IN UN IMPETO DI SOVRANISMO LA CORTE SCENDE IN CAMPO PER DIFENDERE L’USO DELL’ITALIANO NEI CORSI UNIVERSITARI: COME SE “ITALIANE” FOSSERO LA FISICA, L’ECONOMIA, L’INFORMATICA O LA FILOSOFIA; COME SE PER SECOLI IN EUROPA NELLE UNIVERSITÀ NON SI FOSSE INSEGNATO NELLA LINGUA ALLORA UNIVERSALE: IL LATINO
Primo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 428, 9 marzo 2017 .
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La Corte costituzionale, su ricorso di un gruppo di docenti del Politecnico di Milano, ha stabilito che un Ateneo non può organizzare un corso di laurea magistrale interamente in inglese (sentenza 24 febbraio 2017 n. 42, relatore Franco Modugno): siamo in Italia, vivaddio, e la lingua ufficiale del nostro Paese è l’italiano! In questo impeto imprevedibile di sovranismo, la Consulta sembra dimenticare un punto niente affatto secondario: le scienze fisiche, biologiche, chimiche, la matematica, l’economia, l’informatica, la storia, la filosofia, non sono “italiane”. La loro patria è il mondo; e, piaccia o non piaccia, la loro lingua oggi è l’inglese. In inglese si tengono i corsi universitari di secondo livello in tutto il mondo, perché questo è il solo modo per mettere in comunicazione i ricercatori e gli studenti di tutto il mondo. Allo stesso modo in cui per secoli in tutte le università europee – non per caso dotate di autonomia nei confronti dei rispettivi governi nazionali – i corsi si sono tenuti non in francese, tedesco, spagnolo, italiano, o inglese, ma nella lingua della cultura europea di allora e di tutti i clerici vagantes: il latino. Se i nostri atenei prenderanno troppo sul serio questa sentenza della Consulta, che avrebbe la pretesa di limitare la comunicazione tra l’università italiana e il resto del mondo, essi taglieranno fuori rovinosamente sé stessi e i propri studenti dalle reti internazionali della ricerca e dell’insegnamento. Questa sentenza, nel migliore dei casi, manifesta un difetto molto preoccupante del nostro massimo organo giurisdizionale: il provincialismo.
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