L’ORGANO CONSULTIVO RILEVA L’ECCESSIVA SEVERITÀ DELLA NORMA CHE COMMINA IL LICENZIAMENTO AL DIRIGENTE CHE NON LICENZIA L’ASSENTEISTA FRAUDOLENTO – LA SI PUÒ SOSTITUIRE CON UNA CHE IMPONGA LA RIMOZIONE DEL RESPONSABILE INCAPACE DI OTTENERE UN TASSO DI ASSENZE ALLINEATO A QUELLO DEL SETTORE PRIVATO
Testo integrale e sintesi del parere espresso dal Consiglio di Stato il 16 marzo 2016 sullo schema di decreto legislativo presentato dal Governo sulla disciplina relativa alla responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici – In argomento v. anche Quando i giudici sono corresponsabili del lassismo nel settore pubblico, in riferimento al caso dell’autista dell’Azienda dei Trasporti romana licenziato per assenteismo fraudolento, ma assolto dal giudice penale nonostante l’evidenza del reato
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Il testo integrale del parere del Consiglio di Stato 16 marzo 2016 n. 864
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UN BREVE COMMENTO
Il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo presentato dal Governo si segnala, innanzitutto, per il grande equilibrio che in esso si esprime: la piena adesione all’intendimento che ha mosso il Governo nella predisposizione del provvedimento non impedisce all’organo consultivo di muovere su singoli punti alcune puntuali e ben argomentate censure di eccesso di delega, o proposte di correzione, tutto sommato condivisibili. Proposte che a tratti sconfinano dal terreno tecnico-giuridico per suggerire anche miglioramenti stilistici, in funzione della leggibilità e chiarezza della nuova normativa.
La mia opinione, però, è che questo decreto – predisposto dal Governo in risposta all’indignazione dell’opinione pubblica di fronte ad alcuni nuovi episodi clamorosi di assenteismo fraudolento scoperti dalla polizia giudiziaria, tra i quali in particolare quello del Comune di Sanremo – rischi di alimentare un’idea sbagliata quanto diffusa: quella, cioè, che il problema del contenimento dell’assenteismo abusivo possa essere risolto con le pur necessarie misure disciplinari drastiche (sospensione cautelare immediata, licenziamento) ivi previste. Non è così. Innanzitutto va rilevato che i provvedimenti disciplinari previsti in questo schema di decreto colpiscono l’assenteismo fraudolento, che costituisce soltanto una frazione minima rispetto al fenomeno dell’assenteismo abusivo: è giusto colpirlo severamente, e il decreto da un’indicazione inequivoca in questo senso; ma non è con la minaccia del licenziamento in tronco che si può combattere con successo la parte maggiore dell’assenteismo abusivo. Il problema deve essere affrontato dai dirigenti responsabili solo in via straordinaria in chiave repressiva, con i provvedimenti disciplinari, ma in via ordinaria in chiave preventiva, con il buon esempio (e invece si dà il caso che in molti casi i tassi di assenza dal lavoro dei dirigenti siano più alti rispetto a quelli degli impiegati che da loro dipendono), con la buona organizzazione del lavoro, con la motivazione dei dipendenti, il farli sentire “attesi” e far sentir loro che la frequenza delle loro assenze eventualmente eccedente la normalità costituisce un problema, col premiare i più assidui e diligenti: tutte cose che il buon dirigente sa e può fare in molti modi, anche nel quadro normativo attuale.
Il passaggio decisivo per affrontare efficacemente il problema consiste dunque nel responsabilizzare i dirigenti competenti in relazione a un obiettivo preciso, misurabile e realistico: quello della riduzione entro un tempo ragionevole – per esempio un anno – del tasso di assenza medio delle rispettive strutture dal livello attuale (in genere, tra il 10 e il 15 per cento) e il livello che si registra mediamente nelle imprese private, che si colloca in genere fra il 3 e il 5 per cento. Dove responsabilizzare significa formalizzare l’obiettivo e chiarire che il suo mancato raggiungimento comporterà la revoca o il non rinnovo dell’incarico dirigenziale, a norma dell’articolo 21 del Testo Unico. Allora sì, vedremmo i dirigenti costretti a riappropriarsi delle prerogative dirigenziali alle quali hanno fin qui abdicato, e ad aguzzare l’ingegno per esercitarle nel modo più efficace. Tutte, non soltanto il potere disciplinare.
Nel parere dal quale queste note traggono spunto, il Consiglio di Stato ammonisce il Governo circa l’eccessività del comminare il licenziamento al dirigente che non licenzia l’assenteista fraudolento. Si può essere d’accordo con il Consiglio di Stato; a patto, però, che nel decreto o in altra forma quella disposizione venga sostituita con due altre, sicuramente più efficaci:
– una che stabilisca l’obbligo per i vertici di ciascuna amministrazione di fissare al dirigente responsabile un obiettivo preciso e misurabile di eliminazione dell’assenteismo abusivo, che implica di norma, in sostanza, l’allineamento del tasso delle assenze a quello delle imprese private;
– un’altra che disponga la revoca dell’incarico al responsabile del personale che non riesca a realizzare quell’obiettivo.
A quel punto non sarebbe più necessario che la legge entri nel dettaglio di ciò che il dirigente deve o non deve fare caso per caso: se è inquadrato come dirigente, si deve supporre che sappia come si fa. E che, con intelligenza e competenza, lo faccia per davvero.
Certo, con la riappropriazione da parte del management pubblico delle prerogative dirigenziali che gli competono cesserebbe anche la prassi – tanto diffusa nelle amministrazioni pubbliche, quanto contraria al chiaro dettato legislativo (articolo 55-ter del testo unico) – consistente nell’attivare il procedimento disciplinare soltanto nel caso in cui il comportamento abusivo sia stato rilevato dalla polizia giudiziaria, salvo contestualmente sospendere il procedimento stesso fino all’esito di quello penale, che il più delle volte si conclude con la prescrizione o il patteggiamento. Donde l’amministrazione indebitamente corriva trae scorrettamente motivo per la scandalosa reintegrazione dell’imputato con tutti gli onori. (p.i.)
SINTESI DEL CONTENUTO DEL PARERE
Il parere, dopo aver ricordato il ruolo e la natura della funzione consultiva del Consiglio di Stato, prosegue con la attenta e dettagliata ricostruzione normativa della disciplina in materia disciplinare.
Segue l’esame ricostruttivo, anche in termini di obiettivi, delle regole predisposte nello schema.
In particolare, lo schema di decreto prevede:
– l’ampliamento del novero delle ipotesi riconducibili alla fattispecie “falsa attestazione della presenza in servizio”, con la statuizione che risponde della violazione anche chi abbia agevolato, con comportamenti attivi o omissivi, la condotta fraudolenta;
– l’introduzione della sanzione della sospensione cautelare senza stipendio del dipendente pubblico nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”, da irrogarsi immediatamente e comunque entro 48 ore;
– l’introduzione di un procedimento disciplinare accelerato nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”;
– l’introduzione dell’azione di responsabilità per danni di immagine della PA nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare per assenteismo;
– l’estensione della fattispecie di reato “Omissione d’atti d’ufficio”, di cui all’artt. 328 c.p., ai casi in cui il dirigente (o il responsabile del servizio) ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che abbia attestato falsamente la propria presenza;
– l’estensione della responsabilità disciplinare del dirigente (o del responsabile del servizio) e irrogazione della sanzione del licenziamento disciplinare ai casi in cui lo stesso ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare.
Modifiche proposte.
Quanto alle modifiche proposte, vanno segnalate le osservazioni concernenti la necessità di introdurre specifici e chiari termini procedimentali, in specie in tema di contestazione dell’addebito e di preavviso per la convocazione in contraddittorio, i quali devono essere compatibili con il termine di conclusione del procedimento, ma anche idonei ad assicurare l’effettività del diritto di difesa, nonché con la specifica indicazione del dies a quo di decorrenza del termine di conclusione del procedimento.
Viene poi suggerita una riflessione, sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità, in ordine all’introduzione della sanzione disciplinare del licenziamento in capo ai dirigenti e ai responsabili di servizio per i casi previsti dal comma 3-bis, che sostanzialmente equipara il dirigente, quanto al trattamento sanzionatorio, ad un soggetto che ha concorso nella commissione dell’illecito, mentre in realtà la condotta omissiva del dirigente, cui la norma si riferisce, è una condotta successiva e diversa rispetto all’illecito posto in essere dal dipendente.
Eccesso di delega.
Di particolare rilievo appaiono le considerazioni conclusive svolte in termini di eccesso di delega, sotto due profili.
In primo luogo, è chiesta l’espunzione dal testo della disciplina concernente l’azione di responsabilità per danno d’immagine alla pubblica amministrazione, in quanto posta al di fuori della delega conferita dall’art. 17, comma 1, lett. s), l. 7 agosto 2015, n. 124. Tale disciplina appare, infatti, estranea alla materia della responsabilità disciplinare e al procedimento disciplinare, vertendosi in tema di responsabilità di diversa natura. Né è possibile indirettamente ricondurre l’istituto alla materia della responsabilità disciplinare mediante riferimento ad una ipotetica contestualità delle azioni nei confronti del pubblico dipendente, atteso che neppure questa sussiste. Ad avviso del Consiglio di Stato la formulazione della norma porta a ritenere che tale azione di responsabilità per danno di immagine si svolga e si esaurisca successivamente alla conclusione della procedura di licenziamento. Va inoltre considerato che la stessa non concerne direttamente la disciplina del lavoro con la pubblica amministrazione. Né i relativi profili di organizzazione amministrativa, attenendo piuttosto agli effetti che la violazione degli obblighi del lavoratore produce, in relazione alla tutela di interessi e beni che non riguardano direttamente il rapporto di lavoro. L’unica parte della disposizione che risulta pienamente compatibile con la previsione della lett. s) dell’art. 17 della legge delega – prosegue il Consiglio di Stato – è la prima parte del comma 3-quater, laddove prevede che “Nei casi di cui al comma 3-bis, la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei Conti avvengono entro quindici giorni dall’avvio del procedimento disciplinare”, rinvenendosi in tal caso la posizione di un mero obbligo di denuncia connesso alla commissione di fatti per i quali è avviato ed è in corso un procedimento disciplinare; collegamento che potrebbe essere rafforzato dalla espressa previsione di tale obbligo in capo all’ufficio per i procedimenti disciplinari. Da tale denuncia, e dalla segnalazione alla Corte – correttamente previste dalla norma delegata – già discende l’obbligo per la giurisdizione contabile di valutare la consistenza dei fatti, senza certo potersi escludere che il danno alla immagine debba costituire componente significativa del danno “erariale” risarcibile dal dipendente infedele.
E’ poi evidenziata l’introduzione, con riferimento alla disposizione del comma 3-quinquies, di una nuova ipotesi di omissione di atti d’ufficio ex art. 328 c.p.. Il cit. comma 3-quinquies ha infatti previsto che “Il comma 3-quinquies prevede che, per i casi di cui al comma 3-bis, l’omessa comunicazione all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, l’omessa attivazione del procedimento disciplinare e l’omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare costituiscono, a carico dei dirigenti ovvero, negli enti privi di qualifica dirigenziale, a carico dei responsabili di servizio competenti, illecito disciplinare punibile con il licenziamento; tali comportamenti configurano il reato di omissione di atti di ufficio, punito dall’art. 328 del codice penale”. Indubbia è la differenza rispetto all’art. 328 c.p. che, per la configurabilità del fatto di reato, prevede la preventiva formulazione di una richiesta, il mancato compimento dell’atto dell’ufficio e la mancata risposta per esporre le ragioni del ritardo. Trattasi, dunque, di introduzione di una nuova norma penale, in relazione alla quale non si riscontra il supporto di idonea delega legislativa. Ad avviso del Consiglio di Stato qualora il Governo, nel quadro di un inasprimento della responsabilità dei dirigenti, ed al fine di dare forte impulso alla iniziativa di controllo e denuncia dei fenomeni di assenteismo, intenda introdurre una estensione, ai comportamenti dirigenziali omissivi nei casi in esame, dell’art. 328 c.p.., sarà necessario un intervento con norma primaria giacchè la norma delegata, così come formulata, si presterebbe ad essere censurata con successo da eventuali incolpati per eccesso di delega, compromettendo così l’obiettivo finale di giusto rigore nei confronti degli assenteisti e di chi omette di denunciare i comportamenti.
Il parere quindi conclude con il suggerimento di espungere dal testo le disposizioni che attengono all’azione di responsabilità per danno d’immagine e alla responsabilità penale dei dirigenti, senza con ciò voler porre alcuna preclusione in merito e in diritto a che le stesse previsioni siano riprese in considerazione per l’inserimento in un successivo idoneo provvedimento legislativo, anche in via urgente.
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