LE PERSONE CHE VIVONO DEL LORO LAVORO HANNO BISOGNO DEL BRAVO IMPRENDITORE ALMENO QUANTO LUI HA BISOGNO DI LORO; E DEVONO IMPARARE A VALUTARLO IN MODO PRAGMATICO, BADANDO PRIORITARIAMENTE AI PROPRI INTERESSI, COME LUI FA CON LORO
Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 347, 1° giugno 2015 .
Festa dell’Unità, fresca serata primaverile, dibattito arroventato sulla politica del lavoro del Governo Renzi. Interviene un giovane che si qualifica come operaio: “Volete la prova che Renzi non è di sinistra? Ve la fornisco io: Renzi è amico di Marchionne; si sostengono a vicenda. E sapete quanto guadagna Marchionne? Nel 2014 tra stipendio e premio di risultato ha incassato 31 milioni di euro. Una cosa scandalosa, che non dovrebbe essere ammessa in un paese civile”. Già; ma ipotizziamo solo per un momento che nel 2003 nell’orizzonte della Fiat, e subito dopo della Chrysler, allora tecnicamente entrambe in stato di fallimento, non fosse comparso un imprenditore capace di salvare le due aziende e rilanciarle alla grande, gli operai di Fiat e di Chrysler oggi starebbero meglio o peggio? Se la verità è che starebbero peggio, non è convenuto anche a loro “ingaggiare” quell’imprenditore, pur con il suo lauto premio di risultato, visto che di quel risultato essi stessi beneficiano complessivamente in misura molto più larga? E se, per di più, di quei 31 milioni metà vanno in tasse, quindi a beneficio dei contribuenti, perché mai un Governo di sinistra non dovrebbe fare a gara con Svizzera, Inghilterra, U.S.A. o Canada per far scegliere l’Italia come luogo di residenza da quella gallina dalle uova d’oro? La realtà è che i lavoratori hanno bisogno del bravo imprenditore tanto quanto lui ha bisogno di loro. Non fa il loro interesse chi lo nega, ma chi li aiuta a valutare realisticamente il piano industriale e, se la valutazione è positiva, a negoziare la scommessa comune con l’imprenditore su quel piano, anche a costo di rischiare qualche cosa di proprio. Proprio il contrario di quello che fece la Fiom-Cgil a Pomigliano, nel 2010, quando diede loro indicazione di cacciare Marchionne votando “no” al suo piano industriale, solo perché conteneva tre deroghe al contratto collettivo nazionale.
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