NEL DECRETO SI PARLA DI “ASSEGNO ” E NON DI “CONTRATTO” DI RICOLLOCAZIONE – MA QUESTO TIPO NEGOZIALE, PREVISTO DA ALTRE NORME LEGISLATIVE, RESTA UN GENUS, NEL QUALE RIENTRANO SIA GLI STRUMENTI ATTIVATI DA 4 REGIONI, SIA L’EVENTUALE “CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE” CHE L’ANPAL PUÒ ATTIVARE UTILIZZANDO L'”ASSEGNO”
Lettera pervenuta il 22 ottobre 2015 – Segue la mia risposta.
Egregio professore, da articoli apparsi in questi giorni sulla stampa emergerebbe che l’assegno di ricollocazione istituito dal nuovo decreto legislativo 150/2015, art. 23, sostituirebbe il contratto di ricollocazione previsto dal decreto legislativo 22/2015 all’art. 17. (Cfr. La notizia riportata dal sito Ipsoa). Non avendo trovato la norma che abroga il contratto di ricollocazione, supponendo che le due misure potrebbero coesistere perché finalizzate a target di ex-lavoratori diversi, le chiedo cortesemente un suo autorevole parere in merito. Certo di un suo riscontro le invio i più cordiali saluti e colgo l’occasione per ringraziarla del suo infaticabile e preziosissimo contributo sulla riforma del mercato del lavoro italiano.
Luciano Poleggi
Il contratto di ricollocazione costituisce un tipo di negozio riconosciuto dall’ordinamento a più riprese: in primo luogo con il comma 215 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2014 (l. n. 247/2013); poi con la legge-delega n. 183/2015, articolo 1, comma 4, lettera p), dove si parla di “accordi per la ricollocazione”; infine e con l’articolo 17, comma 1, del decreto n. 22/2015, dove si torna a menzionare il “contratto di ricollocazione”. Ciascuna delle tre norme indicate è attualmente in vigore. A questo tipo di negozio fanno, poi, riferimento diverse iniziative regionali di politica attiva del lavoro, con leggi e delibere di giunta adottate tra il 2014 e il 2015 (mi riferisco in particolare a quelle del Lazio, Veneto, Sicilia e Sardegna, reperibili agevolmente attraverso il Portale del Contratto di ricollocazione). Ora, nel decreto n. 150 del settembre scorso si menziona soltanto l'”assegno” e non il “contratto” di ricollocazione: in questa opzione lessicale si esprime probabilmente la ben nota resistenza della struttura ministeriale (cui la redazione della disposizione è dovuta) all’idea che il nuovo strumento di politica attiva si fondi su di un atto di autonomia negoziale cui partecipino, con il soggetto pubblico, due soggetti privati (la persona interessata e l’operatore specializzato dalla stessa prescelto): rinvio in proposito ancora ai documenti reperibili attraverso il Portale del Contratto di ricollocazione. Sta di fatto, però, che nell’espressione “assegno di ricollocazione” contenuta nella rubrica e nel testo dell’articolo 23 del decreto legislativo n. 150/2015 ben può oggettivamente leggersi anche un riferimento al tipo negoziale del contratto di ricollocazione istituito mediante le disposizioni legislative sopra citate: in questo ordine di idee, dunque, l’assegno di ricollocazione di cui all’articolo 23 ben può costituire, per così dire, un pezzo del meccanismo, più precisamente una parte dell’oggetto del contratto di ricollocazione, corrispettiva rispetto al servizio di assistenza e all’impegno di disponibilità del disoccupato interessato, che ne costituiscono le altre due parti. In altre parole: la formulazione dell’articolo 23 consente l’erogazione del voucher da parte del Centro per l’Impiego sia come atto amministrativo tradizionale, senza stipulazione di un “contratto” con il beneficiario, sia come atto di esecuzione di un contratto di ricollocazione vero e proprio, come è previsto nei programmi regionali sopra ricordati. A questo punto spetterà all’ANPAL, nell’esercizio della sua funzione di indirizzo e programmazione, decidere se le politiche attive del lavoro statali valorizzeranno o no l’idea originaria, cui tre leggi dello Stato fanno pur sempre riferimento. (p.i.)
.