fisiche, con minimi di legge ed assoggettati ad una propria contribuzione. Questi certificati potrebbero poi a seconda del reddito della persona interessata essere parzialmente dedotti dal reddito imponibile. Il lavoratore extra-comunitario, per poter continuare ad avere il permesso di soggiorno, dovrà raggiungere un livello minimo di reddito. Questo consentirebbe l’emersione del lavoro nero, garantendo l’interesse da entrambe le parti a dichiarare il lavoro domiciliare; in più si manterrebbe l’elasticità attuale del lavoro domiciliare, avendo l’interessato in qualsiasi momento la possibilità di sostituire il lavoratore e questi a sua volta, come di fatto oggi accade, potrebbe lavorare part-time per famiglie diverse. Ora però è da chiedersi se una badante possa fare un tale lavoro di assistenza anche festiva e notturna senza aver minimamente frequentato un corso formativo di “Lingua Italiana”, di “Pronto soccorso” o di “Assistenza infermieristica geriatrica”. In definitiva, non si può accogliere tutti, ma si deve accogliere solo coloro che sono disponibili effettivamente ad integrarsi nella nostra società, accettando un percorso di formazione e di valutazione insieme. Del resto non ci può essere integrazione sociale senza:
– la conoscenza della lingua;
– la conoscenza delle leggi;
– la capacità di provvedere al proprio mantenimento attraverso un lavoro.
2- Io credo che questa potrebbe essere la linea del PD in termini di immigrazione, dove le risorse attualmente impiegate per i respingimenti e per la sorveglianza dei CPT verrebbero impiegate per l’accoglienza e la formazione, anche utilizzando i maestri elementari attualmente in esubero nella scuola. Ogni Provincia poi (ed a questo scopo potrebbero essere mantenute in vita, cessando di essere enti amministrativi auto-referenziati) si dovrebbe obbligare ad aprire uno o più centri di accoglienza in proporzione alla popolazione, a ciò destinando risorse ricuperate da una maggiore qualità ed efficienza della spesa, ad esempio attraverso la riduzione sistematica delle consulenze esterne e dei programmi di immagine all’estero (vedi Provincia di Napoli!).
Forse questo è solo un sogno, ma la Politica non è fatta anche di sogni?
La ringrazio davvero per l’attenzione. Molti cordiali saluti
Alberto Bellini
Questa idea forse non è applicabile per la totalità degli immigrati irregolari, ma è sicuramente applicabile per una parte di essi. Sarà mia cura trasmetterla ai parlamentari del PD competenti per la politica dell’immigrazione, mettendomi a loro disposizione per l’elaborazione di un disegno di legge che la recepisca. (p.i.)