TECNICAMENTE, IL “NO” QUESTO SIGNIFICA: TUTTO COME “PRIMA DI PRIMA DI RENZI”, OVVERO IL RITORNO A UN SISTEMA IN CUI IL GOVERNO NON È SCELTO DAGLI ELETTORI, MA DAGLI INQUILINI DEL PALAZZO CON LE LORO ALCHIMIE

Rubrica L’Amaca di Michele Serra pubblicata su la Repubblica dell’11 dicembre 2016 – Per altri interventi e documenti in argomento v. il portale Riforme istituzionali    .
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Non per fare i precisini, ma lo avevamo detto, noi incerti fautori del Sì, che la sola certezza era, con la vittoria del No, ritrovarci nella palta fino al collo, e più vecchi di qualche anno. E mica perché “i mercati” ci avrebbero affamati, quella è una bufala conclamata. Ma perché il notabilato politico al gran completo avrebbe recuperato tutto il suo vigore primo-repubblicano, con le decine di delegazioni che salgono al Colle e poi leggono tutte contente il loro foglietto al telegiornale, e, ora che la Costituzione, restituita alla sua collocazione originale come la Gioconda scampata a un viaggio tempestoso e indesiderato, può essere contemplata con calma, tutti possono verificare che non c’è neanche una riga che assegni al Popolo e non al Parlamento il diritto di eleggersi un nuovo governo, come tutti vorremmo, domattina, massimo domani pomeriggio. E neanche una riga che levi al Quirinale il dovere di spremere da ogni legislatura quello che gli riesce,  anche fossero le poche gocce del governo Gentiloni o affini. Del resto, tecnicamente, il No questo era: tutto azzerato, dunque tutto come prima di Renzi e anche prima di prima di Renzi.
Ora vedremo se l’avventurismo fiorentino, con tutta la sua brusca prosopopea, era tanto peggiore della stagnazione romana, con tutto il suo neghittoso bizantinismo, per altro – step by step – rispettosissimo dei meccanismi previsti dalla Costituzione. Quello che non possiamo fare è fingere, quelli del No proprio come quelli del Sì, che un fallimento così evidente possa essere salutato come una grande vittoria.

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