UN LETTORE MI CHIEDE: “C’ERA DAVVERO BISOGNO DI UN ANNO PER DARE VITA A UNA STRUTTURA CHE NON SEMBRA PRESENTARE ALCUNA NOVITÀ RISPETTO AL PASSATO?” – GLI RISPONDO ESPONENDO I MOTIVI DI APPRENSIONE, MA ANCHE QUELLI DI SPERANZA CHE QUALCHE COSA DI IMPORTANTE STIA PER INCOMINCIARE A ESSERE SPERIMENTATO
Messaggio pervenuto il 23 settembre 2916; segue la mia risposta – In argomento v. anche l’interrogazione presentata in Senato al ministro del Lavoro il 3 novembre 2015 e il Portale del contratto di ricollocazione.
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Caro senatore, sono sempre stato un sostenitore delle sue idee e proposte di riforma, e non soltanto nel campo del lavoro, ora però le chiedo una spiegazione. Circa un anno fa è entrato in vigore il decreto legislativo che ha istituito la nuova agenzia centrale per le politiche attive del lavoro, che hanno chiamato Anpal e che prevedeva che il nuovo ente incominciasse a operare dal gennaio di quest’anno. Non ho visto partire un ben nulla, ma non mi sono stupito, ho pensato si può capire che per mettere in piedi un nuovo organismo complesso, trovargli una sede almeno provvisoria, selezionare il capo della struttura che abbia la competenza e la visione giusta, e il personale che abbia i requisiti giusti, ci vuole più tempo. Quindi, vede, non ero pregiudizialmente ostile.
Però ora è passato un anno, e vengo a sapere che il direttore generale dell’Anpal è la stessa persona che fino al giorno prima era direttore generale della direzione per le politiche attive del ministero del lavoro, il personale è lo stesso che prima dipendeva da quella direzione, la sede è la stessa di quella direzione, non si è spostata neppure una sedia. E allora mi chiedo, anzi le chiedo, ci voleva un anno intero per cambiare l’etichetta sulla porta? Ma soprattutto, come si può pensare che con lo stesso direttore generale e con lo stesso personale di prima, collocati esattamente nelle stesse posizioni e nella stessa struttura fisica, con le stesse scrivanie e gli stessi pc ormai obsoleti, con la stessa struttura retributiva, senza spostare neanche una sedia, ora possa nascerne qualche cosa di nuovo rispetto a quello che il ministero del lavoro ha fatto o non ha fatto negli ultimi cinquant’anni? La prego di credermi, la mia è una domanda retorica ma non polemica, è la domanda di un cittadino che come lei ci ha creduto, resta convinto che la riforma nel complesso sia stata una ottima cosa, ma in questa cosa dell’Anpal sente un vago sentore di gattopardismo, o se preferisce di presa in giro. Con immutata stima nei suoi personali confronti
Mauro Bignami
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Sono stato tentato di rispondere solo privatamente a questo messaggio. Poi mi sono convinto che, se non voglio tradire la fiducia dei frequentatori di questo sito nel metodo della trasparenza assoluta che lo caratterizza, è mio dovere pubblicarlo, con l’autorizzazione al mittente, e rispondere in modo non reticente. Non sono un’oppositore della costituzione della nuova agenzia; ma sono convinto che a questa struttura allo stato nascente le critiche fondate facciano bene. Capisco bene e condivido le perplessità espresse da M.B. riguardo al modo in cui essa sta nascendo e credo che il parlarne apertamente non possa che aiutare a superare i ritardi e correggere gli errori.
Per altro verso, conosco e stimo molto Maurizio Del Conte, che ha assunto il difficile compito di presiedere il nuovo organismo, rinunciando al più comodo impegno dell’insegnamento e della ricerca in università; so che sta lavorando intensamente al lancio di una sperimentazione ben fatta dell’assegno di ricollocazione, il cui inizio – mi dice – è previsto per novembre in tutta Italia. Più che questo anno di ritardo rispetto a quello che avrebbe stabilito il decreto 14 settembre 2015 n. 150 (peraltro non imputabile al neo-presidente dell’agenzia, il quale ha preso servizio soltanto da poche settimane), mi indignano i tre anni di ritardo rispetto a quando questa sperimentazione avrebbe dovuto partire secondo la legge 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità 2014: articolo 1, comma 215). Imputabili interamente, questi, a una struttura ministeriale che ha fatto una resistenza sorda e opaca ma efficacissima contro ciò che si doveva e si deve sperimentare. Perché questa resistenza? Perché ciò che il legislatore del 2013 aveva deciso di sperimentare, e che il legislatore del 2014-2015 ha confermato come uno dei cardini della riforma del mercato del lavoro, è un nuovo modello di cooperazione tra servizio pubblico e agenzie private accreditate, fondato sulla libera scelta dell’agenzia da parte del disoccupato interessato e sulla retribuzione dell’assistenza prestata dall’agenzia “a risultato”, in modo che sia premiato solo il servizio efficace e restino tagliati fuori gli operatori improduttivi: un’idea audace, ma la sola che possa consentire di voltare pagina rispetto a mezzo secolo di sonnacchiosa inefficienza del servizio pubblico in questo campo. Maurizio Del Conte è un convinto sostenitore di questo nuovo modello, e ha una grande determinazione e competenza. Averlo scelto come presidente della nuova agenzia testimonia della volontà del Governo di far funzionare davvero il nuovo modello scelto dal legislatore. Spero che determinazione e competenza gli bastino per superare i limiti oggettivi della struttura che gli è stata affidata. E penso che il solo modo in cui possa riuscirci consista nell’applicare – nella misura del possibile – anche all’interno della struttura stessa il modello della retribuzione a risultato. Nulla impedisce, per esempio, che il consiglio di amministrazione dell’Anpal stabilisca obiettivi quantitativi collegati a termini temporali molto precisi, riguardo a tutti gli adempimenti necessari e i risultati da conseguire al fine del decollo dell’assegno di ricollocazione; e subordini alla realizzazione di questi obiettivi non soltanto la percezione da parte dei dirigenti del premio di risultato, ma anche la prosecuzione del loro incarico dirigenziale in seno all’Anpal. Resto convinto che questa sia l’unica strada percorribile; e che sia ancora possibile percorrerla. (p.i.)
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