“I 5S HANNO QUESTO PROBLEMA: DA UNA PARTE VORREBBERO OPERARE NEI CONFINI DEI PRINCIPI DEMOCRATICI E DELL’ALTRA SI TROVANO A FARE I CONTI COL FATTO CHE LA DEMOCRAZIA È COMPLESSA”
Lettera pervenuta il 29 febbraio 2016, in riferimento al mio editoriale telegrafico Unioni civili: quattro domande al Movimento 5 Stelle – In argomento v. il mio editoriale telegrafico Come un movimento politico distrugge la propria credibilità.
Buongiorno Prof. Ichino,
Lei pone delle domande ai 5 Stelle e mi viene da rispondere anche se non sono iscritta a questo movimento. Rispondo quindi da una posizione di cittadina e osservatrice. La sua prima domanda è: perché non hanno votato il “super-canguro” [cioè l’emendmento premissivo che avrebbe consentito di “saltare” gran parte degli emendamenti ostruzionistici – n.d.r.]? Credo che non abbiano votato il “super-canguro” per non creare un precedente. Il precedente sarebbe stato pericoloso per i 5S che si battono per ridare centralità al Parlamento ed alle discussioni che, in Aula, dovrebbero essere fatte con serietà e rispetto di regole democratiche. Il problema è che l’aula parlamentare da tempo immemore si è trasformata in una arena dove le regole civili sono andate in soffitta e ci sono parlamentari che si sentono nel giusto presentando emendamenti schifezza, fatti solo per rallentare l’iter parlamentare. Prima che Grasso dichiarasse illegittimo il “super-canguro”, ne erano stati presentati una miriade, alcuni dei quali pubblicati qui:
A me non pare affatto normale che i cittadini debbano pagare stipendi a chi fa emendamenti beffa ai soli fini ostruzionistici. Chi ha reso possibile tali condotte? Cosa non funziona nelle regole del Senato e della Camera? Queste sono domande a cui mi piacerebbe ricevere risposta. Anche solo per inquadrare la questione da un punto di vista storico.
La sua seconda domanda è perché i 5S non riescono ad essere incisivi. Questa si che è una questione, anzi direi che è la questione. Lei, anche giustamente, accusa i 5S e la minoranza Dem di non avere senso di realtà, di sacrificare in nome dei principi, la concretezza e la possibilità di portare a casa risultati. Vero nella pratica. Ma quale è il limite tra compromessi necessari e principi irrinunciabili? A questa domanda non mi so dare risposta. È il tema che coinvolge tutte le democrazie avanzate, non solo l’Italia e che, nell’esperienza personale, ha coinvolto molte persone. Partendo dal piccolo, che secondo me rende sempre semplice l’analisi, cosa posso osservare? Chiunque abbia fondato o fatto parte di piccole associazioni ONLUS prima o poi si è trovato a fare i conti col problema della rappresentanza democratica. Nelle ONLUS l’assemblea dei soci è sovrana e il voto di ogni singolo socio vale uno. Tale regola è stabilita dallo Statuto. Essere socio non significa necessariamente diventare parte attiva del lavoro del gruppo. È sufficiente fare domanda e pagare la tessera annuale. Quindi, tanto per intenderci, è capitato che alcune persone “di passaggio” si iscrivessero ad una associazione, non portassero alcun contributo concreto per anni e poi, durante una votazione decisiva, mettessero in minoranza persone che invece per quella associazione avevano dato l’anima. Magari votando senza avere alcuna idea dei problemi da affrontare o conoscenza tecnica delle questioni. Succede di continuo. E allora che fare? Limitare la rappresentanza democratica per preservare il risultato? Selezionare adeguatamente i soci per evitare questi default? Ovvio che chi si è trovato in situazioni come queste si è sentito frustrato, amareggiato, impotente. Si arriva a preferire una linea più autoritaria, meno democratica con tutte le implicazioni che questo comporta. Se è vero che il voto di ognuno vale uno, è anche vero che la mia fatica e la mia dedizione non possono essere messi in discussione da chi si limita a criticare da una posizione di comodo, senza fare nulla di concreto. Che cambia col Parlamento o addirittura con le elezioni? In Parlamento ci sono persone serie che lavorano ed altre che invece scaldano la sedia. Non ci può essere dialogo e stima tra gli uni e gli altri. Non solo: ci sono cittadini pigri che votano senza leggere, documentarsi, andare a fondo e sono facili prede della propaganda. Non a caso negli USA le campagne elettorali costano una follia ed i soldi ce li mettono sempre i grandi potentati economici per interessi propri. Eppure il voto dei “pigri” condiziona pesantemente anche la vita di chi invece si impegna tutti i giorni con senso critico. Quindi che fare? Limitare il voto a chi si impegna tutti i giorni? Comprimere le regole democratiche per avere una effettiva rappresentanza della base, libera dai condizionamenti dall’alto? Sarebbe una deriva pericolosa ed è un tema difficile visto che la democrazia ha questo vulnus interno che ancora non ha risolto.
Tutti si sono resi conto che i 5S hanno questo problema: da una parte vorrebbero operare nei confini dei principi democratici e dell’altra si trovano a fare i conti col fatto che la democrazia è complessa, spesso inefficace, lenta e persino poco equa. Chissà se questi passaggi critici possano portare a qualche soluzione. Lei che ne pensa?
Roberta Clerici
La mia risposta è contenuta nell’editoriale telegrafico citato in epigrafe. (p.i.)