LE MODIFICHE APPORTATE DALLA CAMERA RIGUARDANO, TRA L’ALTRO, LA SEMPLIFICAZIONE PER I NUOVI INSEDIAMENTI E PER L’ESERCIZIO DEI DIRITTI – MA IN TEMA DI LAVORO PUBBLICO SI MANIFESTA ANCORA, MARGINALMENTE, UNA VECCHIA TENDENZA A PRIVILEGIARE L’INTERESSE DELL’ADDETTO RISPETTO A QUELLO DELL’UTENTE
Relazione che svolgerò il 28 luglio 2015 alla Commissione Lavoro sul disegno di legge n. 1577-B, tornato all’esame del Senato per la terza lettura – In proposito v. anche la relazione svolta in sede di prima lettura nell’ottobre 2014.
Relazione all’11a Commissione, Lavoro e Previdenza sociale, sull’A.S. n. 1577-B, “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”
Sul contenuto di questo disegno di legge in materia di impiego pubblico e di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, che ci accingiamo a esaminare in terza lettura, e in particolare sulle parti di interesse della nostra Commissione, rinvio per brevità a quanto già a suo tempo esposto nell’ottobre scorso nella relazione svolta in sede di prima lettura.
Tra le modifiche e integrazioni di maggior rilievo introdotte dalla Camera segnalo positivamente, in particolare, quelle mirate alla semplificazione e accelerazione di procedimenti amministrativi relativi a insediamenti produttivi di maggiori dimensioni (anche se l’obiettivo dovrebbe essere quello di una semplificazione e una accelerazione generalizzate, di cui possano fruire anche i nuovi insediamenti produttivi di dimensioni minori) e le integrazioni mirate alla semplificazione delle condizioni di esercizio dei diritti e dell’accesso ai servizi da parte dei cittadini interessati. Segnalo inoltre, qui non senza qualche perplessità, l’integrazione introdotta dalla Camera in tema di disciplina del trasferimento su richiesta del personale interessato, che sembra attribuire peso prevalente all’interesse personale del dipendente rispetto all’interesse dell’amministrazione; torneremo su questo punto a suo luogo.
Sarebbero stati auspicabili alcuni perfezionamenti del disegno di legge con riferimento ad aspetti, sottolineati nel nostro parere del 21 ottobre scorso, relativi all’interesse generale alla riduzione della spesa pubblica improduttiva, e in particolare al controllo della congruità del costo delle attività affidate alle società partecipate, che oggi troppo sovente vengono tenute in vita più per evitare crisi occupazionali che per una loro effettiva utilità sul piano operativo. Tuttavia su questa materia specifica, poiché non sono state apportate modifiche al testo del disegno di legge dalla Camera, il testo stesso non potrà essere modificato neppure in terza lettura.
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In tema di trattamento economico e normativo dei dipendenti pubblici va osservato che questa nostra terza lettura del provvedimento si colloca temporalmente in singolare coincidenza con l’emanazione di una decisione molto importante della Corte costituzionale: la sentenza 23 luglio 2015 n. 178. Nel porre fine, con questa decisione, al blocco della contrattazione collettiva nel settore pubblico, disposta dal legislatore nel 2010 e successivamente due volte prorogata, la Corte riafferma tre punti che anche il Parlamento deve tenere presenti nel discutere il provvedimento qui in esame. Innanzitutto il principio secondo cui alla contrattazione collettiva nel settore pubblico spetta non soltanto il compito di aggiornare i livelli minimi di trattamento vigenti (che la Corte considera ancor oggi rispettosi del principio del giusto trattamento ex articolo 36 Cost., nonostante la paralisi quinquennale della contrattazione), ma anche quello di valorizzare il merito individuale o di gruppo degli impiegati pubblici. In secondo luogo il punto che la riattivazione della contrattazione costituisce un evento di ordine puramente procedurale, che non comporta alcun “vincolo di risultato” della contrattazione stessa. Infine il principio secondo cui lo Stato-datore di lavoro resta comunque obbligato dall’articolo 81 Cost. al rispetto del pareggio di bilancio (almeno tendenziale) sia in sede di contrattazione sia in sede di regolazione legislativa.
Le modifiche e integrazioni apportate dalla Camera al testo del disegno di legge approvato in prima lettura dal Senato non presentano alcun profilo di contrasto con le sopra citate affermazioni contenute nella sentenza 23 luglio 2015 n. 178 Costituzionale, rispetto alle quali il nuovo testo legislativo appare pertanto pienamente in linea.
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Esaminiamo dunque analiticamente le modifiche apportate dalla Camera. Esse hanno riguardato in primo luogo, per quel che concerne i profili di interesse della nostra Commissione, l’introduzione – nell’ambito della disciplina di delega di cui all’articolo 1, concernente, in via prevalente, l’amministrazione “digitale” – del principio (comma 1, lettera h) della semplificazione delle condizioni di esercizio dei diritti e dell’accesso ai servizi da parte dei cittadini interessati. È stato introdotto inoltre un principio di garanzia della conoscibilità della normativa e degli strumenti di sostegno della maternità e della genitorialità (corrispondenti al profilo dei richiedenti), attraverso l’impiego del sito internet dell’INPS, collegato con i siti delle amministrazioni regionali e locali, “attivabile al momento dell’iscrizione anagrafica della figlia o del figlio nato o adottato”, secondo modalità e procedure che assicurino la certezza e la riservatezza dei dati.
La Camera ha poi inserito nel disegno di legge un articolo che prevede la definizione, con regolamento di delegificazione, di norme di semplificazione e accelerazione di procedimenti amministrativi relativi a rilevanti insediamenti produttivi, a opere di interesse generale o all’avvio di attività imprenditoriali (articolo 4); gli interventi interessati – nell’àmbito dei tipi di procedimento indicati dal regolamento – devono essere individuati in concreto da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. L’auspicio, qui, come già detto sopra, è che della semplificazione e accelerazione possano godere non soltanto i nuovi insediamenti produttivi di maggiori dimensioni, ma tutti i nuovi insediamenti, di qualsiasi dimensione.
Riguardo alla disciplina di delega per la revisione della normativa in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, di cui all’articolo 11, la Camera ha confermato l’impianto del testo approvato dal Senato, con alcune modifiche e integrazioni. Tra queste si segnalano:
– la specificazione (comma 1, lettera b), numero 1) che l’istituzione del ruolo unico della dirigenza statale e i principii e criteri di delega a esso inerenti non concernono il personale in regime di diritto pubblico (di cui all’art. 3 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni);
– l’introduzione (come principio di delega) della possibilità, per i dirigenti pubblici collocati in disponibilità, di formulare istanza di ricollocazione nei ruoli delle pubbliche amministrazioni con inquadramento di funzionario (lettera i del comma 1).
La Camera ha riformulato la disciplina sulla promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, proposta – in via diretta e non come normativa di delega – dall’articolo 14, commi da 1 a 4. Si segnala, in particolare, che:
– il nuovo testo riduce (comma 1) da 20 a 10 punti percentuali la quota minima – da conseguire entro 3 anni – di dipendenti pubblici che possano, su richiesta, essere ammessi al telelavoro o a forme di sperimentazione (anche al fine di assicurare l’effettività delle cure parentali) di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa;
– riguardo alla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, per la definizione di indirizzi per l’attuazione delle norme di cui ai commi 1 e 2 e di linee guida, ai fini della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti pubblici, è stato introdotto il previo parere della Conferenza unificata Stato-Regioni-Province autonome-Città ed autonomie locali (comma 3).
Nel medesimo articolo 14, la Camera ha inserito un comma 6, che consente, a determinate condizioni, il trasferimento territoriale, anche presso un’altra pubblica amministrazione, alla dipendente pubblica vittima di violenza di genere. Il successivo comma 7, anch’esso aggiunto dalla Camera, prevede che il rifiuto tacito o esplicito opposto dalla pubblica amministrazione di provenienza o da quella di destinazione alla richiesta di un dipendente, genitore con figli minori fino a tre anni di età, di assegnazione (anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni) a una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore eserciti la propria attività lavorativa sia limitata a casi o esigenze eccezionali. Quest’ultima disposizione – come ho osservato all’inizio – può far sorgere qualche perplessità, apparendo fondata su di un principio di prevalenza dell’interesse personale del dipendente sull’interesse organizzativo delle amministrazioni e dando per scontato che la regola dettata si applichi in favore del coniuge dipendente pubblico e non di quello la cui attività lavorativa si svolge nel settore privato: sarebbe forse stato preferibile che questa materia rimanesse riservata alla disciplina più flessibilmente dettata dalla contrattazione collettiva.
Riguardo alle modifiche operate dalla Camera alla disciplina di delega concernente il riordino della normativa in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e sui connessi profili di organizzazione amministrativa, si segnala che:
– il termine per l’esercizio della delega è stato ampliato (diciotto mesi dall’entrata in vigore della presente legge, anziché dodici mesi) (comma 1, alinea, dell’articolo 17);
– è stato inserito il principio di delega di istituzione di una Consulta nazionale, intesa a un’efficace integrazione nell’ambiente di lavoro (delle pubbliche amministrazioni) delle persone con disabilità ed avente i compiti individuati a norma della lettera n) dell’articolo 17, comma 1.
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Sulla base delle considerazioni già svolte in prima lettura e di quelle svolte all’inizio di questa relazione, nonché dell’esigenza di rapida approvazione definitiva del disegno di legge, ritengo che sul disegno di legge possa e debba essere espresso un parere senz’altro positivo.