COME I FAUTORI DEI MURI POSSONO ESSERE BATTUTI

PER EVITARE CHE IL MONDO SI SPEZZI E LE SOCIETÀ SI CHIUDANO, IL RIMEDIO È LA COMPENSAZIONE DEI PERDENTI; MA GLOBALIZZAZIONE ED EVOLUZIONE TECNOLOGICA RAPIDISSIMA DISORIENTANO ANCHE CHI NON È NETTAMENTE PERDENTE

Articolo di Franco Bruni, professore di economia all’Università Bocconi, pubblicato su la Stampa il 7 agosto 2016 – In argomento v. anche l’articolo di Styephen Roach, Globalisation Disconnect, e il mio editoriale telegrafico Le frontiere nazionali e il metodo della guerra   

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Franco Bruni

Franco Bruni

I “populismi” sono davvero preoccupanti, paradossali. Se ne vedono di tutti i colori, da Trump alla “Brexit ligure”: la Stampa di mercoledì aveva in prima pagina una bella e triste foto di bandiere britanniche issate dai bagnini, simbolo di difesa dei loro privilegi sui litorali dagli “stravolgimenti delle multinazionali”, che seguirebbero l’applicazione delle regole Ue sui rinnovi delle concessioni. A parte che per disciplinare le multinazionali servono politiche sovranazionali, la direttiva Bolkestein applicata alle spiagge è difesa del bagnante dai monopoli locali. Lo Union Jack era un tempo simbolo della società più aperta: è ridotto a chiusura di castità per i nostri antichi costumi da bagno.
L’Ue è contro le lobby che ostacolano, per ideologia o interesse, la modernizzazione del Paese. L’elenco delle leggi di civiltà elementare originate da Bruxelles va dall’anticorruzione alle unioni civili, dall’antitrust alla difesa contro l’aggiotaggio.
Da dove viene il populismo? Globalizzazione e progresso tecnico sfidano il modello di sviluppo e convivenza del secolo scorso; l’impetuosa trasformazione crea folle di “perdenti”, dagli operai spiazzati dall’automazione ai bagnini meno competitivi; costoro vengono catturati da politici opportunisti (i “populisti”) che ne scagliano l’insoddisfazione contro l’integrazione internazionale e le élites che paiono guidarla a proprio vantaggio.
Per evitare che il mondo si spezzi e le società si chiudano, il rimedio è la compensazione dei perdenti. Aiutandone l’adattamento, redistribuendo i redditi e sviluppando forme nuove di welfare si può mirare a sottrarne il consenso per chi li illude con ricette populiste.
Globalizzazione e tecnologia disorientano anche chi non è nettamente perdente. Si desidera controllare i nuovi rischi più da vicino; ma i problemi vengono da lontano e quel desiderio si trasforma nel rifiuto di delegare chi si occupa di cose lontane, sovra-nazionali. Perché accettare che la gestione degli Ogm, delle migrazioni, delle crisi bancarie, delle concessioni balneari sia affidata a regole e organi sovranazionali, lontani, difficilmente influenzabili? I delegati a occuparsene perdono legittimazione e le difficoltà diventano colpe loro.
La politica chilometro-zero tende a svergognare la classe dirigente, tanto più quanto più è cosmopolita e culturalmente globale. La delegittimazione delle élites è favorita dalle loro effettive inadeguatezze. La sfiducia nelle deleghe alimenta una confusa domanda di democrazia diretta. Poiché questa è inservibile per governare a livello sovranazionale, i confini degli Stati – quando non delle piazze paesane – diventano più alti, insuperabili dalla politica: meglio chiusi che governati dall’arbitrio incontrollabile delle élites. Ma i problemi globali non hanno soluzione con politiche chilometro-zero: sicché si aggravano.
Oltre a cattura dei perdenti il populismo è effettiva rappresentanza di chi non si fida di delegati dagli orizzonti più ampi. E rappresenta anche, domocraticamente, l’inadeguatezza dei popoli. Il mondo diventa più complesso e la testa della gente rimane semplicistica, ignorante e soffocata dalla pancia. Quando la  società si apre emergono debolezze, avversioni al rischio, infantili bisogni di protezione, incapacità di comprendere, di ragionare, di adattarsi: caratteristiche che i politici populisti non fanno che rispecchiare.
E le cure? Se hanno senso queste interpretazioni del problema, va tassato chi stravince e vanno compensati i perdenti (come ha raccomandato ultimamente anche il Fmi). Ma va anche accresciuta la legittimazione di chi governa, soprattutto quando il governo si estende oltre i confini nazionali: servono migliori qualità politiche e umane e meccanismi di controllo democratico. E’ poi indispensabile accrescere la “cultura” della gente, la consapevolezza e l’accettazione della complessità. Ci vuole tempo: è bene darsi subito da fare.

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