L’ASSEMBLEA SINDACALE DI QUATTRO ORE CONVOCATA PER IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA È L’EMBLEMA DI UN SINDACATO AL QUALE DELLA SCUOLA STESSA, DEGLI STUDENTI E DEI CITTADINI IN GENERALE NON INTERESSA NIENTE
Intervista a cura di Mauro Bonciani, pubblicata sul Corriere Fiorentino il 9 agosto 2015 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico Per la difesa del diritto di sciopero contro lo sciopero del 7,5 per cento
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Professore i sindacati a Firenze, nel primo giorno di scuola, hanno indetto una assemblea di docenti e personale: non è un modo non corretto per boicottare il primo giorno di scuola?
Tecnicamente, è un abuso del diritto di assemblea, cioè l’esercizio di questo diritto essenzialmente finalizzato a recare un danno alla controparte, come se si trattasse di una astensione per sciopero.
Non era più coerente scioperare?
Certo. Ma il l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici, tra i quali la scuola, è soggetto a regole procedurali e sostanziali. E comporta la perdita della retribuzione. Il diritto di assemblea no.
Perché no?
È una lacuna dello Statuto dei lavoratori che va colmata. Per questo, proprio a metà luglio abbiamo presentato un disegno di legge, mirato, tra l’altro, a contemperare il diritto di assemblea con i diritti degli utenti.
Parla del disegno di legge sullo sciopero nei trasporti pubblici?
Sì, ma la seconda parte del disegno di legge, in materia di assemblea sindacale, modifica l’articolo 20 dello Statuto affermando che l’assemblea non può produrre l’effetto dell’interruzione di alcun servizio pubblico: non si riferisce solo ai trasporti.
Utilizzano l’assemblea al posto dello sciopero a Firenze perché qui Renzi è stato sindaco e quindi si conta su di una visibilità maggiore?
Può essere che in questo caso ci sia anche un motivo di questo genere. Ma nel settore scuola, e in particolare della scuola materna, l’assemblea che interrompe il servizio è sempre stata largamente praticata.
Si aspettava una contestazione dura alla riforma della scuola?
Considerati tutti i precedenti, non era difficile prevederlo. Stupisce, però, che i sindacati confederali non si rendano conto di quanto sia di retroguardia questa battaglia: è essenzialmente una lotta contro la cultura della valutazione.
La valutazione fa paura?
A una minoranza di insegnanti sì. Ma il sindacato ne fa una battaglia di portata ben più ampia: si oppone a una scuola nella quale l’interesse prioritario sia quello degli studenti.
Protestano anche perché l’assunzione dei precari costringerà molti a trasferirsi.
Appunto: per loro l’unica cosa che conta deve essere l’interesse degli addetti. Se occorre un professore di matematica a Rovigo e non a Pavia, ma il precario sta a Pavia, secondo loro lo si dovrebbe assumere in soprannumero a Pavia, lasciando scoperta la cattedra a Rovigo.
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