IL CASO DELLA RIDUZIONE DEL PERSONALE ALLE CARTIERE PIGNA DI TOLMEZZO, CHE HA COINVOLTO ALCUNI LAVORATORI ASSUNTI OTTO MESI PRIMA COL CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI, NON COSTITUISCE CERTO UNA DISCONFERMA DELLA BONTÀ DELLA RIFORMA: ANZI, NE COSTITUISCE UN POSITIVO BANCO DI PROVA
Lettera pervenuta il 14 novembre 2015 – Segue la mia risposta.
Egregio prof. Ichino, mi chiamo Scalinci Diego e la seguo da alcuni anni. Sono stato, e sono tuttora, un fervente sostenitore della flexsecurity tanto da decidere di dedicare la mia tesi al tema del Diritto del Lavoro, pur laureandomi in Economia. Poi sono anche segretario del Partito Democratico di un circolo della provincia di Vicenza e quando dalle prime Leopolda, ho visto che le sue teorie potevano viaggiare sulle gambe del nostro attuale Premier ho deciso di studiare a fondo i suoi scritti e divulgarli anche nei vari incontri di partito. Infatti mi chiamano il segretario Ichiniano.
Le scrivo per una notizia che ai più, forse è scappata, ma a me ha fatto sorgere dei dubbi. Mi riferisco alla vicenda dei primi 3 licenziati post jobs act. Alle cartiere Pigna Envelopes di Tolmezzo, hanno deciso di licenziare tre dipendenti a causa del calo di commesse, dopo solo 8 mesi di assunzione. Il Fatto quotidiano che ne dà notizia (ammesso che sia un giornale) celebra (come al loro solito) la vulnerabilità della riforma del lavoro e ne esalta le lacune. Sopratutto in relazione al fatto che ora è palese che risulta conveniente per molte imprese incassare il bonus contributivo per le assunzioni e poi pagare tranquillamente l’indennizzo, lasciando il saldo in positivo, in termini di convenienza per l’impresa.
[…] Comunque ora i lavoratori saranno inseriti in un progetto di outplacement (mi corregga se sbaglio) e quindi il nuovo credo in ambito di giuslavorismo è che non si tutela il posto di lavoro, ma si tutela il reddito del lavoratore. […] 4 mensilità di indennizzo sono un disincentivo abbastanza robusto contro il rischio perverso di abuso del bonus contributi. Infine […] a 8 mesi di distanza 3 licenziati su oltre 460mila assunzioni in più a tempo indeterminato, sono esattamente il nulla. […] Un saluto
Diego Scalinci
Concordo con le osservazioni contenute in questa lettera. Il contratto a tutele crescenti non contiene – salva specifica pattuizione all’atto dell’assunzione – una clausola di durata minima, ovvero un divieto di recesso del datore prima del decorso di un certo termine. Anzi, l’intendimento del legislatore è stato proprio quello di consentire l’assunzione a tempo indeterminato anche nel caso, come quello dei tre dipendenti assunti dalle Cartiere Pigna nel marzo scorso, in cui le prospettive di durata del rapporto sono incerte. D’altra parte, sul milione di assunzioni a tempo indeterminato avvenute dal marzo scorso, quindi nel nuovo regime, sarebbe assai sorprendente che non si registrasse nessun caso di scioglimento precoce del rapporto: la nuova disciplina del licenziamento è fatta proprio per consentire che – se le cose vanno male – questo possa accadere e i lavoratori non vengano mantenuti artificiosamente in una posizione in cui sono poco o per nulla produttivi. Ma va anche detto che i lavoratori assunti nel nuovo regime che perdono il posto oggi non subiscono alcuno svantaggio rispetto a quello che sarebbe accaduto senza la riforma e senza lo sgravio contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato: essi, infatti, o non sarebbero stati assunti, oppure sarebbero stati presumibilmente assunti con un contratto a termine di tre o di sei mesi, e oggi si ritroverebbero senza quel posto di lavoro, ma anche senza l’indennizzo che invece probabilmente oggi hanno percepito; e con un trattamento di disoccupazione meno robusto. Viceversa, senza la riforma e senza l’incentivo economico per l’assunzione a tempo indeterminato, non ci sarebbe stato qualche centinaio di migliaia di assunzioni a tempo indeterminato e di conversioni di contratti a termine. Dunque qualche centinaio di migliaia di persone oggi starebbero molto peggio di come stanno. (p.i.)
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