CHI HA VOTATO BREXIT LO HA FATTO, PARADOSSALMENTE, NON CONTRO UN ECCESSO MA CONTRO UN DIFETTTO DI GLOBALIZZAZIONE – ORA, PERÒ, QUANDO I GUAI PRODOTTI DALLA BREXIT INCOMINCERANNO A ESSERE EVIDENTI, IL PARTITO NO-GLOBAL PERDERÀ UN PO’ DI VENTO NELLE PROPRIE VELE
Messaggio pervenuto il 5 luglio 2016, in riferimento al mio editoriale telegrafico E se provassimo a non chiamarli “populisti”‘? .
.
Caro Ichino, in merito al legame Brexit-Globalizzazione che tu riprendi, porto alla tua attenzione alcuni elementi nella direzione da te indicata.
Hanno votato Remain: Londra e dintorni, Scozia, Irlanda del Nord. Hanno votato Leave: Rest of England e Galles. Londra è la città che in assoluto è più globalizzata e che in assoluto ne ha beneficiato di più. Si confermano due cose quindi: la globalizzazione (dopo un po’) fa bene e i cittadini se ne accorgono. Con buona probabilità, lo stesso potrebbe dirsi di altre città europee (Berlino, Milano, Barcellona, ….) se si andasse a votare (speriamo di no). Sono i winners.
Rest of England e Wales hanno avuto pochi flussi migratori e di scarsa qualità e finanziamenti UE corposi. Non hanno tuttavia partecipato al ricco pranzo dei Londoners che era dovuto proprio a globalizzazione e immigrazione. Gli Altri Inglesi hanno quindi protestato, paradossalmente, non contro un eccesso ma contro un difetto di globalizzazione. E più precisamente un difetto, che potremmo dire quasi democratico, di partecipazione alla festa. Sono losers. Non ce l’avevano veramente con la UE ma con i loro cugini Londoners. E forse, pur non avendo partecipato alla festa, neanche stavano così male, non avevano subito un decadimento importante di benessere. Certamente molto meno di quello dovuto al declino inglese! Quello sì che fu drammatico per molti. Solo che si sono sentiti esclusi dalla festa dei Londoners e quindi a rischio per il futuro: bloccando gli immigrati, hanno pensato di bloccare i cugini Londoners e la crescita di divario tra di loro.
C’è in questo un elemento specifico all’Inghilterra ma, a parere mio, anche un elemento di riflessione di geografia economica (e politica) per altri Paesi UE. La globalizzazione non è globale: si concentra, è selettiva nei suoi elementi più benefici: chi la attrae in toto ha dinamiche economiche e sociali positive, partecipa di una prospettiva futura. Chi ne vede principalmente alcuni aspetti (immigrazione di scarsa qualita’, bassa dinamica sociale) si arrabbia per un effetto esclusione che non necessariamente porta perdita di benessere ma mette a rischio (secondo lui) il futuro. Contano le dinamiche e non i livelli assoluti. C’e molto Albert Hirschmann in questo.
Ultima considerazione: i capitali sono più veloci della politica. Mentre si discute e si discuterà su come attuare il divorzio, i grandi corporate, banche incluse, lo attueranno. Da domani mattina. E lì gli Inglesi pagheranno il conto delle loro decisioni. Per molti che stanno appoggiando i populisti UE contro l’Europa, potrebbe esserci un ripensamento inatteso. Le elezioni spagnole e le reazioni in UK sembrano indicarlo. Buona settimana.
Francesco Robiglio
Nulla da aggiungere (né da togliere). (p.i.)