IL CEDIMENTO DI BRUNETTA

LE RESISTENZE POLITICHE E DELL’APPARATO HANNO AVUTO LA MEGLIO. IL DECRETO E’ STATO RISCRITTO; L’AUTORITA’ INDIPENDENTE E’ SOSTITUITA DA UNA GRIGIA “COMMISSIONE MINISTERIALE”, LA QUALE DEVE OPERARE “IN COLLABORAZIONE CON LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO”. LA QUALE E’, PERALTRO, ESENTATA (CHI SA PERCHE’) DA TRASPARENZA E VALUTAZIONE

Articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 19 giugno 2009. Seguono l’intervento di replica del ministro Renato Brunetta e la mia controreplica

            Nell’autunno scorso riconobbi al ministro della Funzione Pubblica Brunetta coraggio e determinazione nell’affrontare la questione dell’efficienza degli apparati burocratici dello Stato e degli Enti locali (Corriere, 17 novembre 2008). Con la stessa franchezza e senza alcuno spirito di parte registro oggi il suo cedimento alle resistenze che gli si sono opposte dall’interno dello stesso Governo e da una parte degli apparati ministeriali.

            Sette mesi fa l’apertura del ministro al contributo dell’opposizione consentì di delineare un sistema di valutazione indipendente della quantità e qualità dei servizi forniti dalle amministrazioni pubbliche, che aveva la sua chiave di volta in un organo “garante” nazionale, concepito ovviamente come del tutto indipendente e autonomo esso stesso rispetto al Governo, perché potesse sfuggire al peggiore nemico interno: l’alleanza tra vecchi apparati burocratici e vecchia politica per la difesa dello status quo. Si sarebbero potuti scegliere anche modelli diversi; ma questo è, inequivocabilmente, il modello delineato nella legge emanata il 4 marzo scorso (n. 15/09). Tanto il ministro era convinto della bontà di questo disegno, che in aprile egli elaborò una prima bozza del decreto di attuazione della legge, nella quale l’organismo garante era qualificato addirittura come “Autorità indipendente” ed era dotato del potere di autoorganizzazione e piena autonomia finanziaria. Ciò gli conferiva l’indipendenza effettiva e l’autorevolezza necessaria per svolgere credibilmente la funzione di arbitro fra le amministrazioni e i cittadini, capace di intervenire per correggere i difetti di trasparenza (si pensi al caso dell’ufficio che nega i dati relativi al proprio funzionamento o alle materie su cui sta procedendo), i difetti di indipendenza dei valutatori di ciascuna amministrazione, i possibili loro peccati di compiacenza verso il potere politico o la dirigenza apicale.

Era una scelta davvero incisiva, che avrebbe allineato il nostro Paese a quelli più evoluti del nord-Europa. Nonostante che essa fosse proposta dall’opposizione, il ministro la aveva fatta propria al punto che quando, a metà maggio, nel Governo si manifestarono delle resistenze al varo del decreto, in particolare da parte del ministro dell’Economia, egli minacciò di dimettersi.

Poi, invece, le resistenze politiche e dell’apparato hanno avuto la meglio. Il decreto è stato riscritto; l’autorità indipendente è scomparsa, sostituita da una grigia “commissione ministeriale”, la quale deve operare “in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e con il ministro dell’Economia”. In omaggio al disegno originale contenuto nella legge-delega rimane soltanto una enunciazione verbale dell'”autonomia” della commissione; ma quell’autonomia è ora ridotta a un mero auspicio: nel nuovo testo, presentato dal ministro al Parlamento nei giorni scorsi, scompaiono ‑ insieme all’autonomia operativa ‑ anche l’autonomia organizzativa e quella finanziaria del nuovo organo, che dipenderà per entrambi gli aspetti dal Governo. La commissione sarà, peraltro, priva di qualsiasi potere sanzionatorio o di interdizione, sia di fronte alle violazioni del principio di trasparenza totale, sia di fronte a eventuali difetti di autonomia dei valutatori di ciascuna amministrazione, cui sarà affidato il compito cruciale e delicato di elaborare e comunicare alla cittadinanza gli indici di qualità e quantità della performance. Scompare, nel decreto presentato dal Governo alle Camere, l'”azione collettiva”, di cui i cittadini avrebbero potuto avvalersi per denunciare gli inadempimenti delle amministrazioni pubbliche. Dulcis in fundo, una norma nascosta tra le “finali e transitorie” esenta totalmente l’amministrazione della Presidenza del Consiglio dall’intera nuova disciplina: non sarà vincolata né al principio della trasparenza totale, né a quello della valutazione indipendente. Capisco che la trasparenza non è il forte del nostro Premier; ma non è questo un buon motivo per esentare da trasparenza e valutazione anche l’apparato che da lui direttamente dipende.

Se il risultato deve essere questo, che bisogno c’è della nuova “commissione”? Non bastava dare una spolverata al vecchio “comitato tecnico-consultivo” presso la Presidenza del Consiglio, oggi presieduto da Cirino Pomicino? Tutti sappiamo che la politica è fatta anche di compromessi. Ma il ministro Brunetta, sul terreno di questa riforma, aveva preso pubblicamente l’impegno a dimettersi, piuttosto che accettare un depotenziamento grave del testo legislativo. Poiché, invece, ha deciso di non dimettersi, ora egli deve ai cittadini una spiegazione riguardo a questo che appare come un vero e proprio dietro-front. Siamo in molti ad attenderla con vivo interesse.

 

LA REPLICA DEL MINISTRO RENATO BRUNETTA

Non avendo potuto ottenere il testo integrale della replica, pubblicata dal Corriere della Sera il 20 giugno 2009, ne riporto gli stralci più significativi, seguiti dalla mia risposta, pubblicata sullo stesso quotidiano il giorno successivo

[…] Il senatore Ichino è … un professore di narcisismo. Il mondo gli piace soltanto se gira intorno a lui. Quando questo non avviene, cioè abbastanza spesso, si innervosisce e prende carta e penna, In tali circostanze, ossessionato com’è dalla forma, gli capita di perdere di vista la sostanza. Per un politico, anche se alle prime esperienze, si tratta di un errore da matita blu. La sostanza è infatti sostanza. Per questo è perlomeno spericolato nel definire “grigia commissione ministeriale” un organismo che opera (parole del testo attuale del decreto) “in posizione di indipendenza di giudizio e valutazione e in piena autonomia”, con il compito di “indirizzare coordinare e sovraintendere all’esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale”.

Forse è il caso di ricordare che la Commissione è composta da cinque esperti di elevata professionalità con comprovate competenze specifiche in Italia e all’estero (per intendereci, persone del livello dello stesso Ichino) nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro per la Pubblica Amministrazione e l’innovazione di concerto con il ministro per l’attuazione del programma di governo, previo parere delle commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti,

In più i membri della Commissione rimangono in carica per ben sei anni come in altre autorità amministrative indipendenti, possono essere confermati una sola volta e sono sottoposti a un rigido statuto di incompatibilità. La Commissione regola i suoi lavori e la sua organizzazione con regolamenti propri, dispone di un contingente di personale fino a trenta unità […]

Dica il professor Ichino, in buona fede, se questa assomiglia di più a una “grigia commissione ministeriale” (la cui autonomia sarebbe “ora ridotta a un mero auspicio”) oppure a una vera e propria Autorità indipendente. […]

LA CONTROREPLICA: NON E SOLTANTO QUESTIONE DI FORMA: ALL’ORGANO CENTRALE DI GARANZIA L’AUTONOMIA MANCA NELLA SOSTANZA

Corriere della Sera, 21 giugno 2009

Ieri il ministro della Funzione Pubblica ha risposto al mio intervento di venerdì sul decreto legislativo da lui presentato al Parlamento in materia di valutazione e trasparenza nelle amministrazioni pubbliche, sostenendo che il declassamento dell’organo nazionale di garanzia da “Autorità indipendente” a commissione ministeriale costituirebbe un dato puramente formale e non sostanziale. Il ministro, però, omette di citare due passaggi del decreto stesso che introducono altrettante disposizioni incompatibili con questa tesi e – non per caso – del tutto assenti nella legge-delega n. 15/2009. Innanzitutto quella per la quale la commissione dovrà operare “in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e con il ministro dell’Economia”; il che impedisce evidentemente che essa assuma posizioni in contrasto con il Governo. Inoltre la disposizione che annulla l’autonomia organizzativa e finanziaria del nuovo organo: esso dipenderà infatti per entrambi gli aspetti dal Governo; e questo mina alla base la sua autonomia effettiva (anche questo, secondo Brunetta, è un dato puramente formale e non sostanziale?). Il ministro, infine, nulla dice circa il fatto che la nuova commissione sarà priva di qualsiasi potere sanzionatorio o di interdizione, sia di fronte alle violazioni del principio di trasparenza totale, sia di fronte a eventuali difetti di autonomia dei valutatori di ciascuna amministrazione. Quale mai “Autorità indipendente” opera in una posizione di così marcata dipendenza organizzativa dal Governo ed è così priva, nell’esercizio della propria funzione di garanzia, di poteri effettivi di prevenzione e/o sanzione?            

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