I MOTIVI PER CUI RITENGO CHE I TRE QUESITI REFERENDARI PROMOSSI DALLA CGIL SIANO O INAMMISSIBILI (QUELLO IN MATERIA DI LICENZIAMENTI) O GRAVEMENTE SBAGLIATI: LA DISCIPLINA DEI VOUCHER PUÒ E DEVE ESSERE RESA PIÙ RIGOROSA, MA I BUONI-LAVORO SONO NECESSARI IN TUTTA UNA ZONA MARGINALE DEL TESSUTO PRODUTTIVO
Intervista a cura di Adriana Comaschi pubblicata su l’Unità del 29 dicembre 2016
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Professor Ichino, anzitutto a suo giudizio i quesiti proposti dalla Cgil contro il Jobs Act sono ammissibili?
Quello sui buoni-lavoro e quello sulla disciplina degli appalti, sì. Quello sulla disciplina dei licenziamenti no.
Perché?
Secondo la giurisprudenza costante della Corte costituzionale il quesito referendario dovrebbe avere un contenuto unitario; qui, invece, di contenuti ce ne sono addirittura tre: uno sulla disciplina applicabile ai rapporti costituiti prima del marzo 2015, uno su quella applicabile ai nuovi rapporti e uno sulla estensione dell’articolo 18 ripristinato anche a tutte le aziende con più di 15 dipendenti. Quest’ultimo quesito, poi non ha carattere abrogativo, ma propositivo. La riforma costituzionale che istituiva il referendum propositivo è stata bocciata il 4 dicembre.
C’è chi (Modugno e Sciarra, secondo La Stampa di ieri – ndr) sostiene, però, che la Consulta abbia già mostrato di considerare ammissibili alcuni quesiti indirettamente propositivi, in particolare in materia elettorale…
Sì, ma nel caso di questo quesito sui licenziamenti la nuova norma prodotta dal referendum verrebbe creata prendendo la parola “cinque”, che nel testo originario è riferita alle imprese agricole, per trasferirla con il sistema del “taglia e cuci” in una proposizione riferita alle aziende in generale. Questo genere di manipolazione la Consulta non lo ha mai consentito.
Dalla forma alla sostanza: cosa contesta al referendum sull’articolo 18 promosso dal sindacato di Camusso?
l’ipotetico ritorno alla disciplina dei licenziamenti degli anni ’70 e ’80 interromperebbe bruscamente il processo, avviato quasi vent’anni fa con il c.d. “pacchetto Treu”, che aveva come obiettivo quello di rendere il nostro Paese più attrattivo per gli imprenditori e gli investitori allineando il nostro diritto del lavoro rispetto ai migliori standard dei Paesi dell’OECD, rendendo il nostro mercato del lavoro più fluido e più capace di sostenere il passaggio dei lavoratori dalle imprese più deboli a quelle più produttive. I primi a esserne danneggiati sarebbero gli stessi lavoratori.
Passiamo al quesito sui voucher. Maurizio Landini oggi afferma che se sarà ammesso, il governo non si potrà limitare a qualche correttivo, dovrà eliminarli perché sinonimo di sfruttamento. E che per combattere il lavoro nero ci sono piuttosto i contratti «a termine, stagionali, interinali». Come replica?
Landini avrebbe ragione se l’intero tessuto produttivo fosse fatto di imprese metalmeccaniche. Ma non è così. Se eliminiamo i buoni-lavoro, nessuno si prenderà la briga di aprire una posizione all’Inps e dotarsi di un libro-paga e matricola per ingaggiare una persona per la raccolta delle olive, che dura tre giorni, oppure per pagare la professoressa che dà ripetizioni di matematica a suo figlio un’ora alla settimana, o per pagare lo studente a cui ha affidato lo sgombero della cantina. È giusto impedire che i voucher vengano utilizzati per pagare un muratore in un cantiere edile; ma nella gran maggioranza dei casi non è di questo che si tratta. Stiamo attenti a non buttar via il bambino con l’acqua sporca.
Secondo i dati diffusi oggi però il lavoro cala ancora per gli under 35, la fascia più esposta a precariato e voucher…
Ma Landini e Camusso pensano forse che abolendo i voucher l’occupazione giovanile aumenterebbe?
E cosa pensa del quesito in materia di appalti?
La norma che si vuole abrogare è quella che consente al contratto collettivo nazionale di derogare alla disciplina della corresponsabilità solidale tra committente e appaltatore verso i lavoratori. La possibilità di questa deroga in diverse occasioni è quella che fa la differenza tra continuare a lavorare o chiudere per mancanza di commesse. Togliere spazio alla contrattazione collettiva non è mai una buona politica.
Se si optasse per dei correttivi, come giudica la proposta del ministro Martina di mantenere i buoni lavoro solo per «studenti, pensionati e lavoratori in Cigs?
In questo ordine di idee, invece che delimitare i soggetti che possono essere pagati coi voucher, mi parrebbe meglio individuare i tipi di lavoro che non possono essere pagati coi voucher: per esempio quello del muratore in un cantiere edile, o comunque il lavoro che corrisponde all’attività normale dell’impresa e non ha alcun carattere di occasionalità.
In definitiva: meglio urne anticipate, come qualcuno caldeggia anche per disinnescare il referendum?
Ci sono diversi motivi per anticipare la fine di questa legislatura. Tra questi non metterei quello di impedire la parte del referendum che verrà ritenuta ammissibile dalla Corte costituzionale.