COME GIÀ IN AUSTRIA, ANCHE IN FRANCIA IL SISTEMA POLITICO SEMBRA ARRIVARE A STRUTTURARSI ESPLICITAMENTE SUL DISCRIMINE FONDAMENTALE
Brano estratto da un articolo di Francesco Maselli pubblicato sul suo blog il 6 febbraio 2017 – In argomento v. altri interventi e documenti nel portale su Il nuovo spartiacque della politica mondiale .
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[…] I candidati rappresentano e vogliono rappresentare due mondi completamente diversi. Al comizio di Macron la coreografia era pensata per esaltare l’Unione Europea: pannelli, bandiere dell’unione ogni 3-4 persone, un podio interattivo che s’illuminava con le famose stelle in campo blu ogni volta che il leader di En Marche! citava l’Europa o un tema di respiro europeo (immigrazione, difesa e posto della Francia nel mondo, in particolare). Marine Le Pen, che dall’Unione e dall’euro vuole uscire, ha parlato con tre bandiere della Francia dietro di sé e con un pubblico che la interrompeva continuamente gridando on est chez nous, siamo a casa nostra. Il coro era intonato con particolare passione quando la leader frontista attaccava l’Unione o denunciava il lassismo delle élites nei confronti dell’immigrazione.
Il discorso di Macron è stato incentrato intorno all’idea che la Francia ha un senso solo all’interno di una storia comune e non può e non deve bastare a sé stessa. Anzi, in questo momento storico di ritirata e chiusura degli Stati Uniti la sua funzione è quella di costruire ponti ed attrarre i migliori cervelli per diventare il nuovo paese del “sapere franco”. Al contrario quella di Marine è una retorica di chiusura rispetto ad una globalizzazione che non funziona e che ha due facce: la prima, più conosciuta, è quella economica e finanziaria, ma la seconda è quella che ha creato il terrorismo jihadista, che al momento non può essere sconfitto perché non controlliamo le nostre frontiere.
Il pubblico era difficilmente sovrapponibile: quasi quindicimila persone (tra chi è riuscito ad entrare e chi è rimasto fuori) sono andate a sentire Macron, un pubblico eterogeneo per quanto molto giovane. Oltre ai sostenitori entusiasti, molte persone con cui ho parlato erano semplicemente incuriosite dal personaggio, dalla sua retorica e dal suo successo; è una parte di elettorato che ascolta con interesse i discorsi del leader di En Marche! ma non è ancora convinta, cerca quindi di farsi un’idea. Macron si è posto al di sopra delle parti: ogni volta che il pubblico iniziava a fischiare un avversario veniva interrotto dall’oratore: “i fischi non ci portano da nessuna parte, noi dobbiamo presentare il nostro progetto per la Francia, non andare contro qualcun altro”.
L’ambiente era completamente diverso da Marine Le Pen, composto da meno giovani e soprattutto meno curiosi: tutte le persone da me intervistate erano forziste convinte da un po’, anche perché il comizio chiudeva una convention di due giorni dove i militanti hanno lavorato a dei tavoli tematici; un ambiente più di partito, fisiologicamente. Il discorso è stato interrotto più volte da fischi e ululati nei confronti degli avversari fisici (gli altri candidati) o concettuali (l’Europa, la globalizzazione).
Insomma, cedendo ad una semplificazione giornalistica, ho visto una Francia che ha vinto la sfida della globalizzazione e una Francia che invece l’ha persa. Una Francia che vuole competere nel mondo globalizzato e una Francia che chiede protezione e pretende solidarietà per chi è rimasto indietro. È chiaro che il racconto è più complicato di così, e andrà approfondito nelle prossime settimane. Allo stesso tempo semplificare queste profonde divisioni aiuta ad avere una bussola: la campagna delle prossime settimane sarà impostata sempre di più attorno a questi temi. […]
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