LA CONSULTA CONTRO L’INGLESE NEGLI ATENEI

IN UN IMPETO DI SOVRANISMO LA CORTE COSTITUZIONALE SCENDE IN CAMPO PER DIFENDERE L’USO DELL’ITALIANO NEI CORSI UNIVERSITARI: COME SE “ITALIANE” FOSSERO LA FISICA, L’ECONOMIA, L’INFORMATICA O LA FILOSOFIA; COME SE PER SECOLI IN EUROPA NELLE UNIVERSITÀ NON SI FOSSE INSEGNATO NELLA LINGUA ALLORA UNIVERSALE: IL LATINO

Intervento svolto in Senato nella sessione antimeridiana del 9 marzo 2017 – In argomento v. anche l’editoriale telegrafico pubblicato nella stessa data.
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ICHINO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ICHINO (PD). Signora Presidente, nei giorni scorsi la Corte costituzionale, su ricorso del TAR Lombardia, ha stabilito che un ateneo non può organizzare un corso di laurea magistrale tutto in inglese. Mi riferisco alla sentenza n. 42 del 24 febbraio. «Siamo in Italia», sembra dire la Consulta, «La lingua ufficiale del nostro Paese è l’italiano». In questo impeto imprevedibile di sovranismo, la Consulta sembra dimenticare un punto nient’affatto secondario: le scienze fisiche, chimiche, biologiche, la storia, la filosofia, l’economia, la matematica e l’informatica non sono “italiane”; la loro patria è il mondo; e la loro lingua – piaccia o no – oggi è l’inglese. In inglese si tengono i corsi universitari di secondo livello in tutto il mondo, perché questo è il solo modo per mettere in comunicazione tra loro i ricercatori e gli studenti di tutto il mondo. Allo stesso modo, in tutte le università europee, non per caso dotate di autonomia rispetto ai loro Governi nazionali, per molti secoli si è insegnato in tutti i campi del sapere non in spagnolo, in francese, in tedesco o in italiano, ma in latino, la lingua universale della cultura per tutto il nostro Medioevo e anche per parecchio tempo dopo la fine dello stesso.

Mi dispiace dover denunciare un piccolo – ma non privo di significato – peccato di provincialismo della nostra massima corte giurisdizionale. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Senatore, ricordo che l’articolo 136 della Costituzione non prevede che nelle Aule si possa prendere una posizione così netta nei confronti di una sentenza. Naturalmente, la nostra libertà è totale, ma è mio dovere citare l’articolo di riferimento.

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