LA SITUAZIONE DEI SERVIZI AL MERCATO DEL LAVORO IN EMILIA ROMAGNA

LA SITUAZIONE NELLA REGIONE CONFERMA L’URGENZA DI UN PIANO NAZIONALE PER IL RILANCIO DELLA RETE DEI CENTRI PER L’IMPIEGO E DELLA LORO COOPERAZIONE CON GLI OPERATORI PRIVATI SPECIALIZZATI NELL’ASSISTENZA AI DISOCCUPATI NEL MERCATO DEL LAVORO

Lettera pervenuta il 5 dicembre 2015, che fa seguito a uno scambio risalente al gennaio 2012 (questo pure riprodotto, in coda) – Segue una mia  breve risposta – In argomento v.  anche la mia interpellanza al ministro del Lavoro del 3 novembre, l’editoriale telegrafico del 23 novembre e le Lettere dalla prima linea di diversi responsabili di Centri per l’Impiego di Lombardia e Veneto

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Buonasera Pietro. Ho tardato a scriverti perché volevo essere sicura di riportarti la situazione che vivono oggi i Centri per l’Impiego di Parma aggiornata a quella dell’intera regione Emilia Romagna. La settimana scorsa si è tenuto un incontro, organizzato dalle OOSS regionali, tra l’Assessore regionale Bianchi (Assessore a coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, scuola, formazione professionale, università, ricerca e lavoro) e tutti i dipendenti dei CPI della Regione che ha affrontato tale tema.
Ad oggi, quindi, senza esitazione posso confermarti che la situazione dei Centri per l’Impiego dell’intera Regione Emilia Romagna versa in uno stato di caos organizzativo e incertezza mai visti negli ultimi 15 anni. Ti confermo inoltre che anche qui si stanno verificando esattamente le stesse condizioni che ho letto nelle lettere a te indirizzate dai colleghi di altre Province: emorragia continua di dipendenti dei CPI ad ogni livello, sia operativo che di coordinamento, che determina di fatto non solo una perdita gravissima di competenze interne ai CPI (come avevo avuto modo di scriverti nel 2012 nei CPI dell’Emilia Romagna erano presenti veri e propri specialistici del Mercato del Lavoro), ma la concreta e quotidiana difficoltà di fornire i servizi di base ai lavoratori che entrano nei nostri uffici.
In particolare: la RER (regione emilia romagna) ha sottoscritto una convenzione con il Ministero del Lavoro in cui si impegna a gestire le politiche attive del lavoro sul territorio regionale tramite i CPI per il biennio 2016-2017 senza alcun supporto dell’ANPAL. Sembra, inoltre, che la scelta della RER sia quella di mantenere i dipendenti dei CPI in forza alle Province fino al 31/12/2017 e di distaccarli alla nascente Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro tramite un “comando oneroso”, un comando rimborsato, cioè, alle Province per i 2/3 dal Ministero del Lavoro e MEF e 1/3 dalla stessa RER. Tale riparto delle spese è assicurato fino al 31/12/2016. Nessuna certezza vi è per il 2017 e oltre. L’Agenzia regionale dovrebbe nascere a partire dal 01/01/2016, ma ad oggi non esistono atti ufficiali in merito.
L’Assessore Bianchi ha ribadito la strenua decisione della RER di mantenere a livello regionale la competenza delle politiche attive del lavoro, sottolineando l’impegno costante della RER anche sul fronte del dibattito in tema di riforma costituzionale. L’impegno è quindi quello di tenere in regione le risorse del FSE, ma ad oggi di non assumere direttamente in regione i dipendenti dei CPI.
Questa è la situazione sul fronte del riordino istituzionale.
Ma tu sai bene che il riordino istituzionale non è l’unico problema organizzativo che si trovano ad affrontare oggi i CPI e i loro dipendenti. Mi riferisco, infatti, alla riorganizzazione che i nostri uffici devono affrontare in base all’entrata in vigore del decreto legislativo 150/2015 che di fatto abolisce il decreto 181/2000 e istituisce novità davvero impattanti come la DID telematica, il nuovo patto di servizio con profilatura (tipo Garanzia Giovani) e tutti i controlli a step sullo stato di disoccupazione dei lavoratori in capo ai CPI; nonchè la necessaria sperimentazione di nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato incardinate, sembrerebbe, proprio su un anello di congiunzione chiamato Centro per l’Impiego.
A partire dal 1 gennaio 2016 i CPI dell’Emilia Romagna non rilasceranno più DID cartacee, ma l’unica possibilità per i lavoratori sarà quella di rilasciare la propria DID tramite il sito internet regionale Lavoro per Te ed accedere ai servizi e alle politiche attive del lavoro per qs tramite. Naturalmente l’INPS ha già emesso una circolare (194/2015) in cui recepisce il decreto 150/2015 ritenendo la domanda di indennità presentata dai lavoratori alla stregua della DID e mettendo a disposizione dei CPI, per i dovuti controlli di legge, la Banca dati dei percettori. Per il prossimo anno, insieme a questa certezza, abbiamo anche quella che a fianco dei CPI ci saranno soggetti privati a gestire servizi specialistici di politiche attive del lavoro per un impegno di spesa regionale pari a 10 milioni di euro. Nell’incertezza tuttavia rimangono questioni enormi, come il contenuto del patto di servizio, le modalità di collaborazione con i privati, le forme e modalità dei controlli dal effettuare, ma soprattutto la gestione di flussi di utenza a fronte di un organico ormai davvero troppo esiguo di dipendenti.
Non ti nascondo tutta la mia preoccupazione a dover gestire una riforma di tali dimensioni in un momento così difficile come questo.
Spero che a livello nazionale e regionale si arrivi al più presto possibile ad una chiara decisione rispetto al futuro dei servizi pubblici per il lavoro perchè ogni giorno che passa soprattutto i contesti d’eccellenza, come quelli che hanno caratterizzato tali servizi qui in Emilia Romagna, perdono pezzi fondamentali che difficilmente saranno recuperabili e la sensazione di sfacelo e abbandono dilaga inevitabilmente.
Grazie per l’attenzione,
Serena Brandini
Dipendente dei CPI della Provincia di Parma dal 2001
P.S. Ho deciso di ri-inoltrarti una delle due mail che ti avevo scritto la volta scorsa [v. sotto – n.d.r.], perchè non potevo credere che fosse degli inizi del 2012 e che da allora le cose siano peggiorate tanto… Potrai capire la mia tristezza e il mio sconforto.

Cara Serena, hai ragione a essere preoccupata. Spero che il dibattito in Senato sull’interpellanza che ho presentato un mese fa contribuisca a focalizzare l’attenzione del Governo e del vertice della neocostituita ANPAL sull’urgenza di un piano per porre rimedio al grave degrado delle strutture preposte a questa importantissima funzione pubblica e per lanciare in tempi brevi un nuovo modello di stretta cooperazione tra i Centri per l’Impiego e gli operatori privati specializzati nell’assistenza ai disoccupati nel mercato del lavoro. Grazie delle preziose informazioni che ci fornisci sulla situazione nella tua regione!
Pietro

LA LETTERA DEL GENNAIO 2012: “NON VEDO L’ORA DI ESSERE SFRUTTATA PER CONTRIBUIRE A CAMBIARE QUESTA NOSTRA ITALIA”

Buongiorno professor Ichino,
la ringrazio davvero molto per la risposta che mi giunge come una gradita sorpresa!
Ho avuto il piacere di ascoltare le sue parole a Parma nel convegno organizzato dal Consigliere Pinardi e leggere i suoi documenti: mi trovo assolutamente d’accordo sulla sua analisi e condivido alcune delle sue riflessioni.
Spero che abbia la pazienza di voler leggere queste mie righe: non mi capita tutti i giorni di poter interloquire con uno studioso di questi temi del suo livello.
Dal 2001 lavoro per i Centri per l’Impiego della Provincia di Parma e dal 2009 sto vivendo quotidianamente l’esperimento della CIG in deroga della Regione Emilia Romagna che, come ben conosce, ha tentato di collegare politiche del lavoro passive e attive. Dopo due anni, posso confermarle quanto lei stesso raccontava ieri nell’intervista a Oscar Giannino a Radio 24 e cioè che i famosi corsi di formazione obbligatori per i lavoratori che usufruiscono di CIG in deroga non sono riusciti a riqualificare i lavoratori e a traghettarli verso una nuova occupazione. In parte questo è ricollegabile al fatto che i suddetti corsi non vengono vissuti dai lavoratori come reali ed importanti opportunità formative, perché sostanzialmente imposti dall’alto (addirittura dall’Europa, visto che le risorse economiche a copertura della CIG in deroga provengono dal FSE, che è dedicato ad attività formative per i lavoratori occupati). Tuttavia, a sostegno della sua tesi, è mia convinzione che il principale motivo del fallimento di questo esperienza consista nel fatto che con l’inizio della CIG i lavoratori entrino in un limbo terribile: dalle aziende viene loro raccontato che sarà una fase transitoria, il sindacato spesso avvalla questa posizione aziendale e la CIG viene vissuta come periodo di “riposo” dal lavoro, finalizzato al nulla, tanto meno a una riflessione seria e accompagnata verso una ridefinizione delle competenze professionali propedeutica ad una nuova esperienza di lavoro. Mi sento di segnalarle, però, per quanto riguarda l’esperienza regionale che ho vissuto, che se ci troviamo di fronte a un fallimento, a mio avviso, non lo si deve ad una mancanza di know-how da parte dei soggetti pubblici che avrebbero dovuto gestire il passaggio del lavoratore, ma piuttosto a una difficoltà di progettazione e organizzazione del sistema nel suo complesso ad opera di altrettanti soggetti pubblici.
Un grande lavoro va fatto in questa direzione e ho la speranza che questo Governo possa affrontare le questioni “senza tabù” come più volte dichiarato dal Presidente Monti anche sostenuto da parlamentari e studiosi come lei.
Dal mio piccolo, mi piacerebbe pensare che si possa tener conto delle criticità e punti di forza delle esperienze già sperimentate sui territori. Come le dicevo, oggi molti degli operatori dei servizi pubblici per l’impiego della Regione Emilia Romagna sono degli specialisti di queste tematiche (orientamento, recruiting e selezione, counseling, outplacement… fino alla progettazione stessa dei servizi) e le Province hanno investito tempo e denaro su queste figure professionali con la certezza che il privato non sia necessariamente migliore del pubblico.
Non mi interessa tessere le lodi dei dipendenti delle Province con la finalità di inserirmi nel dibattito sull’opportunità o meno di abolire questi enti. Vorrei solo credere (e Monti mi ha ridato speranza) che quando c’è qualità ed efficienza… insomma quando c’è del buono nella pubblica amministrazione, non lo si butti via, ma lo si valorizzi, lo si sfrutti, partendo da lì, dagli sbagli e dalle positività. Lo si sfrutti quanto più possibile.
Mi creda, avvocato, non vedo l’ora di essere “sfruttata” per contribuire a rinnovare questa nostra Italia!! e non sono l’unica!
Spero di non averla tediata troppo. Sarei felicissima di poterla incontrare e poter approfondire queste riflessioni! Per ora mi accontento della sua attenzione, per cui le porgo ancora un sentito ringraziamento. Le auguro una buona serata, un buon fine settimana, ma soprattutto un buon e impegnato lavoro! A presto,
Serena Brandini

LA MIA RISPOSTA DI ALLORA

Gentile Dottoressa,
ho ricevuto dal collega Pinardi il Suo messaggio. La ringrazio della segnalazione, che è incoraggiante.
Resta il fatto che in Italia i provvedimenti di sostegno del reddito a chi perde il posto non sono quasi mai coniugati con una efficace attivazione di servizi di assistenza intensiva per l’outplacement, anche quando questi servizi sarebbero disponibili. Il risultato è che il sostegno del reddito produce sistematicamente un enorme aumento della durata dei periodi di disoccupazione.
Con viva cordialità
Pietro Ichino

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