IN MARGINE ALLO SCONTRO GOVERNO/CSM: UN MODESTO SUGGERIMENTO AI GIUDICI

I MAGISTRATI POSSONO FARE MOLTISSIMO, ANCHE A LEGISLAZIONE INVARIATA, PER RIDURRE I TEMPI DELLA GIUSTIZIA CIVILE, COSÌ GUADAGNANDO PRESTIGIO E CREDIBILITÀ AGLI OCCHI DELLA CITTADINANZA

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 366, 2 novembre 2015.

Nell’ormai pluridecennale scontro fra politici e magistrati, culminato nel braccio di ferro di questi giorni tra CSM e Governo, vedo qualche ragione e qualche torto da entrambi i lati. Quale che sia l’esito del confronto, però, quello che più mi preoccupa è lo scarso prestigio di cui godono i giudici agli occhi della gente comune, che non li sente al proprio servizio. Perché la risposta dei tribunali a chi chiede l’attuazione di un contratto o il risarcimento di un danno è così irragionevolmente lenta, macchinosa, e quindi costosa, da rendere questa giustizia di fatto utile soltanto nelle controversie per importi molto elevati, non per quelle che interessano alla gente comune. Qui i giudici hanno una responsabilità gravissima: perché essi potrebbero ridurre di tre quarti i tempi dei giudizi civili, anche a legislazione invariata, organizzando e programmando meglio il loro lavoro e assoggettandolo a un controllo autogestito molto più rigoroso, per costringere gli uffici e i magistrati più lenti ad allinearsi alla media. Se, come accade diffusamente, in una stessa sezione di tribunale alcuni giudici fanno registrare tempi medi doppi o persino quadrupli rispetto ai propri colleghi, il margine di miglioramento possibile è evidentemente molto ampio. E se le stesse grandi differenze si registrano fra tribunale e tribunale, questo significa che c’è un ulteriore margine molto ampio di miglioramento. Quando i magistrati daranno il colpo di reni necessario, incominciando a praticare organizzazione, programmazione e controllo con il rigore dovuto nei confronti delle strutture e delle persone meno efficienti e corrette, non tutti certo, ma molti dei mali della giustizia guariranno. Miglioreranno anche molto l’immagine e il prestigio della magistratura agli occhi dell’opinione pubblica; e conseguentemente i suoi rapporti con la politica.

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