IL CONFRONTO A DISTANZA TRA DOTTRINA SOCIALE DEL MAGISTERO CATTOLICO E SCIENZE SOCIALI, CHE SI ESPRIME IN QUESTA GRANDE ENCICLICA, ILLUMINA IL MONDO DEL LAVORO E DELLE RELAZIONI ECONOMICHE. GIOVEREBBE TUTTAVIA ALLA TRASPARENZA DI QUESTO CONFRONTO L’ESPLICITAZIONE DEGLI STUDI PIU’ RILEVANTI CUI DI VOLTA IN VOLTA IL DISCORSO DEL PAPA ATTINGE O SI RIFERISCE, PER SOTTOLINEARE AL TEMPO STESSO L’APERTURA E L’AUTONOMIA RECIPROCA TRA LE DUE VOCI
Commento all’Enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI, in corso di pubblicazione sul Corriere delle Opere, mensile della Compagnia delle Opere, agosto 2009
Un primo dato che colpisce, nel testo articolato e complesso di questa enciclica, è la grande chiarezza della scrittura e la semplicità del messaggio fondamentale che ne emerge: il fondamento di ogni sviluppo economico e di ogni progresso sociale, in ultima analisi, è la fiducia reciproca tra persone vicine e lontane, il loro riconoscersi come appartenenti allo stesso genere umano, il sentirsi di ciascuna di esse in qualche misura responsabile verso le altre di una comune sicurezza, di un comune ben essere. Perdere di vista questa vera e propria base del sistema della convivenza e del lavoro umano significherebbe non soltanto allontanarsi dal messaggio evangelico – il che potrebbe lasciare qualcuno indifferente ‑ ma anche mettere a rischio lo stesso sviluppo economico.
L’enciclica non si ferma a questo: essa mostra anche la capacità della Chiesa di ascoltare il mondo, la sua capacità di leggere, di dialogare con le scienze sociali e avvalersi di esse per capire meccanismi economici e politici che evolvono rapidamente, come per esempio lo sviluppo di un sistema di governo poliarchico della società (§ 24), il dualismo del mercato del lavoro e la dialettica insiders/outsiders (§§ 25 e 64). Qui forse gioverebbe alla trasparenza del discorso proposto dal Magistero pontificio l’esplicitazione dei riferimenti agli studi più rilevanti cui Esso di volta in volta attinge, anche come riconoscimento dell’autonomia dell’attività scientifica dal Magistero stesso e del dialogo aperto che tra l’una e l’altro si è proficuamente instaurato.
La Chiesa sottolinea, bensì, la continuità e l’universalità della propria “dottrina sociale”, nel suo sviluppo ultracentenario; ma quella di cui parla è la continuità dell’ispirazione evangelica, non delle ricette economiche, politiche o sindacali da applicare di volta in volta, in riferimento alle quali, al contrario, la Caritas in veritate ribadisce il precetto conciliare dell’autonomia “delle leggi proprie di ogni realtà” (§ 32).
Solo una piccola incoerenza, a questo proposito, può essere forse ravvisata nel testo: la presa di posizione contraria alla pratica della contraccezione (§ 28); è questa una “ricetta” per il vivere quotidiano che non sembra avere alcun fondamento nelle Scritture e nel messaggio evangelico, e la cui congruità rispetto alle esigenze della persona e della famiglia, così come rispetto alle esigenze dello sviluppo economico di un Paese, dipende largamente dalle situazioni e dalle circostanze. Mi sembra che questa indicazione pratica, priva di valore universale, mal si inserisca in un discorso di respiro vasto e profondo come quello svolto in questa grande enciclica del nostro Pontefice.