I CONTRATTI COLLETTIVI CHE PROTEGGONO I DISONESTI NELLE REGIONI E NEI COMUNI

NON CI SI PUÒ STUPIRE CHE I DIPENDENTI PUBBLICI NON VENGANO LICENZIATI NEPPURE QUANDO COMMETTONO REATI GRAVI, COME LA CONCUSSIONE, O LA MOLESTIA SESSUALE NEI CONFRONTI DI ALTRI DIPENDENTI, POICHÉ A PROTEGGERLI SONO I CODICI DISCIPLINARI NEGOZIATI ALL’ARAN ANNI OR SONO

Nota tecnica sui codici disciplinari contenuti nei contratti collettivi attualmente in vigore per i dirigenti (22 febbraio 2010) e per gli impiegati (11 aprile 2008) delle Regioni e Autonomie locali, 29 febbraio 2016 – Si riferisce a questi contratti collettivi il comunicato diffuso il 29 febbraio 2016 dalla ministra della Funzione Pubblica Marianna Madia sulla necessità urgente di cambiare queste disposizioni collettive, che paralizzano il potere disciplinare nelle amministrazioni pubbliche, riducendolo a una appendice della giustizia penale..

Contratto collettivo per i dirigenti dipendenti delle Regioni, Province e Comuni, 22 febbraio 2010

Il contratto, stipulato (in sede Aran) in ritardo, per la parte normativa è riferito al periodo 2006-2009: in altre parole, è stato stipulato quando già il suo periodo di applicazione era terminato; deve però considerarsi applicabile, in base alla clausola di ultrattività temporale, anche per gli anni 2010 e seguenti.
In questo contratto il Capo II è dedicato alla responsabilità disciplinare del dirigente. L’articolo 7 contiene un “Codice disciplinare” (al quale, a norma di legge, devono conformarsi le sanzioni disciplinari irrogate ai dipendenti), i cui contenuti sono a dir poco sconcertanti per il lassismo che in essi si esprime. Per fare solo alcuni esempi:

  • per i reati di concussione – reato, evidentemente, commesso dal dirigente contro la stessa Amministrazione regionale, oltre che ai danni del cittadino – violazione del segreto d’ufficio, omissione (anche dolosa) di misure di sicurezza antinfortunistica, viene comminata soltanto una ammenda da € 200 a € 500 (comma 4, lettera e);
  • per il caso di recidiva nei suddetti reati viene comminata soltanto una sospensione da tre giorni a sei mesi, ma solo a condizione che “per la prima infrazione sia stata già irrogata la sanzione massima, oppure quando le mancanze si caratterizzino per una particolare gravità” (comma 8, lettera a): altrimenti, anche in caso di recidiva in quei reati si applica la sola ammenda;
  • ancora la sola sospensione è comminata per i reati di ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni, alterchi con passaggio alle vie di fatto nel luogo di lavoro, favoreggiamento da parte del dirigente in relazione a manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza della Regione, violenza morale, persecuzione, molestie sessuali nei confronti di dirigenti o altri dipendenti (ancora comma 8, lettere b, f, h, i).
  • si arriva al licenziamento soltanto per recidiva plurima nei reati di cui sopra (comma 9, lettere b, d ed e).

È ben vero che lo stesso comma 9 dell’articolo 7, al punto 2.2, stabilisce che, nel caso di richiesta di rinvio a giudizio del dirigente, oppure di arresto con indagini in corso, per “gravi illeciti”, possa essere disposto il licenziamento senza preavviso, in alternativa alla sospensione del procedimento disciplinare in attesa di sentenza definitiva. Ma questo assetto della disciplina collettiva produce l’effetto di porre una amministrazione, che venga a conoscenza di malversazioni di un proprio dirigente, di fronte all’alternativa tra consumare il proprio potere disciplinare con una sanzione irrisoria (la multa o la sospensione, previste dal codice disciplinare come prima punizione per i comportamenti in questione), oppure attendere che si attivi la giustizia penale, così disattendendo l’articolo 55-ter del Testo Unico del pubblico impiego, che prevede come normale la reazione disciplinare immediata dell’amministrazione interessata, salvo riapertura del procedimento disciplinare e correzione del provvedimento adottato in caso di sentenza definitiva incompatibile. Il contratto collettivo contribuisce, così, al malfunzionamento delle amministrazioni, le quali rinunciano a esercitare il controllo dovuto sul proprio funzionamento interno e a reagire subito incisivamente contro le malversazioni. Si spiega, così, anche il motivo per cui chi viene a conoscenza di un fatto di corruzione o concussione non ne informi quasi mai il vertice della struttura pubblica interessata, bensì semmai soltanto all’autorità giudiziaria: tutti sanno, infatti, che molto probabilmente la denuncia al superiore gerarchico cadrebbe nel nulla, o comunque non produrrebbe una sanzione adeguata.

L’amministrazione dovrebbe essere la prima ad accorgersi della corruzione, della truffa nella registrazione delle presenze, delle molestie sessuali contro propri dipendenti, ecc.; e il provvedimento disciplinare dovrebbe precedere quello penale; invece accade sempre l’inverso. E il contratto collettivo (almeno quello per dipendenti di Regioni e Autonomie locali) è strutturato proprio per far sì che accada l’inverso.

Nel codice disciplinare previsto da questo contratto collettivo non è neppure contemplata l’assenza ingiustificata.

L’articolo 9 di questo contratto collettivo prevede che in caso di procedimento penale il dirigente possa essere sospeso dal servizio anche se non colpito da provvedimenti restrittivi della sua libertà. In tal caso gli viene riconosciuto il 50% dello stipendio e della retribuzione individuale di anzianità. La sospensione può essere revocata, oppure, dopo i primi 5 anni, prorogata di biennio in biennio

Il contratto collettivo per gli impiegati delle Regioni, Province e Comuni, 11 aprile 2008

Nell’articolo 3 di questo contratto collettivo, anch’esso scaduto da molti anni ma sempre applicabile in forza della clausola di ultrattività, si esprime una indulgenza analoga rispetto a quella che si esprime nel contratto per i dirigenti 2010 (v. sopra) nei confronti delle mancanze dei dipendenti comuni. In particolare, per esempio:

  • viene comminata soltanto la sospensione fino a 10 giorni per molestie sessuali o stalking nei confronti di altro dipendente o terzi (comma 5, lettere j e l);
  • viene comminata soltanto la sospensione fino a 6 mesi (ma con retribuzione al 50%) per il caso di recidiva nelle mancanze punite con la sospensione più lieve, e per l’elusione dei sistemi di rilevamento elettronici della presenza (lettera g);
  • il licenziamento viene invece comminato soltanto in caso di recidiva plurima per almeno tre volte nell’anno nei reati di cui sopra (comma 7, lettera a), oppure recidiva nel biennio nel reato di molestie sessuali, “anche nei confronti di persone diverse” (!) (lettere f e g).

Anche in questo contratto collettivo compare la previsione (comma 8, lettera c) del licenziamento in tronco nel caso di condanna passata in giudicato per “gravi delitti commessi in servizio”. Ma valgono a questo proposito le osservazioni svolte sopra, in riferimento al contratto collettivo per i dirigenti. Di più: qui, addirittura, si inibisce il licenziamento anche a seguito dell’arresto o del rinvio a giudizio, richiedendosi addirittura la condanna definitiva. Col risultato che, se il dipendente patteggia la pena, il licenziamento è di fatto escluso!

 

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