SUL MODO MIGLIORE DI REGOLARE LE UNIONI CIVILI I CATTOLICI IN QUANTO TALI NON HANNO ALCUNA VERITÀ RIVELATA DA FAR VALERE
Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 346, 25 maggio 2015 – In argomento v. anche Sui diritti civili incominciamo coll’allinearci agli standard europei.
Una mia cara amica vive da anni unita con un’altra donna; hanno due figli piccoli. Un mio caro amico d’infanzia vive da decenni con un altro uomo. Il legame che tiene unite quelle due coppie è visibilmente di natura coniugale: ho visto con i miei occhi come l’una ha curato l’altra nel corso di una grave malattia; e come l’uno ha sostenuto l’altro durante un lungo periodo di disoccupazione. Da modesto cultore dell’eredità bimillenaria di cui la Chiesa cattolica è portatrice, non sono mai riuscito a capire il fondamento evangelico dell’ostilità della Chiesa stessa a che lo Stato riconosca e tuteli queste unioni: al contrario, mi è parso di vedere in questa ostilità una incapacità della Chiesa di rendere anche in questo campo, come lo fa in altri, la sua testimonianza evangelica contro il conformismo della cultura dominante. Ora, poi, che quel conformismo non è più dominante, ora che anche due terzi dei cattolicissimi irlandesi hanno mostrato di aver voltato pagina rispetto a un pregiudizio ingiusto e per nulla evangelico nei confronti delle unioni omosessuali, mi sento di rivolgere alla Chiesa italiana una proposta: quando, tra poche settimane, arriverà in Aula al Senato il disegno di legge sulle unioni civili, non se ne occupi. Lasci che il legislatore italiano allinei almeno in parte il nostro ordinamento a quelli degli altri Paesi europei su questa materia: si tratta di una questione giuridico-amministrativa di sua piena competenza, sulla quale i cattolici in quanto tali non possono far valere alcuna verità rivelata.
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