CHE ACCADE SE A OTTOBRE VINCE IL “NO”?

SI TORNA AL BICAMERALISMO PERFETTO, MA CON UN SENATO ELETTO SECONDO UN CRITERIO RIGOROSAMENTE PROPORZIONALE, CON UN RISCHIO GRAVISSIMO DI INGOVERNABILITÀ DEL PAESE, OLTRETUTTO IN UN CONTESTO DI GRAVE CRISI DI TUTTI GLI EQUILIBRI CONTINENTALI E INTERCONTINENTALI

Messaggio pervenuto il 21 giugno 2016 – Segue la mia risposta, 26 giugno 2016.
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Gentile Senatore Ichino, le elezioni per i sindaci sono andate come sono andate anche perché, tra le motivazioni di cambiamento, c’è stato il coalizzarsi di forze ostili al governo centrale, con lo scopo di spingerlo verso la crisi. Qui a Torino l’approccio di molti è stato: “voto Appendino anche se sono di FI o Lega o altro pur di non votare Fassino che è del partito del premier”. Se questa è l’aria che tira è probabile che questo si ripeterà anche in autunno quando ci sarà da votare per il referendum. Ho sentito personalmente gente dire che voterà “no” perché bisogna mandare a casa questo governo. Ciò senza entrare nel merito dell’impianto della riforma costituzionale che probabilmente neanche conoscono. La domanda che le pongo è: che scenari si aprono in caso di bocciatura? Cosa facciamo con la nuova legge elettorale impostata già per avere solo più la camera e non il Senato? Cordiali saluti
Piero Rabezzana

Se nel referendum di ottobre prevalesse il “No”, si azzererebbe tutto il lavoro fatto in questi due anni per la riforma costituzionale: verrebbe meno, dunque, la nuova struttura e funzone del Senato, restando in vigore il sistema del bicameralismo perfetto.caos politico A quel punto, però, per l’elezione del Senato resterebbe in vigore la legge elettorale risultante dalla sentenza della Corte costituzionale del dicembre 2013, ispirata a un criterio di rigorosa proporzionalità dei seggi rispetto al numero dei voti. Sarebbe dunque indispensabile – per evitare la paralisi politica del Paese – una nuova legge elettorale che stabilisse regole uguali, o almeno molto simili, per Camera e Senato. Occorrerebbe dunque azzerare anche la riforma elettorale che ha generato l’Italicum (applicabile soltanto alla Camera) e cercare in Parlamento una maggioranza che approvi una  nuova legge. Senonché per questo occorrerebbe un Governo con le idee chiare e molto determinato; ma all’indomani dell’ipotetico successo del “No” avremmo presumibilmente un Governo istituzionale (Presidente del Consiglio l’attuale Presidente del Senato?) sorretto da tre poli che si guarderanno tra loro in cagnesco: sarà assai difficile che quell’ipotetica maggioranza riesca, nel giro di un anno, a dare al Paese una legge elettorale capace di produrre un Governo stabile. Insomma, rischieremmo di trovarci nella stessa situazione in cui si è trovata la Spagna dopo le ultime elezioni, che la ha costretta a tornare al voto proprio, ma senza alcuna sicurezza che dal nuovo voto esca una maggioranza capace di governare. Insomma, si aprirebbe una nuova fase di grande instabilità e incertezza istituzionale, in un contesto europeo e mondiale già caratterizzato dall’instabilità e incertezza di tutti i vecchi assetti, continentali e intercontinentali: nella determinazione dei nuovi assetti l’Italia peserebbe comunque molto meno di quanto pesi oggi.    (p.i.)

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