AL DI LÀ DELLE OSCILLAZIONI MENSILI, QUELLI CHE CONTANO SONO I SALDI OCCUPAZIONALI COMPLESSIVI, I QUALI DICONO CHE IL MERCATO DEL LAVORO SI È RIMESSO IN MOTO E STA MOLTO MEGLIO OGGI RISPETTO A DUE ANNI FA
Intervista a cura di Rosaria Amato, pubblicata da la Repubblica il 19 ottobre 2016 con alcuni tagli per ragioni di spazio – In argomento v. anche, più ampiamente, L’incentivo economico alle assunzioni è servito o no?
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Da una prima lettura integrata dei dati Inps di oggi emergono meno contratti a tempo indeterminato, più licenziamenti, più rapporti precari. Significa che le più recenti politiche del lavoro hanno fallito?
L’Inps ci fornisce i dati sul flusso delle nuove assunzioni. Non bisogna confonderli con i dati sullo stock degli occupati. Se parliamo di questo, la Banca d’Italia giovedì scorso ci ha detto che “L’occupazione è salita a ritmi superiori a quelli del prodotto”, e ha aggiunto: “prosegue la crescita dell’occupazione a tempo indeterminato, seppure a ritmi inferiori rispetto all’anno scorso”.
Quali sono i dati sull’aumento del livello dell’occupazione?
Se guardiamo all’ultimo biennio, al di là delle oscillazioni mensili, l’aumento dei dipendenti è stato di 604mila unità, di cui più di due terzi stabili. Il punto è che questi dati, sia quando sono positivi sia quando sono negativi, nessuno può dire seriamente se e quanto siano imputabili alla riforma del lavoro, quanto agli incentivi economici, e quanto alla, pur debole, ripresa economica in atto.
Delle assunzioni a tempo indeterminato rispetto al totale dei rapporti di lavoro colpisce il picco del dicembre 2015: una percentuale eccezionale, +67,0%. È stata preceduta da un crescendo, ma è seguita da un calo disastroso, che riporta la precentuale al 24,9%, più bassa rispetto alla media del 30% precedente all’attivazione dei bonus assunzione.
Il dato si spiega molto facilmente: l’incentivo economico ha fatto sì che le imprese anticipassero al 2015 moltissime assunzioni che altrimenti sarebbero avvenute nel 2016. Ma questo non è un male in sé. Quello che conta non sono le oscillazioni dei flussi, ma quello che risulta in termini di occupazione. E quello, come si è visto, per ora è largamente positivo.
Professore, la critica è che con i bonus assunzione si è drogato il mercato, si è fatto in modo che le aziende pur di accaparrarsi i soldi pubblici assumessero persone che non servivano.
Se non fossero servite, non le avrebbero certo assunte. Il Governo ha usato il doppio shock, economico e normativo, come un medico usa un defibrillatore per rimettere in moto un organismo infartuato. E questa manovra d’emergenza ha funzionato. È paradossale che ci si dolga, soprattutto da sinistra, perché centinaia di migliaia di persone sono state assunte nel 2015 invece che nel 2016.
Già, ma adesso quelle persone le stanno inesorabilmente licenziando.
Né io né lei sappiamo a chi si riferiscono questi licenziamenti, se si tratta di persone assunte prima o assunte dopo i provvedimenti del 2015. Comunque, il solo dato del numero dei licenziamenti dice poco: quello che conta è il saldo. E, ripeto ancora una volta, il saldo è largamente positivo.
Prima del Jobs Act, si parlava di flexsecurity. La critica è: si è fatta la flessibilità (pure troppa), che ne è della sicurezza?
Fino al 2012 l’assicurazione ordinaria contro la disoccupazione dava il 60 per cento dell’ultima retribuzione per sei mesi, e alcune categorie non avevano neppure quella. Oggi la Naspi garantisce a tutti, ma proprio tutti i lavoratori dipendenti, il 75 per cento. E il trattamento, pur lentamente riducendosi, dura fino a 24 mesi. A questo deve aggiungersi il servizio di assistenza intensiva per la ricollocazione affidato alle agenzie scelte dagli stessi interessati, pagate con il voucher a ricollocazione avvenuta. Il servizio sta partendo in ritardo: è vero. Io in Parlamento contro questo ritardo protesto. Mi piacerebbe che lo facessero molto di più anche i sindacati.