A SEGUITO DI UN SERRATO SCAMBIO DI LETTERE CON ALCUNI CONDANNATI ALL’ERGASTOLO PASSATI ATTRAVERSO LUNGHI PERIODI DI ARTICOLO 41-BIS, IL 4 GENNAIO HO INCONTRATO UN GRUPPO DI VENTI DI ESSI NELLA CASA CIRCONDARIALE EMILIANA, COI QUALI HO DISCUSSO APPROFONDITAMENTE I MODI IN CUI LA DISCIPLINA DELLA MATERIA E LA SUA APPLICAZIONE POSSONO ESSERE MIGLIORATE
Articolo di Ornella Favero, direttore responsabile del periodico Ristretti Orizzonti, che ha partecipato all’incontro del 4 gennaio 2015 nel carcere di Parma – Lo scambio di lettere dal quale l’incontro è nato può leggersi in Giustizia penale: lettera aperta sul 41-bis, Le prime risposte dal carcere sul 41-bis, Perché gettare la chiave può essere un delitto peggiore
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UNA LEZIONE DI DEMOCRAZIA
E AMORE PER LE ISTITUZIONI
di Ornella Favero
Perché parlo oggi di una lezione di democrazia e amore per le istituzioni da parte del senatore Pietro Ichino? Tutto è cominciato con la lettura, da parte del senatore, di un articolo di un detenuto di Ristretti Orizzonti, trasferito di recente nella sezione AS1 di Parma, sul regime del 41-bis, e con una critica, profonda e argomentata, espressa sul suo sito: “Ho letto con grande interesse su Ristretti Orizzonti l’articolo Quando ero al 41-bis la mia ragione di vita era la rabbia, nel quale Giovanni Donatiello racconta la propria esperienza nel regime di massima sicurezza del 41-bis, denunciandone la durezza. Le sue ragioni vanno considerate con grande attenzione; ma proprio perché possano essere comprese fino in fondo, occorrerebbe conoscere un’altra parte della vicenda, che invece né l’autore dell’articolo, né alcuna nota redazionale raccontano: qual era, nel periodo di applicazione del 41-bis, il modo in cui Giovanni Donatiello si rapportava con il proprio passato e in particolare con l’organizzazione criminale a cui – dobbiamo presumere – aveva appartenuto?”.
Ne è nato un confronto a più voci con la redazione DI Ristretti, pubblicato nel sito di Ichino e nel nostro, e la tappa successiva è stata che Giovanni Donatiello ha invitato il senatore a portare la discussione dentro al carcere di Parma, in una sezione fatta di detenuti che sono stati per anni rinchiusi al 41-bis. L’invito è stato subito accolto, e oggi, 4 gennaio 2016, è avvenuto l’incontro.
È stato un incontro denso, interessante, in cui molti detenuti hanno parlato della loro vita negli anni in cui sono stati sottoposti al 41-bis. Tanti i temi trattati: le restrizioni che appaiono solo afflittive, come quella di poter vedere i propri cari solo un’ora al mese, separati da un vetro, tranne per gli ultimi dieci minuti in cui i figli, se hanno meno di 12 anni, possono sì vedere il genitore senza avere un vetro in mezzo, ma vengono presi alle madri e portati da soli a incontrare un padre, che poco conoscono e con il quale faticano ad avere un rapporto vero, al punto che sono tanti i figli che portano le ferite e i traumi di un rapporto così innaturale; e poi ancora il divieto di cucinarsi del cibo decente, e la misera ora d’aria; una solo telefonata al mese per chi non fa colloquio, che costringe la famiglia a recarsi in un carcere vicino a casa per poter sentire la voce del proprio famigliare, e altre piccole torture di un regime che, se subito per dieci, anche vent’anni e più, si configura come una vera tortura. La discussione poi ha toccato il tema dei circuiti di Alta Sicurezza, e le tante contraddizioni che presentano, a partire del fatto che persone, che escono dopo anni dal 41 bis perché non hanno più nessun collegamento con le organizzazioni criminali di appartenenza, si ritrovano poi per decenni a vivere in sezioni chiuse, autentici ghetti dove non c’è nessun confronto con il mondo esterno ed è davvero difficile prendere le distanze dal proprio passato. È stato anche affrontato un tema che merita in modo particolare di essere approfondito, il tema di una possibile “dissociazione” su modello di quella che ha scardinato il terrorismo. La trascrizione dell’incontro sarà comunque al più presto disponibile nel sito di Ristretti.
Alla fine, secondo me senza nessuna forma di ricerca di un facile consenso ma per un profondo senso di come dovrebbero operare le istituzioni, il senatore Ichino si è impegnato a fare una interrogazione parlamentare sui temi affrontati, gli aspetti più controversi del 41-bis e dei circuiti di Alta Sicurezza, e ha chiesto che le persone detenute presenti possano avere in lettura il testo dell’interrogazione per potergli fornire le loro osservazioni. Cosa che il Direttore, presente alla discussione, ha garantito.
Per me, che lotto ogni giorno in carcere per il rispetto della dignità delle persone, è stata una bella boccata di ossigeno: la dimostrazione, fatta tra l’altro ai detenuti che più di tutti hanno difficoltà a rispettare le Istituzioni, provenendo da realtà dove lo Stato è spesso debolissimo, di quanto invece sia possibile rappresentare quelle stesse Istituzioni degnamente, esercitando la democrazia nel modo più giusto: ascoltando, facendo le proprie critiche anche dure, ma in modo civile, rispettando i diversi interlocutori, anche quando il confronto avviene con coloro che la legge l’hanno violata, ma che non per questo perdono il diritto di essere trattati come persone. E tutto questo è avvenuto in un carcere difficile come quello di Parma, che forse ha bisogno di respirare aria nuova.
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