I GIORNALISTI RIMPROVERANO AI POLITICI IPOCRISIA E DISONESTÀ; MA NON GRAVA FORSE ANCHE SU DI LORO UN DOVERE DI VERITÀ? COME SI CONCILIA CON QUESTO DOVERE IL GRAVE, CONSAPEVOLE, FAZIOSO STRAVOLGIMENTO DEI DATI COMMESSO DAL QUOTIDIANO DIRETTO DA MAURIZIO BELPIETRO, AL SOLO FINE DI SCREDITARE LA RIFORMA DEL LAVORO?
Lettera aperta al Direttore di Libero, pubblicata dal quotidiano il 12 maggio 2016, in riferimento al modo gravemente scorretto in cui lo stesso quotidiano il giorno prima aveva dato notizia delle notizie diffuse dall’Inps circa gli esiti recenti dell’attività ispettiva dell’Istituto – Segue la replica dello stesso Direttore, Maurizio Belpietro, pubblicata di seguito alla mia lettera, che non solo non riconosce l’errore ma lo ripete, mostrando scarsa considerazione per l’intelligenza dei suoi lettori – Qui inserisco le mie contro-repliche punto per punto – In argomento v. anche il mio intervento in Senato del giorno prima.
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Caro Direttore, ho molto apprezzato, fino all’altro ieri, la qualità dell’informazione fornita dal Suo giornale in materia di lavoro, soprattutto nell’inserto dedicato a questa materia, cui ho collaborato in questi anni con numerose interviste. Con la stessa franchezza Le dico che, proprio in materia di mercato del lavoro, l’edizione di ieri di Libero ha fornito con grande evidenza una informazione gravemente sbagliata, commentata in modo fuorviante. La prima pagina titolava a caratteri cubitali: “Jobs Act, 100mila posti falsi”, presentando questo dato come fornito dall’Inps; il concetto era precisato a pagina 3 con il titolo “Il Jobs Act ha creato 100mila posti fasulli”, salvo poi leggere nell’articolo sottostante che in realtà i “contratti fantasma” secondo l’Inps sarebbero solo 20mila (perché dunque nei titoli erano indicati in 100mila?), sempre però lasciando intendere che questi 20mila inesistenti fossero in qualche modo collegati alla riforma del lavoro del 2014-15. Sta di fatto che l’Inps non ha detto affatto questo.
Per la precisione, l’Inps ha detto molto chiaramente che, su 1,6 milioni di nuovi contratti di lavoro stabili stipulati nel 2015, per i quali le imprese hanno fruito dell’incentivo economico (la c.d. “decontribuzione”), in circa 100mila è stata rilevata una irregolarità di tale fruizione. Il che non significa affatto che questi 100mila contratti di lavoro siano “falsi”, cioè inesistenti: significa, invece, che sono tutti contratti veri, i quali però, più modestamente, secondo l’Inps non dovrebbero beneficiare dell’incentivo economico. Questo viene, peraltro, affermato sulla base di un accertamento effettuato mediante un incrocio di dati informatici, cui dovrà seguire una verifica caso per caso. Quand’anche, comunque, le 100mila fruizioni irregolari risultassero tutte confermate, esse non toglierebbero proprio nulla ai due milioni di contratti a termine stipulati nel 2015; né al 49 per cento di aumento di questi contratti rispetto al 2014. Perché di questo dato – non contestato – neppure un cenno su Libero di martedì?
Quanto ai 20mila posti di lavoro falsi, inesistenti, si tratta di tutt’altro capitolo, che con la riforma del lavoro del 2014-15 e con la decontribuzione non c’entra per nulla: si tratta di frodi mirate per lo più alla fruizione indebita dei trattamenti di disoccupazione, ambientate soprattutto nel settore agricolo e nel Mezzogiorno. Ne risultano anche di più dei 20.000 di cui parlava Libero martedì. Ma non costituiscono affatto una novità dell’ultimo anno, bensì la manifestazione di una illegalità diffusa che caratterizza il nostro mercato del lavoro, soprattutto nelle regioni più povere, da molti decenni.
Per concludere, tre domande. Giustamente voi giornalisti ogni giorno che il buon Dio manda in terra rimproverate ai politici inconcludenza e promesse non corrispondenti ai fatti, quando non anche disonestà; non vi sembra che anche su di voi gravi un dovere di verità? Più precisamente, non vi sembra che, quando la politica fa qualche cosa di buono sul terreno delle riforme, essa debba essere premiata dai giornali con una informazione seria e accurata, quale che sia il colore del Governo in carica? Se anche i media che hanno riconosciuto la complessiva bontà della riforma del lavoro del 2014-15 (come ha fatto Libero nei mesi scorsi) cedono poi alla tentazione faziosa di dileggiarla senza fondamento, come possono questi stessi media ergersi credibilmente a censori dell’inconcludenza e dell’irresponsabilità dei politici?
Solitamente, a interventi come questo mio i giornali – se li pubblicano – fanno seguire repliche autodifensive, talvolta anche ritorsive nei confronti dell’autore. La mia speranza è che, invece, questa volta Libero onori il proprio nome riconoscendo di avere sbagliato. Un piccolo sacrificio di amor proprio, che restituirebbe alla testata l’autorevolezza e la credibilità appannate dall’errore commesso martedì.
LA REPLICA DEL DIRETTORE MAURIZIO BELPIETRO
(in carattere azzurro e capoverso rientrato i miei commenti punto per punto)
Caro professore, confesso che anche io apprezzo molto la qualità dei suoi interventi e dialogo volentieri con lei. Un po’ meno apprezzo il tono della sua lettera che sembra voler sostenere che Libero si sia inventata una notizia. Così non è. La direttrice Inps delle entrate, Gabriella Di Michele, ha spiegato che sono emersi circa 60mila aziende e 100mila lavoratori che hanno usufruito indebitamente dello sgravio. Che cosa vuol dire? Che 100mila persone e 60mila aziende hanno truffato l’Inps per usufruire dei vantaggi offerti dalla decontribuzione e questo abbiamo scritto.
Non è così: il titolo in prima pagina di Libero di martedì era: Jobs Act, 100mila posti falsi; e in terza pagina: Il Jobs Act ha creato 100mila posti fasulli. È una cosa molto diversa!
Che cosa vuol dire? Che 100mila persone e 60mila aziende hanno truffato l’Inps per usufruire dei vantaggi offerti dalla decontribuzione e questo abbiamo scritto. Forse erano posti già esistenti, comunque non in regola, che alle casse dell’ente previdenziale hanno procurato un danno quantificato in 600 milioni. Non le piace la sintesi giornalistica di “posti falsi”. Li chiami irregolari, ma la sostanza non cambia. Si può dire che qualche cosa non ha funzionato e che qualcuno ha ciurlato nel manico? Lei poi fa un po’ di confusione con i 20mila lavoratori fantasma, ma questa è altra cosa, che si aggiunge ai 100mila, non li sostituisce.
La confusione non la faccio io: la ha fatta lo stesso Belpietro nel suo articolo su Libero di martedì, menzionando questo dato sotto il titolo Il Jobs Act ha creato 100mila posti fasulli. Egli stesso, del resto, ora riconosce (vedi qui di seguito) che con questi posti fasulli la riforma del lavoro non c’entra proprio nulla.
I falsi lavoratori, come i falsi invalidi, ci sono sempre e soprattutto nel Mezzogiorno? E allora, che cosa vuol dire? È un buon motivo per far finta di niente? Ogni mese stiamo a contare se ci siano state venti o trentamila assunzioni e po si scopre che 20mila posti sono finti e chiudiamo un occhio, anzi tutti e due?
Al direttore di Libero nessuno chiede, ovviamente, di chiudere gli occhi sulle violazioni del diritto del lavoro: gli si chiede soltanto l’elementare correttezza di non presentare queste violazioni come prodotto della riforma del lavoro. Ma egli vuol far credere ai suoi lettori che la differenza gli sfugga.
Quanto al resto, alle considerazioni sulla serietà del lavoro svolto dai giornalisti, condivido pienamente, ma forse prima di chiedere ai giornalisti di essere scrupolosi nel proprio lavoro bisognerebbe pretenderlo anche da enti e studiosi, i quali invece di fornire dati chiari e definitivi sembrano preferire quelli oscuri e parziali, così da poterli interpretare a seconda delle necessità.
Eh no, caro Belpietro. Almeno in questo caso l’Inps è stato chiarissimo nella comunicazione dei risultati della propria attività ispettiva (qui v. particolarmente la slide n. 7). A intorbidare le acque, a riportare in modo falso il contenuto di quella comunicazione, disinformando deliberatamente i lettori, è stato solo lei, sulla prima pagina del giornale di cui lei è il direttore responsabile.
Il nostro giornale è Libero di ospitare ogni opinione, ma qualche volta anche di dissentire. Maurizio Belpietro
Con questa replica, nella quale non riconosce l’evidente errore commesso, ma al contrario lo ribadisce, il direttore di Libero non fa onore all’intelligenza dei suoi lettori: li tratta come se non fossero in grado di capire che parlare di 100mila irregolarità contributive è cosa totalmente diversa dal parlare di 100mila posti di lavoro “falsi”, “fasulli”, “fantasma”, “inesistenti” (sono gli aggettivi da lui usati in prima e terza pagina martedì scorso), per di più “prodotti dalla riforma” del 2014-15. Pur di accreditare l’idea che questa riforma abbia prodotto solo danni – così, tra l’altro, contraddicendo quello che negli ultimi mesi lo stesso suo quotidiano ha più volte riconosciuto, nell’inserto Libero Lavoro – il direttore Belpietro è disposto a vendere la propria anima di giornalista al diavolo. Col risultato di togliere al proprio giornale prestigio e autorevolezza. E di togliere credibilità anche alla sua stessa battaglia di opposizione. Anzi, col risultato di fare un buon servizio di propaganda al Governo: perché se per attaccare la riforma occorre ricorrere a queste falsificazioni, vuol dire che tutto sommato essa sta funzionando bene. (p.i.)
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