VOTI ECCELLENTI SU DIVERSE PARTI MOLTO IMPORTANTI DEL JOBS ACT; BUONI ANCHE SU INCENTIVI ALLA PRODUTTIVITÀ E AL WELFARE AZIENDALE; MA ALCUNI VOTI NEGATIVI DOVE SI È LASCIATA LA PENNA IN MANO AI NEMICI DELLA SEMPLIFICAZIONE; E UN VOTO PESSIMO PER L’IMPLEMENTAZIONE DEL CAPITOLO SUI SERVIZI PER L’IMPIEGO
Una valutazione analitica dei provvedimenti legislativi adottati dal Governo Renzi nei suoi tre anni di vita, 9 dicembre 2016 – In argomento v. anche i documenti e gli interventi raccolti nella seconda parte del Portale della riforma del lavoro .
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Decreto-legge 20 marzo 2014 n. 34 sui CONTRATTI A TERMINE
Costituisce la prima iniziativa del Governo Renzi in materia di lavoro. Dei tre limiti al contratto a termine di cui l’UE impone di adottare almeno uno (controllo sul motivo, contingentamento rispetto all’organico aziendale e limite temporale) il decreto abbandona quello precedentemente in vigore, cioè il controllo sul motivo, sostituendolo con gli altri due. La considero una scelta ottima, perché il controllo sul motivo del contratto a termine lasciava una amplissima discrezionalità al giudice, generando una notevole incertezza sull’esito dei giudizi, che si traduceva in un tasso molto alto di contenzioso. Infatti, a seguito dell’emanazione del decreto, il tasso di contenzioso su questa materia si è drasticamente abbassato. La riforma sarebbe stata perfetta se fosse stato ammesso senza limiti il contratto a termine di lunga durata (per esempio: durata minima di tre anni) per il settore della ricerca. In sede di conversione in legge, in Senato viene aggiunto all’articolo 1 del decreo un comma dove si legge che la nuova disciplina è introdotta “nelle more dell’adozione di un testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro con la previsione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescenti”: è il preannuncio di una incisiva riscrittura del disegno di legge-delega n. 1428, che in quelle stesse settimane incominciava il suo iter nello stesso ramo del Parlamento.
Voto: 8
Disegno di legge-delega 3 aprile 2014 n. 1428 per il JOBS ACT (testo originario)
È quello da cui deve nascere la riforma complessiva. Il nuovo ministro del Lavoro ne affida la confezione agli uffici del ministero, i quali lo redigono in burocratese, curando che sui punti più politicamente controversi sia il più fumoso possibile. In particolare, non dice niente di rilevante, o comunque di preciso, in materia di disciplina dei licenziamenti e di semplificazione della disciplina del rapporto di lavoro. Indica invece la direzione giusta in cui muoversi sul terreno degli ammortizzatori sociali. Su quello dei servizi al mercato e delle politiche attive del lavoro si limita a prevedere la costituzione di una nuova agenzia centrale cui attribuirne la gestione, senza indicarne i nuovi criteri. Decisamente insufficiente.
Voto: 4
Legge-delega 10 dicembre 2014 n. 183 per il JOBS ACT (d.d.l. n. 1428, come modificato, integrato e approvato in via definitiva dal Parlamento)
Pur non spingendosi a prevedere l’emanazione del nuovo Codice semplificato del lavoro, contiene tuttavia principi di delega precisi e incisivi per l’emanazione di una nuova disciplina semplificata del rapporto di lavoro subordinato e in particolare del mutamento delle mansioni, un adeguamento della disciplina dei controlli alle nuove tecnologie; stessa cosa in materia di disciplina dei licenziamenti, dove l’indicazione è inequivoca nella direzione del passaggio da un regime di job property a uno basato su di una liabilitty rule.
In materia di servizi al mercato del lavoro e di politiche attive del lavoro precisa la delega prevedendo esplicitamente un sistema caratterizzato dalla cooperazione tra servizio pubblico e operatori privati specializzati, accreditati secondo un criterio unico nazionale, basato sul metodo del contratto di ricollocazione, che ha per oggetto un servizio di assistenza intensiva remunerato a risultato. Istituisce un nuovo trattamento di disoccupazione che amplia il campo di applicazione, aumenta l’entità e la durata di quello istituito con la legge Fornero n. 92/2012. Prevede l’unificazione dei servizi ispettivi del lavoro, fino ad allora divisi tra Inps, Inail e ministero.
Voto: 9
Legge 23 dicembre 2014 n. 190 (finanziaria 2015): DECONTRIBUZIONE TOTALE PER LE NUOVE ASSUNZIONI STABILI
Istituisce un forte incentivo – decontribuzione totale per tre anni – per le assunzioni a tempo indeterminato stipulate nel corso del 2015 (per i primi due mesi dell’anno assoggettate alla vecchia disciplina dei licenziamenti, dal 7 marzo assoggettate alla nuova: i c.d. “contratti a tutele crescenti”), incentivo destinato a ridursi per le assunzioni stabili stipulate nel corso del 2016: decontribuzione si riduce al 40% per la durata di due soli anni. L’incentivo ha sicuramente causato una forte anticipazione al 2015 di assunzioni stabili che altrimenti si sarebbero collocate nel 2016, il che non costituisce certo un male dal punto di vista dell’interesse dei lavoratori; ma l’aumento dell’occupazione, e in particolare di quella stabile, è continuato anche nel 2016, pur se in modo più rallentato.
Impossibile dire con precisione quanto sia stato l’incentivo economico a contribuire a alla brusca inversione di tendenza rispetto a quasi mezzo secolo di costante riduzione della quota di assunzioni stabili sul totale, e quanto invece abbia contribuito la riforma dei licenziamenti entrata in vigore il 7 marzo; diversi indizi inducono a pensare che la combinazione delle due misure abbia prodotto un risultato superiore rispetto a quello che ciascuna delle due avrebbe prodotto da sola. Quello che è certo è che quella combinazione ha operato efficacemente come un defibrillatore su di un organismo infartuato, aiutando a innescare una crescita economica, che comunque richiede altri fattori macroeconomici per rafforzarsi. Certo, si sarebbero potuti mettere in campo anche incentivi più selettivi, più precisamente mirati all’occupazione incrementale; ma, appunto, tra il 2014 e il 2015 il mercato del lavoro italiano aveva bisogno soprattutto dello scossone di una drastica riduzione del costo del lavoro stabile in forma di riduzione delle imposte e della contribuzione sulle buste paga. E lo ha avuto.
Voto: 8
Decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22: RIFORMA DEL TRATTAMENTO DI DISOCCUPAZIONE
Attua in modo inappuntabile e con grande tempestività, per i nuovi assunti, la delega legislativa contenuta nella legge n. 183/2014: per la prima volta in Italia si instaura un unico trattamento di disoccupazione di natura previdenziale – la NASpI – uguale per tutti i lavoratori dipendenti (compresi i lavoratori domestici e gli apprendisti, che in precedenza non ne avevano mai goduto), con standard di entità e di durata che reggono benissimo il confronto con i migliori esempi disponibili nel panorama OECD. Contiene, ma ancora soltanto in embrione, il sistema complementare di trattamento di natura assistenziale destinato a scattare nel caso in cui la disoccupazione perduri oltre il termine di durata della NASpI. Conferisce per la prima volta un riconoscimento pieno al nuovo istituto del contratto di ricollocazione, colonna portante di un sistema basato sulla collaborazione tra servizio pubblico e operatori privati specializzati accreditati e sulla regola per cui il servizio è retribuito a risultato ottenuto; ma la disciplina del nuovo istituto è incompleta.
Voto: 9
Decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 23: NUOVA DISCPLINA DEI LICENZIAMENTI
Attua in modo inappuntabile e con grande tempestività la delega legislativa in materia di nuova disciplina dei licenziamenti, completando per i nuovi asssunti la riforma avviata con la legge Fornero n.92/2012 e dunque realizzando compiutamente il passaggio dal regime di job property a quello fondato su di una liability rule, istituendo un meccanismo ben congegnato volto a incentivare la soluzione non giudiziale delle controversie sulla giustificatezza del licenziamento, e – non ultimo per importanza – salvaguardando la coerenza, nel nuovo sistema, tra disciplina dei .licenziamenti individuali e dei collettivi. È redatto in forma chiarissima, concisa, non inficiata da zone oscure frutto di compromesso tra parti politiche contrapposte, efficacemente orientata alla riduzione del contenzioso giudiziale sulla materia (obiettivo che i primi dati disponibili sembrano confermare essere stato raggiunto). Resta qualche incertezza (superabile però agevolmente con una interpretazione sistematica) sulla sanzione applicabile al licenziamento del lavoratore in prova in caso di invalidità del patto di prova, e al caso del licenziamento per superamento del comporto di malattia, quando il comporto non risulti superato. Nel testo definitivo scompare il comma 3 dell’articolo 1, che compariva in una precedente stesura, a norma del quale la nuova disciplina non avrebbe dovuto applicarsi nel settore pubblico; l’assenza di questa disposizione – a dispetto di quanto sostenuto in seguito dai ministri del Lavoro e della Funzione pubblica – fa sì che la nuova disciplina debba, sul piano logico-sistematico, considerarsi applicabile, in base al T.U. del pubblico impiego, anche ai dipendenti dello Stato, enti locali e altri enti pubblici.
Voto: 9
Decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 80, in materia di CONGEDI PARENTALI
Contiene disposizioni sperimentali di ampliamento dei congedi per motivi parentali, per la durata di un solo anno, delle quali è probabile l’abbandono. Oltretutto nella redazione del testo ritorna il vecchio linguaggio legislativo incomprensibile per il grande pubblico e difficilissimo anche per gli addetti ai lavori. L’intendimento originario era buono, ma l’attuazione è ancora alla vecchia maniera; e il tempo della sperimentazione delle nuove norme è stato così breve – anche in considerazione della scarsissima pubblicità che è stata loro data – che non è stato possibile valutarne l’impatto.
Voto: 5
Decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81, RIORDINO E SEMPLIFICAZIONE CONTRATTUALE IN MATERIA DI LAVORO PARASUBORDINATO, MANSIONI, PART-TIME, APPRENDISTATO, LAVORO ACCESSORIO
Realizza un primo passo verso l’obiettivo del Codice semplificato del lavoro, costituendo un testo unico delle norme in vigore su queste materie (cui si aggiungono anche somministrazione e lavoro intermittente), redatto con un notevole impegno di concisione e chiarezza, oltre che con abrogazione esplicita delle fonti che vengono sostituite. Traccia una nuova linea di confine tra l’area nella quale si applica il diritto del lavoro dipendente e quella in cui si applica quello del lavoro autonomo, che a mio avviso lascia fuori dall’area protetta qualche situazione di effettiva dipendenza economica di troppo, ma ha il pregio di una maggiore chiarezza e facilità di applicazione rispetto al passato. Ottima la riformulazione della disciplina del mutamento di mansioni. La nuova disciplina del lavoro accessorio (retribuito con i buoni-lavoro, i c.d. vouchers), che ne allarga l’area della fruibilità, determina un’esplosione di questa forma di pagamento della retribuzione (un milione e mezzo di ore di lavoro pagate in questo modo, nel primo anno di applicazione), che suscita allarme a sinistra; ma poiché questo aumento si accompagna con un aumento notevole del numero delle assunzioni regolari (nel biennio 2015-2016 circa 1,2 milioni in più rispetto al biennio 2013-2014, di cui 815.089 a tempo indeterminato, il resto a termine), appare poco probabile che si sia trattato di una erosione ai danni del lavoro regolare.
Voto: 8
Decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 148, CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI E FONDI DI SOLIDARIETÀ
Realizza anch’esso, sul versante dell’integrazione salariale, un primo passo verso l’obiettivo del Codice semplificato del lavoro, costituendo un testo unico delle norme in vigore su questa materia, con abrogazione delle fonti precedenti. Deve leggersi in stretta coniugazione con il d.lgs. n. 22 dello stesso anno, contenente la nuova disciplina del trattamento universale di disoccupazione: la combinazione dei due decreti realizza l’obiettivo di impedire l’uso – in passato diffusissimo – della Cassa integrazione in sostituzione del trattamento di disoccupazione, per mascherare situazioni di effettiva disoccupazione. Ora si deve sperare che non si torni alla politica, inaugurata durante la grande crisi, della “Cassa integrazione in deroga”, cioè che i Governi futuri tengano fede all’impegno assunto con questa riforma, nel senso di affrontare le situazioni di disoccupazione con gli strumenti appropriati e non fingendo che i rapporti di lavoro restino in vita anche contro l’evidenza. La parte relativa ai fondi di solidarietà ne razionalizza la disciplina allargandone gli spazi operativi. Qualche prolissità di troppo e qualche concessione al burocratese.
Voto: 8
Decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 149: UNIFICAZIONE DEI SERVIZI ISPETTIVI
L’idea è giustissima. L’attuazione non limpidissima, dal momento che non è stato creato un ruolo unico degli ispettori, ma una unificazione soltanto funzionale, senza abolizione e fusione in un unico ruolo di quelli dell’Ispettorato che fa capo all’Inail, di quello che fa capo all’Inps e di quello che fa capo al ministero del Lavoro. Il che, per un verso, conferma indebitamente il prevalere dell’interesse sindacale alla conservazione del vecchio assetto delle retribuzioni e delle carriere rispetto all’esigenza di rendere più facilmente ristrutturabile e organizzabile la funzione unificata. Per altro verso rende più facilmente reversibile la riforma: più esposta al cambiamento del vento politico e al prevalere degli interessi di questa o quella parrocchia amministrativa.
Voto: 6
Decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 150: NUOVI SERVIZI NEL MERCATO DEL LAVORO
Il decreto fa un passetto indietro in materia di ricollocazione, abrogando la norma contenuta in proposito nel d.lgs. n. 22/2015 (v. sopra) e ridisciplinando la materia senza più parlare di “contratto” (viene così meno nel rapporto tra agenzia e disoccupato un elemento negoziale importante e fortemente innovativo), bensì soltanto di “assegno di ricollocazione”. La cosa sarebbe stata anche accettabile, se non fosse che il decreto attribuisce un vero e proprio diritto perfetto all’“assegno di ricollocazione” a tutti i percettori della NASpI – entrata in vigore il 1° maggio 2015 – da più di quattro mesi: il che avrebbe implicato che dal 1° settembre (cioè da due settimane prima dell’entrata in vigore di questo stesso decreto!) il sistema fosse già in grado di far funzionare questa misura.
Per farla funzionare viene istituita, con una anticipazione della riforma costituzionale in corso di discussione in Parlamento sulla quale viene ottenuto il consenso di tutte le Regioni, l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), a capo della quale viene nominato il prof. Maurizio Del Conte: ottima scelta.
Il problema è che a costituire la struttura operativa dell’Agenzia viene destinato, oltre all’intera struttura di Italia Lavoro s.p.a. controllata al 100 per cento dal ministero, che si trasforma in ANPAL s.p.a., anche un pezzo pari pari della Direzione generale del ministero, quella appunto delle politiche attive; con la clausola non scritta ma rigorosamente applicata per cui ogni dipendente formalmente trasferito all’Agenzia resta, in realtà, al posto in cui ha sempre lavorato, nella stessa stanza e alla stessa scrivania, con lo stesso direttore generale di prima che diventa direttore generale della nuova agenzia. Quel che è peggio è che, nel frattempo, nessuno si occupa dei centri per l’impiego, i quali fino alla fine del 2014 avevano fatto capo alle Provincie, ma ora mancano di una guida, di una riorganizzazione, di una riqualificazione in relazione ai nuovi compiti che la riforma affida loro; il ministero mira soltanto a scaricarli di nuovo sulle Regioni, stipulando con esse alla fine del 2015 apposite convenzioni prive di un apprezzabile contenuto operativo: di fatto nessuna azione viene posta in essere per dare loro sostegno e indirizzo, se si escludono le iniziative isolate di un numero molto esiguo di Regioni che hanno preso a occuparsene per davvero. Una interpellanza al ministro del Lavoro del 3 novembre 2015, firmata da tutti i membri Pd della Commissione Lavoro del Senato e diversi altri, viene lasciata senza alcuna risposta. Ciliegina sulla torta: nel consiglio di amministrazione dell’ANPAL viene messa Gianna Pentenero, assessore al Lavoro del Piemonte, nella campagna referendaria attiva propagandista per il No: cioè per l’esito che determina la restituzione alle Regioni delle competenze accorpate alla neo-costituita agenzia nazionale. Fatto sta che, a un anno e tre mesi dall’emanazione del decreto istitutivo, l’ANPAL non ha ancora erogato un solo assegno di ricollocazione, le convenzioni tra ministero e Regioni sono scadute senza essere rinnovate e i centri per l’impiego sono allo sbando. Il futuro, per questo capitolo della riforma, è ancora molto fosco.
Voto per il contenuto legislativo: 7
Voto per l’implementazione da parte del ministero: 2
Decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 151: COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO, CONTROLLI A DISTANZA, DIMISSIONI, PARI OPPORTUNITÀ ET AL.
È formalmente intitolato a “razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità”, ma in realtà è il refugium peccatorum, dove vengono infilate tutte le norme che, nel gran lavoro di attuazione della delega – compiuto, per la verità, con grande impegno perché quasi nulla della delega rimanesse inattuato –, era rimasto indietro. Così, per esempio, logica avrebbe voluto che le nuove norme in materia di collocamento obbligatorio dei soggetti con disabilità venissero inserite nel d.lgs. n. 150, e che quelle sulle dimissioni e sui controlli a distanza venissero inserite nel d.lgs. n. 81. In questo modo non si favorisce la leggibilità dei testi legislativi, che presuppone anche un minimo di ordine nella distribuzione delle norme. Detto questo, va però anche detto che il Governo-legislatore ha un’attenuante per questo difetto nell’adempimento della delega: in nove mesi, quanti ne sono trascorsi fra l’emanazione della legge-delega e l’emanazione di questo ultimo decreto, ha riscritto da cima a fondo l’intero diritto del lavoro. Lo si poteva fare meglio; ma il bilancio mi sembra comunque largamente positivo.
Quanto al merito delle disposizioni contenute in questo decreto, mi sembra apprezzabile per il contenuto dispositivo la nuova disciplina del collocamento obbligatorio, anche se è scritta nel vecchio linguaggio burocratese prolisso e di difficile lettura.
Voto: 7
Ottima la nuova norma sui controlli a distanza, che non fa altro se non aggiornare al 2015 una norma scritta mezzo secolo prima, quando negli uffici non esistevano neppure le fotocopiatrici e il telefax. Non riduce affatto la protezione della dignità e riservatezza dei lavoratori, anzi per almeno un aspetto la rafforza.
Voto: 9
Pessima, invece, la nuova norma sul recesso del lavoratore dal rapporto, che per impedire l’abuso delle “dimissioni in bianco”, invece di adottare i mezzi più semplici ed efficaci a disposizione, complica la vita in modo inaudito (e senza uguali al mondo) alla generalità dei datori e prestatori di lavoro. L’unica giustificazione per questo grosso neo nella riforma è che, nel clima politico infuocato in cui i decreti attuativi hanno dovuto essere redatti, era inevitabile concedere qualcosa alla parte politica che, in seno alla maggioranza, avversava l’intera riforma; visto in questa luce, il neo della nuova disciplina complicatissima di un atto che potrebbe essere semplicissimo, come quello delle dimissioni, è a ben vedere un prezzo minimo che ci si può concedere di pagare; ma il voto non può che essere drasticamente negativo.
Voto: 1
Legge 28 dicembre 2015 n. 208, c.d. legge di stabilità 2016: MISURE PER INCENTIVARE LA PRODUTTIVITÀ E IL WELFARE AZIENDALE
La legge finanziaria per il 2016 si segnala per le nuove norme sulla disciplina del premio di produttività e la promozione welfare aziendale. Con la riscrittura dell’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, da un lato si rafforza il ruolo della contrattazione collettiva decentrata, dall’altro si prosegue sulla strada della riduzione del costo del lavoro. Inedito l’impatto sulle relazioni industriali prodotto da nuove misure fiscali volte a rafforzare la partecipazione dei lavoratori in azienda (per i contenuti più in dettaglio v. infra, in riferimento alla legge di Bilancio 2017). Si segnala in particolare l’attribuzione al singolo lavoratore della facoltà di convertire il premio di risultato, disciplinato dalla contrattazione decentrata, in una forma a sua scelta di welfare aziendale, con l’effetto della detassazione totale.
Decreto legislativo 24 settembre 2016 n. 185, recante CORREZIONI AI DECRETI ATTUATIVI DELLA RIFORMA
Questo decreto, che contenendo mere messe a punto non meriterebbe di essere menzionato in questa sede, merita invece una segnalazione per una cosa che esso non contiene. Il Governo, volendo escludere che la nuova disciplina delle dimissioni si applichi anche nel settore pubblico, provvede a dirlo esplicitamente; ma – nonostante tutte le polemiche sviluppatesi anche in epoca molto recente – volutamente si guarda bene dal fare altrettanto in riferimento alla nuova disciplina dei licenziamenti, così confermando l’applicabilità di questa anche nel settore pubblico. E il decreto è significativamente sottoscritto anche dal ministro della Funzione pubblica Madia. Poiché non solo il decreto originario n. 23/2015 ma ora anche il decreto correttivo su questo punto tace, ne risulta confermato che il legislatore delegato non ha inteso differenziare la disciplina del licenziamento applicabile ai nuovi assunti nelle amministrazioni pubbliche, rispetto a quella applicabile ai nuovi assunti nelle aziende private.
Il decreto modifica il d.lgs. n. 81 per rendere maggiormente “tracciabile” il ricorso al lavoro accessorio; e il d.lgs. n. 151/2015 sui servizi ispettivi e l’apparato sanzionatorio. Si tratta in entrambi i casi di aggiustamenti ragionevoli. Meno apprezzabili alcuni segnali di ritorno al passato in materia di Cassa integrazione e disoccupazione: il decreto modifica i d.lgs. n. 22 e 148/2015 con l’intento di ammorbidire il rigore della disciplina sugli ammortizzatori sociali, e il d.lgs. n. 150 in tema di disoccupazione e di compiti e le funzioni dell’ANPAL.
Voto per l’omissione della deroga per il settore pubblico in materia di licenziamenti: 10
Voto per i segnali di ritorno al passato in materia di Cig e disoccupazione: 4
Disegno di legge n. 2233 approvato dal Senato il 27 ottobre 2016 sul LAVORO AUTONOMO E IL “LAVORO AGILE”
La prima parte del provvedimento segna una tappa legislativa importante, assicurando ai lavoratori autonomi agevolazioni fiscali e provvidenze molto opportune. Il voto largamente positivo premia anche il primo provvedimento legislativo, nella storia della Repubblica, interamente dedicato ad affrontare i problemi del lavoro autonomo, nel rispetto della sua diversità rispetto al lavoro dipendente.
Voto sulla parte relativa al lavoro autonomo: 8
Gravi perplessità sorgono invece sulla parte dedicata al “lavoro agile”, cioè all’attività del lavoratore subordinato svolta al di fuori del perimetro dell’azienda e senza vincoli di orario. Che ci si proponga di promuovere e tutelare questa modalità di lavoro è bene; purché con disposizioni che ne preservino il carattere di “agilità”. Non lo si preserva se l’accordo in proposito tra le parti viene appesantito con costi di transazione superflui. Passi l’obbligo di stipulare l’accordo in forma scritta; ma se si impone che anche nella parte della prestazione svolta dal lavoratore dove e quando gli pare vengano rispettati i limiti d’orario, si mostra di non avere messo bene a fuoco la peculiarità di questa forma di organizzazione del lavoro. Se si richiede che l’atto scritto definisca anche “le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro” (articolo 16), si obbliga l’imprenditore ad avvalersi di un consulente. E si allarga la materia del possibile contenzioso giudiziale. L’articolo 19 prevede, poi, l’obbligo per l’imprenditore di consegnare “al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro”: altre scartoffie, altro lavoro per consulenti, avvocati, ispettori e giudici. Costi di transazione inutili, perché il lavoro agile non presenta di per sé alcun rischio aggiuntivo rispetto al lavoro svolto in azienda. La realtà è che non perdiamo occasione per promettere agli operatori economici semplificazione normativa e abolizione degli adempimenti inutili, ma – se si eccettua la maggior parte dei decreti del 2015 – ogni volta che il legislatore si occupa di lavoro scattano come un riflesso condizionato i tradizionali eccessi di giuridificazione e burocratizzazione del rapporto.
Voto sulla parte relativa al “lavoro agile”: 3
Legge ** dicembre 2016 n. *** (Legge di bilancio 2017): MISURE PER INCENTIVARE LA PRODUTTIVITÀ E LA NEGOZIAZIONE DI PREMI LEGATI ALLA PERFORMANCE AZIENDALE
La legge – che come è noto ha dovuto essere approvata dal Senato in seconda lettura senza emendamenti, incombendo la crisi di Governo – perfeziona il dispositivo già attivato con successo dalla legge di stabilità 2016 (v. sopra), disponendo l’aumento dell’entità e del novero dei beneficiari del “salario di produttività” tassato al 10%: a) potranno avvalersene i lavoratori che guadagnano fino a 80mila euro di reddito anno; b) il tetto del premio aumenta a 3.000 euro annui, e a 4.000 euro se i lavoratori sono coinvolti in pratiche di partecipazione nell’organizzazione aziendale. Inoltre l’azzeramento dell’imposta sul premio di produttività pagato in forma di welfare aziendale (rientrano in questa nozione anche le forme previdenza complementare e di assicurazione complementare contro la disoccupazione) si applica anche se questa forma di pagamento del premio di produttività è prevista non dal contratto aziendale, ma da quello nazionale di settore: evoluzione normativa, questa, che – come è noto – ha contribuito al raggiungimento dell’accordo su di una parte assai rilevante del rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore metalmeccanico. Si tratta di misure molto opportune che consolidano la politica volta a favorire l’autoriforma del sistema delle relazioni industriali nella direzione di un sostegno alla partecipazione dei lavoratori in azienda e di un aumento della parte della retribuzione che varia in relazione alla produttività e/o alla redditività aziendale. Misure che si apprezzano anche per il largo favore con cui sono state accolte da imprenditori e sindacati e il loro conseguente alto tasso di effettività.
Voto: 8
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