MOLTO PROBABILMENTE LA DIFFERENZA DEL TASSO DI MORTALITÀ DEL COMUNE DI CORLETO RISPETTO AL RESTO DELLA PROVINCIA NON È DOVUTA ALL’ESTRAZIONE DEL PETROLIO, MA ALLA FRAZIONE MOLTO MAGGIORE DI POPOLAZIONE ANZIANA
Lettera del senatore Pd Gianpiero Dalla Zuanna, professore di demografia all’Università di Padova, pubblicata dal quotidiano l’Avvenire il 19 aprile 2016, con le repliche del direttore del quotidiano Marco Tarquinio e del dott. Agostino Di Ciaula, fonte della notizia cui la lettera di D.Z. si riferisce; le riporto qui con un mio breve commento – In argomento v. anche il mio articolo sul Foglio dell’8 aprile, L’ideologia del “no” a tutto e i luoghi comuni su Tempa Rossa.
Caro direttore, il vostro giornale ha dato molto risalto all’ipotesi di super-mortalità nell’area di estrazione petrolifera in Basilicata, in particolare nel comune di Corleto Perticara. I dati da voi messi in evidenza sono così allarmanti che ho smesso per un attimo i panni del senatore e mi sono rimesso a fare il mio mestiere di statistico e demografo.
Secondo l’Istat nel 2012-14 a Corleto Perticara sono stati cancellati dall’anagrafe per morte 128 cittadini. Il tasso di mortalità medio del triennio è del 16,6 per mille, il 55% in più rispetto al 10,7 per mille della provincia di Potenza. Tuttavia, gran parte di questa differenza è dovuta semplicemente a una popolazione più anziana: a Corleto gli ultrasettantenni sono il 21% della popolazione totale, contro il 16% della provincia di Potenza. Questa differenza può sembrare piccola, ma da sola spiega il 62% dell’eccesso di mortalità di Corleto rispetto alla media provinciale.
Applicando le normali tecniche di standardizzazione indiretta, nel triennio in esame l’eccesso di mortalità di Corleto rispetto alla provincia di Potenza è solo del 22%, una differenza ai limiti della significatività statistica, a causa dei piccoli numeri di Corleto.
Più in generale, prima di generare allarmi su questi temi è necessario disporre di studi approfonditi, altrimenti si prendono lucciole per lanterne, e lanterne per lucciole: solo analisi approfondite delle storie sanitarie individuali delle persone coinvolte possono portare a risultati di una qualche solidità.
Certamente, non mi sembra utile “sparare” numeri che rischiano di generare solo allarmi, senza contribuire a migliorare il controllo sulla salute pubblica.
Gianpiero Dalla Zuanna
Senatore PD e professore di Statistica e Demografia
nell’Università di Padova
LA REPLICA DEL DIRETTORE E DELLA FONTE DELLA PRIMA NOTIZIA
Ho troppa stima del professor Dalla Zuanna, oggi anche senatore della Repubblica, per prendere sotto gamba la sua valutazione statistico-demografica su Corleto Perticara, area petrolifera lucana segnata da un tasso di mortalità in netta crescita checché ne dica qualche suo collega parlamentare stranamente in vena di ridimensionamenti delle sofferenze e delle preoccupazioni altrui. Ho stima per Dalla Zuanna, ma ne ho almeno altrettanta per il lavoro dei miei colleghi, in questo caso di Pino Ciociola. E posso confermare la semplice “regola della casa” che siamo impegnati a rispettare: sul nostro giornale – come su ogni giornale degno di questo nome – le notizie si mettono a disposizione dei lettori dopo averle raccolte, verificate, valutate in sé e nel contesto in cui emergono. Tenendo conto, per esempio, che l’Eni è un’azienda “speciale”, perché capace in tutto il mondo non solo di efficacia, ma anche di rispetto – e di correzione e autocorrezione – nel rapporto coi territori in cui opera. Mi piace pensare che sia sempre così e, se per qualche motivo non è accaduto, tornerà ad accadere. Questa è la base su cui sviluppiamo anche il lavoro informativo sul “caso Val d’Agri” che – infine e per principio, secondo una visione che oggi tanti chiamano con papa Francesco di «ecologia integrale» – dà attenzione a tutto, anche se mette senza esitazioni al primo posto la realtà di vita delle persone che sono toccate dalle vicende di cronaca. I dati che abbiamo pubblicato il 6 aprile 2016 sono dati Istat, studiati ed elaborati dai Medici per l’ambiente, sezione italiana di Isde. E noi con un lavoro ulteriore di approfondimento abbiamo deciso di proporli in succinta ma utile comparazione con quelli di altre aree del nostro Paese interessate da attività a significativo impatto ambientale. Sono dati, lo sottolineo, che riguardano persone di tutte le età, anziani compresi, e non esclusi i bambini. Ricordo, in particolare, una cifra che ha scosso me e dovrebbe colpire chiunque: in provincia di Potenza nel periodo 2011-14 il tasso di ospedalizzazione per tumore maligno tra gli 0 e i 14 anni è cresciuto del 48%. La scorsa settimana (ne abbiamo dato conto su “Avvenire” del 16 aprile) l’Istituto superiore di sanità, con giusta cautela e senza conclusioni precipitose, ha fornito altri dati e valutazioni sulle crescita delle malattie oncologiche, cardiache e respiratorie nell’area. Trend che è purtroppo certo. Numeri o “sparate”? Numeri, duri e spigolosi. Numeri che fanno male e che perciò vanno maneggiati con prudenza. Il che significa senza gonfiarli, senza sottovalutarli e senza nasconderli. È ciò che abbiamo fatto. Come sempre. Come già nella nostra lunga campagna informativa sulla “terra dei fuochi”. Bisogna, infatti, fare i conti con queste realtà, senza pregiudizi, ma soprattutto senza noncuranze. Non ci sono motivi, purtroppo, per stare tranquilli. E se l’allarme suona, è solo un bene. Sono certo che, prima o poi, anche altri giornali nazionali “scopriranno” un problema che stranamente si fa fatica a considerare, e invece è serio. Voci e occhi locali si sono già alzati da tempo, e anche il settimanale l’Espresso nella sua versione on line la scorsa settimana ha, a sua volta, sollevato il coperchio. Noi per intanto, abbiamo chiesto al coordinatore del Comitato scientifico di Isde-Italia, dottor Di Ciaula, di dirci il suo parere sul controcanto del professore (e senatore) Dalla Zuanna. Leggerlo è istruttivo.
Marco Tarquinio
Direttore di Avvenire
Innanzitutto, la ringrazio, gentile senatore Dalla Zuanna, per l’attenzione rivolta ai dati che abbiamo elaborato e che sono stati divulgati da “Avvenire” e per il qualificato parere che ha offerto. Sollecitato dalle sue considerazioni – e dal direttore di questo giornale – ritengo utile proporre ulteriori elementi di riflessione. 1) Dal punto di vista demografico, lei sostiene che l’incremento del tasso di mortalità nel Comune di Corleto Perticara è dovuto prevalentemente a una popolazione colà più anziana rispetto a quella provinciale. Nel periodo da lei preso in esame per le sue elaborazioni (anni 2012-14) l’indice di vecchiaia (che, come sa, è il principale indicatore statistico utilizzato per descrivere il peso degli anziani in una determinata popolazione) è aumentato di 6,6 punti percentuali a Corleto Perticara, mentre sia a livello regionale che a livello provinciale è aumentato di 10 punti (dunque, in misura leggermente maggiore, a indicare una maggiore quota di ultrasessantacinquenni a livello provinciale e regionale). A fronte di questo, nello stesso periodo temporale, il tasso di mortalità è aumentato del 20% a Corleto Perticara mentre si riduceva di circa il 2% a livello provinciale e di circa lo 0.8% a livello regionale. 2) Rapidi incrementi percentuali di mortalità (tra il 2011 e il 2014) sono rilevabili, oltre che a Corleto Perticara, in altri comuni localizzati in prossimità della concessione “Gorgoglione” (campo “Tempa Rossa”), produttiva dal 2012: San Mauro Forte +42,9%, Gorgoglione +69,8%, Accettura +59,5%, Salandra +17,3%. Questo ovviamente, come è ben specificato negli articoli di “Avvenire”, non significa affatto attribuire responsabilità dirette (in termini di nesso di causalità) all’attività estrattiva. Tuttavia, anche alla luce delle considerazioni seguenti, questa resta una ipotesi non escludibile a priori, che impone ulteriori approfondimenti sia di tipo ambientale che epidemiologico (in particolare analisi della mortalità per età e per causa, analisi di impatto sanitario in termini di risk assessment). 3) Dal punto di vista epidemiologico non tutti, all’interno di una popolazione, hanno uguale suscettibilità all’effetto degli inquinanti ambientali. Alcune categorie (per esempio, età pediatrica, età geriatrica, gravidanza) sono più suscettibili di altre. Dunque, anche qualora la popolazione in esame fosse più vecchia di quella provinciale e regionale, questo potrebbe significare un incremento della frazione, all’interno di quella popolazione, di soggetti con maggior grado di suscettibilità agli eventuali inquinanti ambientali, soprattutto in termini di conseguenze sanitarie a breve termine (ad esempio, mortalità acuta per malattie respiratorie). 4) Concordo con lei, anche per le considerazioni espresse in precedenza, sulla necessità (ricordo ancora, ribadita già nell’articolo di “Avvenire”), di «disporre di studi approfonditi». Questa necessità deriva non solo dai dati sulla mortalità generale (quelli da lei considerati) ma anche, e soprattutto, dagli altri indicatori Istat citati nell’articolo: riduzione della speranza di vita in buona salute (11 mesi nelle donne, 6 anni negli uomini nel solo periodo 2011-2013), incremento costante e progressivo della mortalità per malattie dell’apparato respiratorio (soprattutto in provincia di Potenza), più elevati tassi di dimissione per tumori in età pediatrica, più elevati tassi di dimissione per chemioterapia in età pediatrica. Sono questi i motivi per i quali, nella mia intervista, parlo del “bisogno di rigorosi approfondimenti”, necessari sia in campo sanitario che ambientale.
A questo proposito non si può fare a meno di sottolineare con disagio come la carenza di informazioni sulla quale lei stesso concorda debba essere, ancora una volta, sanata solo per iniziativa della magistratura (che, a quanto risulta, sta procedendo al sequestro di cartelle cliniche), come abbiamo già visto accadere a Taranto e in altri siti inquinati italiani. La legge costitutiva del nostro Sistema sanitario nazionale prevede che questo debba fondarsi su tre colonne: prevenzione, cura e riabilitazione. Ma nel nostro Paese – che, ricordo, non si è nemmeno ancora dotato di una legge che renda adeguatamente operativi e obbligatori i “registri tumori” – è ancora un obiettivo lontano e le conseguenze si misurano in tutta la loro complessità e con tutte le conseguenze di cui si è discusso, proprio in casi come quello della Basilicata. Sarei felice se fossero compiuti tutti gli sforzi, soprattutto normativi, utili a migliorare l’accessibilità e il livello di conoscenza e di trasparenza delle informazioni di tipo ambientale e sanitario in maniera simile e adeguata in ogni zona d’Italia. E da cittadino sono certo, vista la sensibilità sul tema, di poter contare sul suo fattivo contributo. Cordiali saluti.
Agostino Di Ciaula
Coordinatore del Comitato scientifico di Isde-Italia, Medici per l’Ambiente
Nessuno dei dati ulteriori – tutti allusivi, nessuno concludente, neppure lontanamente – proposti in queste due repliche contraddice l’osservazione ineccepibile proposta dal professor Dalla Zuanna. Il Comitato scientifico di Isde-Italia Medici per l’Ambiente, se vuole essere davvero scientifico, farebbe bene a usare un rigore metodologico molto maggiore prima di diffondere dati statistici parziali, che, se usati in modo grossolano, contribuiscono ad alimentare idee e campagne che non lo meritano. Proprio questo grave difetto di rigore metodologico va rilevato anche nell’iniziativa del sequestro giudiziale “a strascico” delle cartelle cliniche di alcuni ospedali lucani, di cui fa cenno il dottor Di Ciaula come di una possibile fonte di informazione appropriata: come se da un provvedimento istruttorio di questo genere potesse trarsi una qualsiasi notizia attendibile circa il nesso causale tra un qualsiasi dato ambientale e un qualsiasi dato epidemiologico. Il nesso causale può essere accertato soltanto attraverso il confronto rigoroso tra ciò che accade nel territorio studiato e ciò che accade in altri territori simili per ogni altro aspetto ma non per quel dato ambientale, previa individuazione di tutte le variabili che possono influire sul fenomeno studiato. In questo ordine di idee, la pura e semplice osservazione delle cartelle cliniche degli ospedali lucani è totalmente inutile e potenzialmente fuorviante: basti ricordare il caso del drammatico aumento di casi di ricovero per tumori in una provincia, denunciato qualche anno fa incautamente da un consigliere regionale, il quale aveva soltanto omesso di considerare l’attivazione nell’ospedale del capoluogo di quella provincia di un nuovo reparto oncologico più capiente e meglio attrezzato. (p.i.)
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