L’ESITO DEL VOTO PER I SINDACI CONFERMA CHE NON C’È ALCUN RISCHIO DI INVOLUZIONE AUTORITARIA E MOSTRA COME IL BALLOTTAGGIO SIA INDISPENSABILE PER DARE AL PAESE UN GOVERNO STABILE, SORRETTO DAL VOTO DI UNA MAGGIORANZA
Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 398, 22 giugno 2016 – In argomento v. anche l’editoriale della settimana scorsa, Se l’antipolitica si fa politica.
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Il bello di questa tornata elettorale è che in un sol colpo ha spazzato via l’argomento principale degli oppositori della riforma costituzionale e ha messo in grande evidenza l’argomento principale a sostegno della riforma elettorale, che di quella costituzionale costituisce il complemento. Chi era preoccupato del rischio di attribuire troppo potere al partito al governo, e in particolare al “caudillo” Matteo Renzi, ha visto la facilità con cui il vento è cambiato, anche solo per un ribaltamento di maggioranza in due grandi città, togliendogli l’aura di invincibilità derivante dai suoi successi dei due anni passati: un “contrappeso” forbidabile, questo delle autonomie locali, destinato anche in futuro a condizionare fortemente il potere politico del Governo centrale. Per altro verso, chi era contrario all’Italicum per via del premio di maggioranza, ora non può non vederne la assoluta necessità. Basta pensare a quello che sarebbe accaduto nei giorni scorsi se, invece che per i sindaci, avessimo votato per il Parlamento e il Governo nazionali, e non ci fosse stato il ballottaggio: ci saremmo trovati (come in Spagna) con tre o quattro “poli” che si guardano in cagnesco, ciascuno tra il 20 e il 30 per cento dei voti, senza alcuna possibilità di una coalizione capace di durare per più di sei mesi o un anno. E senza la possibilità per gli elettori di attribuire al “meno sgradito” la possibilità di governare per una legislatura. Il vero pericolo che l’Italia corre non è la dittatura, ma, tutt’al contrario, l’impossibilità di un Governo stabile.
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