ABBANDONARE IL PERCORSO DI INTEGRAZIONE NELL’UNIONE EUROPEA NON PUÒ ESSERE CONSIDERATO UN OBIETTIVO “PROGRESSISTA”
Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 352, 6 luglio 2015.
Dunque, due greci su tre hanno scelto il “No”. Un successo dei lavoratori e dei consumatori greci ridotti alla fame contro i ricchi imprenditori e commercianti? O due terzi dei greci sono diventati improvvisamente di sinistra, come sembrano pensare Grillo, Vendola e Fassina? Non sembra proprio che le cose siano andate così. Hanno votato “No” anche i nazionalisti di estrema destra, e in generale tutti i greci convinti che respingendo la pretesa dei creditori di essere pagati si difende la sovranità nazionale. Così come, viceversa, hanno votato “Sì” molti orientati a sinistra ma consapevoli che non si può fare gli anticapitalisti o i keynesiani con i soldi degli altri. Più in generale hanno votato “Sì” i greci, di destra o di sinistra, capaci di mettersi nei panni dei contribuenti tedeschi, olandesi o finlandesi, i quali non possono essere contenti di pagare di tasca propria per coprire i buchi causati dall’enorme tasso di evasione ellenico e da un’amministrazione pubblica ipertrofica e costosissima. La scelta compiuta ieri dai greci non è né “di destra” né “di sinistra”: è solo la scelta di abbandonare il percorso faticoso e accidentato dell’integrazione nell’Unione Europea, che comporta anche l’allineamento – almeno tendenziale – del funzionamento della cosa pubblica rispetto ad alcuni standard stabiliti insieme. Se nelle prossime settimane, mesi e anni la parte più povera del Paese non trarrà alcun giovamento dalla scelta compiuta ieri di abbandonare quel percorso, anzi si troverà a dover sperare negli aiuti umanitari da parte degli ex-creditori, sarà molto difficile sostenere che quella sia stata davvero una scelta “di sinistra”.
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