SI RIPROPONE, A TRENT’ANNI DI DISTANZA, LA STESSA QUESTIONE SULLA QUALE NEGLI ANNI ’80 SI DIVISERO GIURISPRUDENZA E DOTTRINA IN RELAZIONE AL CASO DEI C.D. PONY-EXPRESS
Lettera pervenuta il 17 ottobre 2016 – Segue la mia risposta, contenente il riferimento e il link a una importante sentenza del 1986 e al commento che allora le dedicai .
Caro professore, mi interesserebbe molto sapere che cosa pensa della vertenza che contrappone i giovani ciclisti di Foodora al loro committente (o datore di lavoro?) circa l’applicabilità al loro rapporto delle protezioni previste dal diritto del lavoro. Chi ha ragione secondo la legge oggi vigente? Se ha ragione l’azienda, come si deve giudicare un ordinamento che consente che si venga pagati tre euro lordi all’ora per un lavoro faticoso e precario? Con viva cordialità
Ezio De Maria
Negli anni ’80 e ’90 una questione pressoché identica venne affrontata dalla giurisprudenza in riferimento al caso dei pony-express, nel contesto di un ordinamento che ignorava ancora la nozione di dipendenza economica introdotta dalla legge Fornero del 2012. La questione venne risolta in un primo tempo dal Pretore di Milano nel senso della qualificazione del rapporto come di lavoro subordinato, sulla base dell’osservazione del modo in cui la prestazione si svolgeva di fatto, cioè in modo continuativo e prevalente, costituendo di fatto la fonte esclusiva di reddito del prestatore. Commentai la decisione del Pretore di Milano con una nota (in Riv. it. dir. lav., 1987, II, pp. 70-85) in cui dissentivo dal criterio seguito in quella sentenza, sostenendo una tesi de jure condito che venne poi fatta propria dal Tribunale di Milano e dalla Cassazione: sostenevo, cioè, che sulla base del diritto vigente la prestazione dovesse qualificarsi come autonoma perché il contratto lasciava al prestatore la piena libertà di rispondere o no alla chiamata della centrale via radio (allora non c’erano ancora i telefonini): veniva dunque meno il carattere della “continuità” della prestazione in senso tecnico-giuridico, non essendo rilevante ai fini della qualificazione che il prestatore esercitasse di fatto, oppure no, la libertà contrattuale di non rispondere.
Scarica la mia nota alla sentenza del Pretore di Milano 20 giugno 1986, Libertà formale e libertà materiale del lavoratore nella qualificazione della prstazione come autonoma o subordinata
Nello stesso tempo, però, spostando il discorso sul piano dello ius condendum, in quella nota sostenevo che sarebbe stato più razionale (e più opportuno dal punto di vista economico-sociale) un ordinamento che ricollegasse l’applicazione del sistema delle protezioni non al dato formale del contenuto del contratto, cioè alla struttura giuridica della prestazione lavorativa come negozialmente definita dalle parti, ma al dato della dipendenza economica del prestatore dal datore di lavoro/committente.
La mia tesi de iure condito prevalse allora in giurisprudenza; la mia proposta de iure condendum rimase invece a lungo del tutto minoritaria, col risultato che i pony express continuarono a poter essere agevolmente sottratti all’applicazione del diritto del lavoro, col lasciar loro per contratto la libertà di non rispondere alla chiamata della centrale, cioè di decidere in qualsiasi momento se lavorare o no.
Un quarto di secolo dopo, invece, l’idea di ricollegare l’applicazione delle protezioni proprie del diritto del lavoro in tutti i casi in cui il prestatore fosse in posizione di dipendenza sostanziale dal creditore venne fatta propria dalla legge Fornero (n. 92/2012), che, ispirandosi per questo aspetto all’articolo 2094 del mio progetto di Codice semplificato del lavoro, individuò questi come elementi essenziali della nozione di dipendenza economica (da cui la stessa legge fa discendere almeno in via presuntiva la natura subordinata della prestazione lavorativa):
- continuità effettiva nel tempo della prestazione
- monocommittenza (requisito per cui dal rapporto di collaborazione il lavoratore doveva trarre più del 75% del proprio reddito)
- retribuzione complessiva annua inferiore a un limite che era fissato a 18.000 euro l’anno per la prestazione a tempo pieno.
Applicandosi questa disciplina della materia, nel caso dei pony express, e oggi in quello dei collaboratori di Foodora, si sarebbero dovuti distinguere quelli la cui prestazione fosse occasionale da quelli che invece la svolgessero in modo continuativo, traendone il necessario per vivere. In applicazione della legge Fornero, dunque, i giovani collaboratori di Foodora sarebbero rientrati nel campo di applicazione del diritto del lavoro in tutti i casi in cui la loro prestazione assume il carattere effettivo della continuità, costituendo la loro fonte di sostentamento esclusiva o nettamente prevalente.
Ora il decreto legislativo n. 81/2015, articolo 2, ha abbandonato la nozione di dipendenza economica, stabilendo invece che il campo di applicazione del diritto del lavoro coincide con l’area delle prestazioni personali di lavoro a carattere continuativo assoggettate a coordinamento spazio-temporale (cioè soggette a un vincolo di orario e nelle quali il prestatore non è libero di scegliere il luogo in cui svolgere la prestazione). Applicandosi questo criterio, il requisito del coordinamento spaziale a mio avviso sussiste anche se il contratto lascia libero il prestatore di scegliere l’itinerario da seguire per eseguire la consegna: il fatto di dover prelevare la pizza presso una determinata pizzeria e doverla recapitare nel più breve tempo possibile a un determinato indirizzo configura – mi sembra – un vincolo circa il luogo della prestazione più che sufficiente perché si configuri il requisito del coordinamento spaziale posto dalla nuova norma. Gli ispettori inviati dal ministro Poletti dovranno però accertare la sussistenza anche del vincolo temporale: se il contratto vincoli il giovane ciclista ingaggiato da Foodora a tenersi a disposizione della centrale operativa in un certo orario, o invece lo lasci libero di non rispondere alla eventuale chiamata della centrale. Se il contratto lascia al prestatore questa libertà, mi pare difficile sostenere la sussistenza del requisito del vincolo di orario, che con questa nuova norma costituisce requisito essenziale perché le protezioni giuslavoristiche si applichino. E, qualificandosi il rapporto come di lavoro autonomo, l’ordinamento europeo impedisce che esso venga assoggettato a standard retributivi minimi.
Oggi come trent’anni fa, dunque, dobbiamo chiederci se sia razionale che la linea di discrimine tra lavoratore protetto dal diritto del lavoro e lavoratore non protetto sia definita dalla libertà formale (contrattuale) di rispondere o no alla chiamata del creditore. Oggi come trent’anni fa la figura dei giovani fattorini collegati a distanza con la centrale operativa interpella il nostro diritto del lavoro, obbligandoci a metterne meglio a fuoco la ragion d’essere socio-economica essenziale e, in relazione ad essa, le linee di confine del suo campo di applicazione. (p.i.)