IL RECUPERO DI EFFICACIA DEI SERVIZI NON SI OTTIENE CON NORME “SPOT” CHE IMPONGONO DETERMINATI COMPORTAMENTI, MA COL VINCOLARE IL MANAGEMENT AL CONSEGUIMENTO DI OBIETTIVI PRECISI E MISURABILI, COSÌ DA INDURLO A ESERCITARE FINO IN FONDO LE PROPRIE PREROGATIVE, SOPRATTUTTO PER MOTIVARE I DIPENDENTI
Dichiarazione rilasciata a Ilario Lombardo e pubblicata su la Stampa il 16 gennaio 2016 – In argomento v. anche l’articolo di Luigi Olivieri, Se il pubblico impiego ha regole uguali al privato (anche sui licenziamenti), e gli altri post ivi linkati.
Il problema, nel settore pubblico, non è soltanto quello di punire l’assenteista abusivo, o addirittura fraudolento. Per aumentare l’efficienza e l’efficacia del servizio occorre responsabilizzare i dirigenti pubblica in relazione a risultati specifici, precisi e misurabili, a 360 gradi, con la prospettiva della perdita dell’incarico in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi; solo così essi si riapproprieranno delle proprie prerogative manageriali, e incominceranno a esercitare la loro funzione principale, quella di motivare i dipendenti, e poi se necessario anche il potere disciplinare. Gli obiettivi possono riguardare l’efficienza degli uffici, essendo riferiti per esempio al tasso delle assenze, oppure all’efficacia dei servizi, essendo riferiti per esempio ai tempi di erogazione degli stessi, agli esiti osservabili, o al grado di soddisfazione degli utenti. A quel punto non occorrerebbero regole speciali per il settore pubblico, che rendono il procedimento disciplinare più difficile e a rischio di annullamento: va benissimo la normativa che si applica nel settore privato. La differenziazione delle regole genera complicazioni, che non favoriscono l’esercizio del potere disciplinare, e anche problemi di costituzionalità.