D.LGS. N. 80/2015: CONCILIAZIONE DEI TEMPI DI VITA E DI LAVORO

MISURE PER LA CONCILIAZIONE DELLE ESIGENZE DI CURA, DI VITA E DI LAVORO

Testo del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 80, emanato in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge-delega 10 dicembre 2014, n. 183, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 24 giugno 2015, n. 144.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Vista la legge 10 dicembre 2014, n. 183, recante: «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro», e in particolare l’articolo 1, commi 8 e 9, che conferisce delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la revisione e l’aggiornamento delle misure volte a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

Visto il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.”;

Visto il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119, recante: «Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi.»;

Vista la legge 8 marzo 2000, n. 53, recante: «Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città.»;

Vista la legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante: «Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.»;

Visto il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante: «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province.»;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 20 febbraio 2015;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione dell’11 giugno 2015;

Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e per la semplificazione e la pubblica amministrazione;

EMANA

il seguente decreto legislativo:

D.Lgs. 15/06/2015, n. 80  – Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 giugno 2015, n. 144, S.O.

Art. 1. Oggetto e finalità delle misure

 1. Le disposizioni del presente decreto legislativo, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, recano misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori.

Art. 2. Modifiche all’articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di divieto di adibire al lavoro le donne

1. Al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 16, comma 1, la lettera d) è sostituita dalla seguente:

«d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.»;

b) dopo l’articolo 16 è inserito il seguente:

«Art. 16-bis (Rinvio e sospensione del congedo di maternità). – 1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino.

2. Il diritto di cui al comma 1 può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa.».

Art. 3. Modifiche all’articolo 24 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico

1. All’articolo 24 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. L’indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall’articolo 54, comma 3, lettere a), b) e c), che si verifichino durante i periodi di congedo di maternità previsti dagli articoli 16 e 17».

 

Art. 4. Modifiche all’articolo 26 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo di maternità nei casi di adozione e affidamento

1. All’articolo 26 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

«6-bis. La disposizione di cui all’articolo 16-bis trova applicazione anche al congedo di maternità disciplinato dal presente articolo.».

 

Art. 5. Modifiche all’articolo 28 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo di paternità

1. All’articolo 28 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:

a) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, si applicano anche qualora la madre sia lavoratrice autonoma avente diritto all’indennità di cui all’articolo 66».

1-ter. L’indennità di cui all’articolo 66 spetta al padre lavoratore autonomo, previa domanda all’INPS, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il padre lavoratore che intende avvalersi del diritto di cui ai commi 1 e 1-bis presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L’INPS provvede d’ufficio agli accertamenti amministrativi necessari all’erogazione dell’indennità di cui al comma 1-ter, con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.».

 

Art. 6. Modifiche all’articolo 31 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo di paternità nei casi di adozione e affidamento

1. All’articolo 31 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il congedo di cui all’articolo 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore anche qualora la madre non sia lavoratrice. L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero del lavoratore.».

 

Art. 7. Modifiche all’articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo parentale

1. All’articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1 le parole: «nei primi suoi otto anni di vita» sono sostituite dalle seguenti: «nei primi suoi dodici anni di vita»

b) dopo il comma 1-bis è inserito il seguente:

«1-ter. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Nei casi di cui al presente comma è esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico.»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Ai fini dell’esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l’inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.».

 

Art. 8. Modifiche all’articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di prolungamento del congedo parentale

1. All’articolo 33, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, le parole: «entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino» sono sostituite dalle seguenti: «entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino».

Art. 9. Modifiche all’articolo 34 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di trattamento economico e normativo

1. All’articolo 34 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «fino al terzo anno» sono sostituite dalle seguenti: «fino al sesto anno»;

b) al comma 3 dopo le parole: «è dovuta» sono inserite le seguenti: «, fino all’ottavo anno di vita del bambino,».

Art. 10. Modifiche all’articolo 36 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo parentale nei casi di adozione e affidamento

1. All’articolo 36 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 2 le parole: «entro otto anni dall’ingresso del minore in famiglia» sono sostituite dalle seguenti: «entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. L’indennità di cui all’articolo 34, comma 1, è dovuta, per il periodo massimo complessivo ivi previsto, entro i sei anni dall’ingresso del minore in famiglia.».

 

Art. 11. Modifiche all’articolo 53 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di lavoro notturno 

1. All’articolo 53, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo la lettera b), è aggiunta la seguente:

«b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa.».

 

Art. 12. Modifiche all’articolo 55 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di dimissioni

1. All’articolo 55 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell’articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso.»;

b) il comma 5 è abrogato.

 

Art. 13. Modifiche all’articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335

Dopo l’articolo 64 sono inseriti i seguenti:

«Art. 64-bis (Adozioni e affidamenti). – 1. In caso di adozione, nazionale o internazionale, alle lavoratrici di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme obbligatorie, spetta, sulla base di idonea documentazione, un’indennità per i cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia, alle condizioni e secondo le modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, adottato ai sensi dell’articolo 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Art. 64-ter (Automaticità delle prestazioni). – 1. I lavoratori e le lavoratrici iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritti ad altre forme obbligatorie, hanno diritto all’indennità di maternità anche in caso di mancato versamento alla gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente.».

 

Art. 14. Modifica del capo XI del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151

1. La rubrica del capo XI è sostituita dalla seguente: «Lavoratori autonomi».

 

Art. 15. Modifiche all’articolo 66 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di indennità di maternità per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole

1. All’articolo 66 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. L’indennità di cui al comma 1 spetta al padre lavoratore autonomo, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.».

Art. 16. Modifiche all’articolo 67 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di modalità di erogazione dell’indennità di maternità per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole

1. All’articolo 67 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:

a) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. L’indennità di cui all’articolo 66, comma 1-bis, è erogata previa domanda all’INPS, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padre lavoratore autonomo ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. In caso di adozione o di affidamento, l’indennità di maternità di cui all’articolo 66 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto all’articolo 26.».

 

Art. 17. Modifica del capo XII del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151

1. La rubrica del capo XII è sostituita dalla seguente: «Liberi professionisti».

Art. 18. Modifiche all’articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di indennità di maternità per le libere professioniste

1. All’articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 3-bis è aggiunto il seguente:

«3-ter. L’indennità di cui al comma 1 spetta al padre libero professionista per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre libera professionista o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.».

 

Art. 19. Modifiche all’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di termini e modalità della domanda per l’indennità di maternità per le libere professioniste

1. All’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. L’indennità di cui all’articolo 70, comma 3-ter è erogata previa domanda al competente ente previdenziale, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padre libero professionista ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.».

 

Art. 20. Modifiche all’articolo 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di indennità di maternità per le libere professioniste nei casi di adozione e affidamento

1. All’articolo 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. In caso di adozione o di affidamento, l’indennità di maternità di cui all’articolo 70 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto all’articolo 26.»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. La domanda deve essere presentata dalla madre al competente ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti entro il termine perentorio di centottanta giorni dall’ingresso del minore e deve essere corredata da idonee dichiarazioni, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestanti l’inesistenza del diritto a indennità di maternità per qualsiasi altro titolo e la data di effettivo ingresso del minore nella famiglia.».

 

Art. 21. Modifiche all’articolo 85 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante disposizioni in vigore

1. All’articolo 85 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 sono soppresse le lettere m) e z);

b) al comma 2, la lettera h) è sostituita dalla seguente:

«h) il decreto del Ministro della sanità 10 settembre 1998;».

 

Art. 22. Modifiche agli articoli 11 e 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, in materia di lavoro notturno

1. Al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 11, comma 2, dopo la lettera b), è inserita la seguente:

«b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa;»;

b) all’articolo 18-bis, comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «lettere a), b)» sono inserite le seguenti: «b-bis) e».

 

Art. 23. Disposizioni in materia di telelavoro

1. I datori di lavoro privati che facciano ricorso all’istituto del telelavoro per motivi legati ad esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in forza di accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono escludere i lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti.

 

Art. 24. Congedo per le donne vittime di violenza di genere

1. La dipendente di datore di lavoro pubblico o privato, con esclusione del lavoro domestico, inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio di cui all’articolo 5-bis decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, ha il diritto di astenersi dal lavoro per motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi.

2. Le lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio di cui all’articolo 5-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento del percorso di protezione, per il periodo corrispondente all’astensione, la cui durata non può essere superiore a tre mesi.

3. Ai fini dell’esercizio del diritto di cui al presente articolo, la lavoratrice, salvo casi di oggettiva impossibilità, è tenuta a preavvisare il datore di lavoro o il committente con un termine di preavviso non inferiore a sette giorni, con l’indicazione dell’inizio e della fine del periodo di congedo e a produrre la certificazione di cui ai commi 1 e 2.

4. Durante il periodo di congedo, la lavoratrice ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa. L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti all’ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l’assicurazione per le prestazioni di maternità, l’indennità di cui al presente comma è corrisposta con le modalità di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33. Tale periodo è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, nonché ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.

5. Il congedo di cui al comma 1 può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell’arco temporale di tre anni secondo quanto previsto da successivi accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, delle modalità di fruizione del congedo, la dipendente può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.

6. La lavoratrice di cui al comma 1 ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.

7. Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva.

 

Art. 25. Destinazione di risorse alle misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata

1. In via sperimentale, per il triennio 2016-2018, una quota pari al 10 per cento delle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, di cui all’articolo 1, comma 68, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni, è destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, secondo i criteri indicati al comma 2.

2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definiti criteri e modalità per l’utilizzo delle risorse di cui al comma 1 sulla base delle linee guida elaborate ai sensi del comma 3, attraverso l’adozione di modelli finalizzati a favorire la stipula di contratti collettivi aziendali. Il medesimo decreto definisce ulteriori azioni e modalità di intervento in materia di conciliazione tra vita professionale e vita privata, anche attraverso l’adozione di linee guida e modelli finalizzati a favorire la stipula di contratti collettivi aziendali.

3. All’elaborazione delle linee guida ed al coordinamento delle connesse attività di monitoraggio degli interventi di cui al comma 2 provvede una cabina di regia di cui fanno parte tre rappresentanti designati dal Presidente del Consiglio dei ministri o, rispettivamente, ove nominati, dal Ministro delegato per le politiche della famiglia, dal Ministro delegato per le pari opportunità e dal Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da un rappresentante designato dal Ministro dell’economia e delle finanze, e da un rappresentante designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali che la presiede. Ai componenti della cabina di regia non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o emolumento comunque denominato. All’attuazione di quanto previsto dal presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Art. 26. Disposizioni finanziarie

1. Agli oneri derivanti dagli articoli da 2 a 24 valutati in 104 milioni di euro per l’anno 2015 si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

2. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15, 16 e 24 si applicano in via sperimentale esclusivamente per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell’anno 2015 medesimo.

3. Il riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 è condizionato alla entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria.

4. Nel caso in cui non entrino in vigore i provvedimenti di cui al comma 3, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con riferimento alle giornate di astensione riconosciute a decorrere dall’anno 2016, le disposizioni modificate dagli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 si applicano nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del presente decreto.

 

Art. 27. Clausola di salvaguardia

1. Ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche avvalendosi del sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, provvedono al monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni introdotte dal presente decreto. Nel caso in cui si verifichino, o siano in procinto di verificarsi, scostamenti rispetto alle previsioni di spesa di cui all’articolo 26, il Ministro dell’economia e delle finanze provvede, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto alla rideterminazione dei benefici previsti dai precedenti articoli, avuto riguardo, in particolare, a quanto previsto dagli articoli da 7 a 10. In tal caso, il Ministro dell’economia e delle finanze riferisce alle Camere con apposita relazione ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della citata legge di contabilità e finanza pubblica.

 

Art. 28. Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

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