IL FENOMENO DI CUI SIAMO SPETTATORI ORMAI DA MOLTO TEMPO HA ORMAI POCHISSIMO A CHE VEDERE CON LA NOZIONE DI SCIOPERO A CUI FACEVANO RIFERIMENTI I COSTITUENTI
Brano estratto da un messaggio pervenuto da una lettrice il 14 ottobre 2015 – In argomento v. anche il mio disegno di legge 14 luglio 2015 n. 2006.
[…] Non le sembra che le proposte sue e del senatore Sacconi vadano ben al di là della regolazione dello sciopero nei servizi pubblici, a norma dell’articolo 40 della Costituzione, sconfinando in una drastica riduzione di questo diritto costituzionale? […]
R.C.
Il punto è che ciò di cui parliamo oggi, sotto il titolo “sciopero”, ha pochissimo a che vedere con la nozione di “sciopero” a cui all’origine faceva riferimento il legislatore costituente. Ricordo in proposito ancora una volta quanto disse allora Giuseppe Di Vittorio: «L’impronta con la quale il diritto di sciopero rinasce nella legislazione italiana, dopo tanti anni di divieto, la solennità con la quale rinasce è tale, il senso di misura e il senso di fiducia sono tali, che noi possiamo augurarci che questo senso di misura e di fiducia presieda all’esercizio del diritto di sciopero negli anni futuri» (Atti dell’Assemblea Costituente, seduta pomeridiana del 12 maggio 1947, vol. II, pagg. 1655-1656). Quel senso di misura, nel settore dei trasporti pubblici – e in particolare di quelli locali – si è perso per strada. In questo settore lo sciopero ha perso del tutto il carattere di evento straordinario: è diventato un evento ordinario, che si ripete con assoluta regolarità una volta al mese, quando non ogni due settimane, quasi sempre nella giornata del venerdì. Questa regolarità del suo ripetersi fa sì che si perda anche il nesso tra sciopero e conflitto: tanto che alla Commissione di Garanzia si registrano “prenotazioni” di proclamazione di scioperi, nelle “finestre” temporali disponibili, anche con sei mesi di anticipo, sempre di venerdì, quasi mai da parte dei sindacati confederali, con la giustificazione (addotta da sindacatini minoritari) che così si acquisisce lo spazio necessario per l’astensione “occupando la casella”, la motivazione poi si troverà. Lo sciopero mensile del venerdì, divenuto ormai un dato costante nei trasporti pubblici locali, non ha più nulla a che vedere con lo sciopero a cui pensavano i costituenti anche per un altro aspetto: quello era una azione di lotta dei lavoratori per rafforzare il proprio potere negoziale collettivo nei confronti del datore di lavoro, mentre questo è diventato prevalentemente un’arma usata dai sindacati minoritari per acquistare visibilità e spazio ai danni dei confederali; dunque uno strumento di lotta tra sindacati. Infine, queste astensioni dal lavoro sono rivolte interamente contro gli utenti, ma non contro il datore di lavoro: l’azienda municipale dei trasporti non soltanto non ne subisce un danno, ma addirittura ci guadagna, in termini di riduzione dei costi retributivi, di carburante, di usura dei mezzi, di danni da risarcire per incidenti stradali, mentre gli introiti da contributi municipali o regionali e da abbonamenti non subiscono alcuna riduzione. Questo è il motivo per cui sono all’esame del Parlamento tre disegni di legge volti a integrare la disciplina dello sciopero nei servizi pubblici con disposizioni atte a impedire lo snaturamento dello sciopero a cui si assiste nel settore dei trasporti pubblici.
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