SE IL GOVERNO O IL PARLAMENTO AVESSERO VOLUTO ESCLUDERE I DIPENDENTI PUBBLICI DALL’APPLICAZIONE DELLA NUOVA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI, LA SEDE OVVIA PER FARLO SAREBBE STATA LA LEGGE-DELEGA SUL LAVORO NELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE: LA QUALE, INVECE, NON CONTIENE UNA SOLA PAROLA SULLA MATERIA DEI LICENZIAMENTI
Intervista a cura di Riccardo Bormioli, a seguito della sentenza della Corte di Cassazione del 7 giugno 2016, diffusa dall’agenzia La presse, 9 giugno 2016 – In argomento v. anche Motivare i dirigenti a esercitare le loro prerogative, 17 gennaio 2016, e le FAQ sull’applicabilità del contratto a tutele crescenti nelle amministrazioni pubbliche del dicembre 2014.
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La Corte di Cassazione sostiene: “Non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni le modifiche apportate all’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, con la conseguenza che la tutela da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento illegittimo resta quella assicurata dalla previgente formulazione della norma”. Professor Ichino, secondo lei che cosa rischia di provocare una sentenza di questo tipo nel mondo del lavoro dove le molte normative (legge Fornero e Jobs Act) rischiano di togliere certezza senza favorire occupazione e ricambio generazionale.
Occorrerà, come sempre, leggere la motivazione di questa sentenza della Cassazione. Se la Corte avesse inteso affermare una netta e radicale differenziazione della disciplina del licenziamento dei dipendenti pubblici, la sentenza si porrebbe in contrasto con una tendenza opposta, alla parificazione del trattamento fra settore pubblico e settore privato, che è in atto ormai da un quarto di secolo. Mi sembra più probabile, invece, che la Corte abbia fatto riferimento a un comma della legge Fornero (articolo 1, comma 8), che richiede un ulteriore intervento normativo di “armonizzazione” al fine dell’applicazione della stessa legge Fornero nel settore pubblico. Questa sarebbe una affermazione limitata alla sola legge Fornero, non estensibile alla riforma dei licenziamenti del 2015, che non contiene alcuna norma limitativa della propria applicabilità nel settore pubblico.
Con questa sentenza, dunque, secondo Lei, non si crea un doppio binario tra pubblico e privato con regolamentazioni diverse che potrebbe riaprire conflitti politico sindacali, vista la diversità di trattamento tra pubblico e privato.
I sindacati non possono chiedere al tempo stesso l’inamovibilità dei dipendenti pubblici e la stabilizzazione di mezzo milione di precari delle amministrazioni pubbliche. L’applicabilità della nuova disciplina dei licenziamenti anche nel settore pubblico è decisiva se vogliamo dare una qualche prospettiva di stabilizzazione a quel mezzo milione di precari: finché l’alternativa sarà tra un regime di inamovibilità pressoché assoluta e la assoluta precarietà, i precari rimarranno inevitabilmente tali. Perché se si dà a una parte dei lavoratori un regime di job property, è inevitabile che si formi poi una fascia di peripheral workers, che portano il peso di tutta la flessibilità di cui anche l’0rganizzazione pubblica ha bisogno.
Come andrà a finire?
Se il Governo o il Parlamento avessero voluto escludere i dipendenti pubblici dall’applicazione della nuova disciplina dei licenziamenti, la sede ovvia per farlo sarebbe stata la legge-delega sul lavoro nelle amministrazioni pubbliche. La quale, invece, non contiene una sola parola sulla materia dei licenziamenti. Ma la soluzione giusta c’è…
A quale soluzione si riferisce?
Quella di spostare tutta la garanzia particolare di imparzialità ed equità che è dovuta al dipendente pubblico, in considerazione della peculiarità della sua funzione, dal piano del controllo giudiziale ex post al piano della procedura interna: esattamente come si fa nei public bodies dei Paesi anglosassoni; qui potremmo anche eccedere rispetto alle esperienze anglosassoni, istituendo una commissione di prima istanza, composta da dirigenti interni, e una di seconda istanza. Ma riaffermando la piena applicabilità anche nel settore pubblico della disciplina generale dei licenziamenti, quindi con la sua differenziazione, per quel che riguarda l’apparato sanzionatorio, tra assunti prima e dopo il 7 marzo 2015. Con il beneficio per le prospettive di assunzione a tempo indeterminato dei precari, di cui ho detto sopra.
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