150 MILIONI DI ORE DI LAVORO ACCESSORIO SVOLTE DA MEZZO MILIONE DI PERSONE NON POSSONO ESSERE CONSIDERATE DI PER SÉ UN’ANOMALIA, IN UN PAESE IN CUI LE ORE DI LAVORO SI CONTANO A MILIARDI E LA FORZA-LAVORO CONTA 23 MILIONI DI PERSONE – COMBATTERE GLI ABUSI È SACROSANTO, MA ABOLIRE I VOUCHER È IRRAGIONEVOLE
Testo integrale dell’intervista a cura di Mauro Bongiani, pubblicata sul Corriere fiorentino il 29 dicembre 2016 con alcuni tagli per motivi di spazio – In argomento v. anche La vera storia dei voucher
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Professor Ichino, anche in Toscana negli ultimi due anni c’è stato un boom dell’uso dei voucher: perché secondo lei?
A questo aumento hanno probabilmente contribuito fenomeni molto diversi. In molti casi, essendo stato alzato a 7000 euro annui il tetto della retribuzione complessiva che una persona può percepire in questa forma, e potendo questi 7000 euro essere pagati tutti da una stessa famiglia a un collaboratore domestico, si è molto esteso l’uso dei voucher in questo settore. In altri casi l’aumento può essere stato determinato dalla possibilità per le imprese di ingaggiare in questa forma, purché entro il limite dei 2000 euro annui, qualsiasi persona e non soltanto studenti, pensionati o cassintegrati. Fin qui non ci vedo nulla di male. Poi probabilmente hanno contribuito all’aumento anche degli abusi. Che vanno impediti.
I buoni sono particolarmente usati nel settore dei servizi e nel turismo: è così anche in altre regioni?
Sì, perché il carattere stagionale od occasionale di queste attività spesso si sposa bene con il limite dei 2000 euro complessivi pagabili dall’impresa a una stessa persona. Poi, naturalmente, anche qui possono esserci abusi, che devono essere prevenuti o repressi.
I voucher sono nati per il lavoro occasionale, ma oggi non è più così: servono correttivi?
Senta, il rapporto Inps ci dice che nel 2015 sono stati utilizzati 115 milioni di buoni lavoro. Ipotizziamo pure che nel 2016 ne siano stati utilizzati 150 milioni. Quest’ultimo dato corrisponde a circa 60.000 posti di lavoro a tempo pieno. Possiamo anche moltiplicare questo numero per dieci, per tener conto del fatto che si tratta di rapporti a tempo parziale e di durata limitata; ma se lo rapportiamo a una forza-lavoro di 23 milioni di persone, è evidente che si tratta pur sempre di un fenomeno marginale. Non mi sembra un’anomalia che in un Paese come l’Italia ci possano essere mezzo milione, o anche un milione di persone impegnate in lavori di tipo accessorio od occasionale. In Germania, nei mini-jobs sono impegnate 7 milioni di persone. Prevenire e colpire gli abusi è sacrosanto…
Come propone di prevenirli?
Certo non abolendo i buoni-lavoro! Se li eliminiamo del tutto, non possiamo sperare che qualcuno si prenda la briga di aprire una posizione all’Inps e dotarsi di un libro-paga e matricola per ingaggiare una persona per la raccolta delle olive, che dura tre giorni, oppure per pagare la professoressa che dà ripetizioni di matematica a suo figlio un’ora alla settimana, o per pagare lo studente a cui ha affidato lo sgombero della cantina. È giusto impedire che i voucher vengano utilizzati per pagare un muratore in un cantiere edile, o comunque per mascherare un rapporto di lavoro continuativo; ma nella gran maggioranza dei casi non è di questo che si tratta.
Le eventuali modifiche saranno dovute al referendum in arrivo, e quindi alla tentazione di evitare la prova delle urne, o c’è una vera volontà politica di correggere alcuni aspetti del fenomeno?
Qualche correttivo mirato a impedire gli abusi è già stato adottato. Può essere ragionevole adottarne anche qualche altro. Capisco anche che questi correttivi possano andare al di là di quanto ragionevolmente necessario per impedire gli abusi: in politica possono essere necessari dei compromessi, nella logica del second best. Ma mi sembra una cosa incredibile che la confederazione sindacale maggiore, quella che è stata guidata in passato dai Di Vittorio, i Lama e i Trentin, possa arrivare a chiedere l’eliminazione drastica di uno strumento come questo, ricacciando nell’economia sommersa questo intero segmento della forza-lavoro.
E allora come si può combattere il lavoro in nero?
Con il potenziamento dell’attività ispettiva, che nell’era dell’informatica e della telematica può essere resa molto più penetrante. Anche con un perfezionamento della normativa, certo. Ma stiamo attenti a non buttar via il bambino con l’acqua sporca.
Il Jobs Act va riformato? E se sì dove?
Di difetti da correggere nei nuovi decreti, ovviamente ce ne sono. Ma il difetto più grave, oggi, è il ritardo nell’attuazione del decreto sui servizi nel mercato del lavoro. Perché su questo la Cgil non spende una parola?
E come intervenire sull’emergenza lavoro per i giovani?
Istituendo finalmente dei servizi di orientamento scolastico e professionale degni di questo nome. E controllando in modo severo il tasso di coerenza della formazione impartita nei centri finanziati dallo Stato o dall’UE con gli sbocchi occupazionali effettivi.
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