UN LETTORE MI CONTESTA UN PO’ DI PARTIGIANERIA NEL GIUDIZIO POSITIVO SULLA RIFORMA DEL LAVORO – GLI RISPONDO TORNANDO SUI PUNTI DEBOLI DEI DECRETI GiÀ VARATI, RISERVANDOMI UN GIUDIZIO SENZA SCONTI SU QUELLI ANCORA DA VARARE
Messaggio pervenuto il 30 maggio 2015 – Segue la mia risposta.
Professor Ichino, ho sempre apprezzato la sua capacità di valutare i fatti politici con distacco, nonostante il suo impegno diretto in Parlamento, insomma il suo essere un politico anomalo, che antepone l’onestà intellettuale agli interessi di parte. Ora però mi sembra che sul Jobs Act lei abbia perso un po’ della sua indipendenza di giudizio: possibile che lei non riesca a vedere nella riforma proprio nessun difetto?
Alberto Fieschi
Sulla parte già varata della riforma (nuova disciplina dei licenziamenti, nuovo trattamento universale di disoccupazione e contratto di ricollocazione) ho detto più volte sia su questo sito, sia nel libro che è proprio da oggi in libreria, dove sta il difetto più rilevante: la sperimentazione del contratto di ricollocazione avrebbe dovuto partire già dall’inizio del 2014; siamo in grande ritardo e la struttura del ministero non sembra debitamente mobilitata. Sollecitato da questa lettera aggiungo qui una critica alla nuova disciplina dei licenziamenti: è sbagliato prevedere un limite minimo di quattro mensilità dell’indennizzo giudiziale per il licenziamento ritenuto dal giudice scorretto (sarebbe stato meglio non alterare la proporzionalità perfetta tra indennizzo e anzianità di servizio maturata, come si è dovuto fare per un necessario compromesso politico in seno alla maggioranza). La fase iniziale del rapporto è quella in cui l’incertezza circa la sua sorte è massima; il rischio di una perdita di quattro mensilità, nel caso in cui nel giro di un anno le cose vadano male, può spingere l’imprenditore a scegliere di partire con un contratto a tempo determinato, passando al tempo indeterminato soltanto alla scadenza del termine. L’apparente maggior tutela per il lavoratore si traduce così per lui in un danno: l’abolizione della soglia minima amplierebbe ulteriormente la quota di assunzioni a tempo indeterminato sul flusso totale dei nuovi contratti. Onestamente, collocandomi nell’ordine di idee e di obiettivi del legislatore delegante e di quello delegato, non vedo altri difetti gravi in questa prima parte della riforma. Ma questa è, appunto, soltanto la prima parte: nei giorni prossimi vedrà la luce la parte ulteriore, con l’approvazione definitiva da parte del Governo del decreto sul cosiddetto “riordino contrattuale”, che potrebbe costituire oggetto di altre critiche. Se sarà il caso, il mio sostegno al Governo in Parlamento non mi tratterrà dal dire tutto quello che penso anche dei prossimi decreti. (p.i.)
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