PERCHÉ IN FRIULI-VENEZIA GIULIA, VENETO E TRENTINO-ALTO ADIGE SI È REGISTRATO, NELL’ULTIMO ANNO, L’AUMENTO MAGGIORE DELLE ASSUNZIONI A TEMPO INDETERMINATO E SI TORNERÀ PRIMA CHE NEL RESTO D’ITALIA AI LIVELLI OCCUPAZIONALI PRE-CRISI
Intervista a cura di Matteo Buffolo, pubblicata sul sito Venezie Post il 1° aprile 2016, in occasione dell’incontro di Vicenza sul Jobs Act con Marco Bentivogli e Oscar Giannino nell’ambito del Festival Città Impresa..
Professor Ichino, il Jobs Act ha compiuto un anno e ha portato dei primi risultati: a Nordest le assunzioni sono cresciute del 15% e sono principalmente a tempo indeterminato. Quanto ha pesato l’esonero contributivo e quanto le nuove forme contrattuali?
Una risposta precisa a questa domanda potranno darla tra qualche mese gli econometristi, sulla base dell’analisi di dati disaggregati dei quali ancora non disponiamo. Per ora possiamo formulare solo un’ipotesi basata su indizi.
Quale ipotesi?
Che lo shock economico, cioè la decontribuzione, abbia influito all’incirca per metà sui risultati del 2015, e che l’altra metà sia invece imputabile allo shock normativo: nuova flessibilità e semplificazione del rapporto di lavoro. L’ipotesi si fonda sulle differenze tra il dato generale e il dato relativo alle assunzioni di apprendisti, alle quali la decontribuzione non si è applicata, e tra il I dato di marzo-dicembre e quello di gennaio e febbraio 2015, cioè del bimestre in cui ha operato soltanto la decontribuzione.
Che prospettive si aprono per quest’anno anche alla luce degli ultimi dati Istat?
I dati Istat sui mesi di gennaio e febbraio riguardano il tasso di occupazione, sul quale la riforma può ancora influire assai poco; non il flusso delle assunzioni, sul quale invece essa può influire molto. Sul flusso, il picco di gennaio era largamente prevedibile dopo il raddoppio di dicembre; dal secondo trimestre 2016 in poi si può prevedere che l’aumento delle assunzioni a tempo indeterminato verificatosi nel 2015 si consolidi e probabilmente che si verifichi qualche aumento ulteriore. Anche perché l’effetto dello shock normativo è destinato a crescere.
Su che cosa si fonda questa sua previsione?
Sul fatto che nel primo anno di applicazione della nuova disciplina dei licenziamenti gli imprenditori potevano essere indotti a una maggiore prudenza dall’esperienza della legge Fornero del 2012, che è stata in larga parte svuotata in sede di applicazione nei tribunali. Ora invece tutti i dati disponibili indicano che la legge sta producendo l’effetto voluto di una contrazione drastica del contenzioso e di una svolta effettiva rispetto al regime precedente.
Veneto e Trentino Alto Adige sono territori abituati, di fatto, alla piena occupazione. È un miraggio tornare ai livelli pre-crisi?
Certo che no! E tutti i dati indicano che il Nord-Est tornerà a quei livelli prima del resto d’Italia.
Il Veneto è una delle regioni che ha usato forse meglio Garanzia Giovani: è una questione del modello usato o succede perché qui c’è un tessuto produttivo più recettivo?
Forse su questa migliore performance ha influito la vicinanza con la Germania e l’Austria, e prima ancora con il Trentino e l’Alto Adige, che dall’esperienza tedesca del collegamento stretto fra scuola e lavoro hanno saputo più di ogni altra regione italiana trarre insegnamento. Ma sicuramente ha influito anche la qualità del tessuto produttivo veneto, che si è rivelato positivamente reattivo alle sollecitazioni provenienti dal programma europeo Youth Guarantee e dalle novità legislative nazionali, rispetto al resto del Paese.
Nonostante questi successi, nel Nordest il 21% dei disoccupati è composto da chi non ha avuto precedenti esperienze lavorative e, dal 2008, è il segmento in maggior crescita (+141,5%). Rimane dunque un problema la disoccupazione giovanile. Sul questo fronte e su quello dell’ingresso dei giovani sul mercato del lavoro quali sono le strategie da perseguire?
Quello che manca nel nostro Paese, anche nel Nord-Est, è un servizio moderno di orientamento scolastico e professionale capace di prendere in carico uno per uno gli adolescenti all’uscita di ciascun ciclo scolastico, tracciare il bilancio delle competenze e abilità di ciascuno, aiutarlo a capire le proprie aspirazioni compatibili con il mercato del lavoro reale, indicargli le opportunità effettivamente disponibili e gli strumenti e i percorsi per accedervi. Quando, in un Paese, si registra uno scarto di trenta punti fra il tasso di disoccupazione generale e quello giovanile, la spiegazione non può consistere nel difetto della domanda di manodopera: va invece cercata nel difetto dei servizi che sono specificamente indispensabili ai più giovani.
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