I NUOVI SERVIZI AL MERCATO DEL LAVORO NEL DIRITTO EUROPEO E NEL NUOVO ORDINAMENTO FONDATO SUL DECRETO LEGISLATIVO N. 150/2015
Saggio di Bruno Caruso, ordinario di diritto del lavoro nell’Università di Catania, e Marco Cuttone, ricercatore nello stesso Ateneo, in corso di pubblicazione sulla rivista Diritto delle Relazioni Industriali, dicembre 2015 – Sono riportati qui sotto il sommario e il paragrafo conclusivo, preceduti dal link alla versione integrale del saggio – Altri documenti in argomento sono facilmente reperibili attraverso il Portale del Contratto di ricollocazione.
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VERSO IL DIRITTO DEL LAVORO DELLA RESPONSABILITÀ: IL CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE TRA EUROPA, STATO E REGIONI
di Sebastiano Bruno Caruso e Marco Cuttone
Sommario 1. Dal rapporto al mercato: cosa cambia con il Jobs Act, alcune valutazioni introduttive. – 2. Condizionalità, responsabilità e politiche attive del lavoro. – 3. “Stato manager’ e impresa sociale nel “quasi mercato” dei servizi pubblici per l’impiego. – 4. Il contratto di ricollocazione come sineddoche: contratto di partnership e diritto della regolazione. – 5. Percorsi tortuosi del contratto di ricollocazione in Italia. (segue) 5.1. …dalla legge di stabilità del 2014 all’approvazione dell’ “assegno di ricollocazione” nel Jobs Act…(segue) 5.1.1. Profili organizzativi: presupposta managerialità dei Centri per l’Impiego e riflessi sugli attori coinvolti. (segue) 5.1.2. Profili soggettivi: interconnessioni tra gli attori, servizi e forme di condizionalità. – 6. Stato e regioni nelle politiche attive. Neo centralismo e sperimentazioni regionali del contratto di ricollocazione. (segue) 6.1. Declinazioni regionali del contratto di ricollocazione: dal modello “Dote Lavoro” Lombardo… (segue) 6.2. …al “contratto di ricollocazione” in Sicilia – 7. Conclusioni. Le potenzialità del contratto di ricollocazione in sei punti.
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7. Conclusioni. Le potenzialità del contratto di ricollocazione in sei punti.
L’indagine sul contratto di ricollocazione ha evidenziato le potenzialità innovative e normative dello strumento. Esso appartiene certamente al bright side della complessa e ambiziosa riforma sintetizzata dal sintagma anglofilo Jobs Act. Ciò per una serie di convergenti ragioni che si sintetizzano a mo’ di conclusione.
a) Il contratto di ricollocazione rende normativamente e istituzionalmente visibile una delle nuove traiettorie del diritto del lavoro post fordista: quella della condizionalità e della responsabilità intesa non come mera coercizione, ma come consapevole e libero adeguamento soggettivo alle misure di accompagnamento. Mette al centro della rete di protezione pubblico-privata la persona e i suoi progetti, inducendo comportamenti proattivi e interelazionali.
b) Il contratto di ricollocazione oltre che innovativo in sé, lo è per gli effetti a cascata (sistemici) che può indurre: presupponendo non solo efficienza organizzativa e gestionale dei servizi per l’impiego, ma anche capacità manageriale e innovativa dello stato, è potenzialmente in grado di indurre cambiamenti dal basso e scalari, di organizzazione e azione, delle strutture pubbliche che dovranno renderlo operativo (Centri per l’impiego e ANPAL).
c) Il contratto di ricollocazione, di tipo relazionale, inter organizzativo e partenariale, induce modelli di regolazione multilivello, coinvolgendo attivamente attori diversi (amministrazioni, imprese, utenti in stato di disoccupazione e inoccupazione) in prassi cooperatorie, ibridando moduli di intervento amministrativo e contrattuale, dando luogo a un originale modulo di diritto della regolazione e innescando un processo di mutual learning e di isomorfismo innovativo.
d) Il contratto di ricollocazione, a costituzione invariata, consente la sperimentazione di un modello di collaborazione virtuosa e leale tra stato e regioni, per dirla con Teubner (1) mette in comunicazione riflessivamente il sistema statale con i subsistemi regionali, all’insegna della sussidiarietà verticale dinamica, ove ognuno fa le sua parte: lo stato, attraverso la sua agenzia, coordina, programma e da impulsi, mettendo in rete, istituzionalmente e digitalmente, gli attori locali, garantendo attraverso i poteri sostitutivi, il mantenimento dei livelli essenziali dei servizi per il lavoro; le regioni ricevono impulsi (vengono “irritate”) ma a loro volta ne danno attraverso sperimentazioni di innovazioni gestionali, coordinate con il centro (e non più spot).
e) Il contratto di ricollocazione contribuisce pure al dispiegamento di un modello di sussidiarietà orizzontale di tipo sociale e non mercatistica, nella misura in cui è in grado di mobilitare, nella gestione del mercato del lavoro, imprese che fanno della innovazione sociale la propria missione. In tal senso esso presuppone, sul piano gestionale e “pedagogico’, la capacità dell’attore pubblico di prevenire e correggere comportamenti opportunistici (moral hazard) attraverso l’implementazione di un efficace sistema di monitoraggio, valutazione e premialità (punto b).
f) Il contratto di ricollocazione, infine, insieme alla riforma degli ammortizzatori sociali in senso universalistico (specie se completata con l’introduzione di qualche misura di contrasto alla povertà, modello Reis (2) ) costituisce, se adeguatamente supportato nella sua implementazione, un potenziale bilanciamento, adeguato e proporzionale alle misure di flessibilità in uscita introdotte con il Contratto a tutele crescenti, all’insegna del nuovo paradigma della flexicurity.
Solo la valutazione empirica del suo funzionamento e dei suoi risultati nel tempo, dirà se si tratta di una scommessa riuscita o di una promessa non mantenuta.
(1) G.Teubner, Idiosyncratic Production Regimes: Co-evolution of Economic and Legal Institutions in the Varieties of Capitalism, Proceedings, The British Academy, 2002; id. Legal irritants: come l’unificazione del diritto da luogo a nuove divergenze, in Ars interpretandi, 2006, 11, 143 ss.
(2) Sono previste misure di contrasto alla povertà , sebbene probabilmente riferite soltanto al contrasto della povertà minorile, all’interno della legge di stabilità attualmente in discussione per l’anno 2016. L’approvazione eventuale di tali misure rappresenta un primo, ma insufficiente passo, verso l’adozione di modelli di tutela del reddito in situazioni di bisogno.
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