IL PUNTO SULLA CLAUSOLA PENALE PER L’INTERRUZIONE DEL TIROCINIO

QUANDO IL RAPPORTO IMPLICA UN RILEVANTE INVESTIMENTO DA PARTE DELL’IMPRESA, QUESTA (CHE NON È OBBLIGATA A COSTITUIRLO) È LEGITTIMATA A CAUTELARSI CON UNA CLAUSOLA PENALE CONTRO L’EVENTUALITÀ DEL RECESSO INGIUSTIFICATO DEL GIOVANE TIROCINANTE

Articolo di Eleonora Voltolina pubblicato sul sito Repubblicadeglistagisti l’8 gennaio 2016 .

È accettabile, e sopratutto legale, che per avviare un tirocinio un’azienda chieda all’aspirante stagista di impegnarsi formalmente a pagare una penale in caso decida di interrompere il percorso formativo prima del previsto? La domanda è stata posta alla redazione della Repubblica degli Stagisti da Francesco, un iscritto al programma Garanzia Giovani, a cui una piccola azienda ha proposto «di firmare una clausola che prevede che se interrompo il tirocinio prima dei sei mesi senza giusta causa (problemi di salute, o l’azienda mi trasferisce ecc.) devo pagare una penale». E non pochi spiccioli: «15mila euro». Una somma da capogiro, che ha spinto il giovane a voler essere sicuro, prima di firmare, che fosse tutto nel perimetro della legge. In prima battuta si è rivolto giustamente al soggetto promotore «che poi sarebbe quello che mi ha trovato questa azienda», da cui ha ricevuto rassicurazioni: «dice che è perfettamente legale». Il ragazzo ha chiesto anche un secondo parere a un avvocato e «anche lui dice che è legale perché anche nei contratti di lavoro a tempo determinato o apprendistato la legge consente queste clausole». 

Per essere proprio sicuro al 100% Francesco ha deciso di interpellare anche la Repubblica degli Stagisti: «Voi avete mai sentito di stagisti a cui avevano proposto queste clausole?». La risposta a quest’ultima domanda è… no, non ci era mai capitato prima. Abbiamo allora consultato alcune voci autorevoli in tema di lavoro, per raccogliere una risposta esaustiva e far luce sulla questione. 

stage lavoro pietro ichinoIl giuslavorista e senatore Pietro Ichino conferma che «la cosa è perfettamente legale. D’altra parte, nessuno obbliga un’impresa a offrire tirocini: l’impresa è dunque libera di offrirli sotto condizioni determinate, così come la persona interessata è libera di respingere l’offerta».

Ichino ricorda come già in passato fosse finita sotto i riflettori una situazione simile: «Il problema si era già posto l’anno scorso, quando Ryan Air aveva proposto una clausola di questo genere nell’ambito di un “pacchetto” che prevedeva stage di sei mesi in Germania, con corsi di formazione professionale particolarmente qualificati, destinati a sfociare poi nell’assunzione. Il discorso di Ryan Air era questo: io investo un sacco di soldi in questo percorso, ed evidentemente non lo farei se non sperassi alla fine di poterti assumere; voglio però essere sicura che anche tu ti impegni seriamente. In altre parole: io investo su di te, ma tu devi darmi qualche garanzia che il mio investimento non vada in fumo». 

Vista in quest’ottica, la richiesta da parte di un’azienda di firmare una clausola del genere potrebbe anche in qualche modo essere una ulteriore conferma della onestà delle intenzioni dell’azienda stessa: «La presenza di condizioni come quella denunciata dal lettore della Repubblica degli Stagisti può persino costituire una garanzia ulteriore di serietà: “a questo tirocinio partecipano soltanto persone molto motivate e convinte di voler arrivare in fondo”; “su questo tirocinio l’impresa investe parecchio, ed è quindi preoccupata di non perdere il suo investimento”» conclude il giuslavorista: «Il problema è poi quello dell’informazione sulla qualità. Io non ho la minima idea di quale sia la qualità del tirocinio nell’azienda in questione: dico però che, se ci fosse da parte sua un investimento, capirei la richiesta di una garanzia di impegno da parte della persona interessata».

Anche la Cisl, tra i più importanti sindacati italiani, ribadisce che la richiesta non si configura al di fuori della legalità. «A differenza del rapporto di lavoro» premette Roberto Benaglia, segretario regionale della Cisl Lombardia, «in cui la prestazione corrispettiva dell’impresa è il salario», la convenzione di tirocinio non costituisce rapporto di lavoro «ma una metodologia formativa: una misura di  politica attiva finalizzata a obiettivi di orientamento, occupabilità e inserimento / reinserimento lavorativo». In questo caso «la prestazione corrispettiva alle attività svolte dal tirocinante è la formazione stessa: l’impresa “ripaga” in formazione». 

stage lavoro cislPer quanto riguarda la penale Benaglia preferirebbe che si giocasse, per così dire, a carte scoperte: «Non si evince la natura dell’eventuale danno subito dall’impresa. Se per ipotesi nella convenzione ci fosse un impegno scritto di inserimento lavorativo a seguito della conclusione del tirocinio stesso, questo danno potrebbe essere in qualche modo configurato come un investimento vano da parte dell’impresa; solo in questo caso l’investimento formativo sarebbe andato effettivamente perduto».  

Sopratutto Benaglia riterrebbe opportuno che la somma posta come penale fosse proporzionata alla situazione e alle tasche del giovane disoccupato; in effetti, considerando che l’indennità mensile prevista per questo stage è di 500 euro al mese, cioè 3mila euro in totale, l’azienda vorrebbe porre una clausola del valore equivalente al quintuplo del compenso complessivo previsto a favore dello stagista. «È evidente e contestabile la palese sproporzionalità della penale: 15mila euro? Ma il tirocinio lo fa alla Nasa come astronauta?». Al di là delle battute, però, il sindacalista conferma che la situazione non è illegittima. «Non esiste infatti legge nazionale, pensiamo alle linee guida sui tirocini, oppure regionale – facendo quantomeno riferimento a quella della Lombardia – che indichi tale clausola nulla. Le parti nello stipulare la convenzione di tirocinio non sono vincolate in tal senso». 

stage lavoro cislE anzi, colpo di scena: «Anche un tirocinante potrebbe in linea teorica chiedere l’inserimento di una clausola risarcitaria per risoluzione anticipata. Quindi a priori non si configura come una clausola illegittima. Solo in sede di giudizio un giudice potrebbe, entrando nel merito del danno subito dall’impresa, stabilire se è legittima o meno» aggiunge Marta Pepe, che in Cisl lavora a fianco di Benaglia come operatrice politica esperta di mercato del lavoro.

«Sul piano sindacale si potrebbe agire sollecitando in primis l’ente promotore del tirocinio che dovrebbe farsi carico di dialogare con l’impresa per rimuovere eventuali ostacoli per la buona riuscita del tirocinio e stabilire con l’impresa delle condizioni di “qualità” per il tirocinante» conclude Roberto Benaglia: «Il soggetto promotore ha infatti, oltre a funzioni di progettazione, una funzione di garanzia della regolarità e della qualità dell’iniziativa stessa che non è intesa come garanzia giuridica, non ha funzioni ispettive in tal senso, maha sicuramente una funzione di ponte – mediatore – facilitatore». E potrebbe cercare cioè, in questo caso, di convincere l’azienda a tornare a più miti consigli – se non eliminando la clausola, quantomeno riducendo l’ammontare della penale.

Non bisogna dimenticare infatti che la possibilità di interrompere uno stage è, in effetti, uno dei diritti più importanti per uno stagista.Cosa succederebbe se semplicemente dopo le prime settimane questo ragazzo si accorgesse che quel lavoro proprio non gli piace, e non è interessato a lavorare in quel settore? Oppure se si trovasse male con i colleghi, o non si sentisse accompagnato in un percorso formativo, se avesse l’impressione di essere abbandonato dal suo tutor, e la situazione gli divenisse insostenibile?

Alla Repubblica degli Stagisti non di rado arrivano segnalazioni da giovani che si trovano male, che non vengono seguiti a dovere, che talvolta sviluppano veri e propri malesseri perché non sono a loro agio nello svolgere il tirocinio; e ci capita di suggerire di interromperlo anticipatamente. Non è una bella cosa, però a volte è necessaria; con una clausola come questa, e una penale di importo stellare, si chiude ermeticamente per lo stagista la possibilità di cambiare idea, o di reagire a una situazione di malessere che non poteva essere prevista a priori. O anche semplicemente di poter cogliere una opportunità migliore, accettando una proposta di lavoro con un contratto vero e uno stipendio vero. 

Qui allora sta forse la sintesi anche con i pareri raccolti in questo articolo: l’idea che una clausola del genere possa essere applicata solo da un’azienda che ha un serio intento di assunzione e che attraverso lo spauracchio della penale desidera solamente difendere questo suo meritevole intento dal rischio di rimanere “vittima” di stagisti incerti e inconcludenti, poco motivati e inclini ad abbandonare alla prima difficoltà. La clausola però andrebbe formulata in maniera paritaria, mettendo gli intenti di assunzione nero su bianco, in modo da motivare e bilanciare la penale.

Eleonora Voltolina

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