PERCHÉ I DISSENSI SULLE RIFORME ISTITUZIONALI NON POSSONO DAVVERO COSTITUIRE MOTIVO RAGIONEVOLE PER UNA SCISSIONE NEL PD E NELLA MAGGIORANZA
Risposta di Giorgo Tonini, segretario del Gruppo dei Senatori PD, a Gianni Cuperlo che ha paventato una scissione del PD motivata da alcuni contenuti della nuova legge elettorale, Facebook, 14 marzo 2015
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Ho stima e amicizia per Gianni Cuperlo. Da molti anni. Ma proprio non capisco il senso della sua sofferta preoccupazione sul rischio scissione della sinistra Pd, “se Renzi non ascolta le nostre ragioni sull’Italicum“. Non c’è proporzione (o almeno, io proprio non riesco a vederla) tra il rischio paventato (addirittura la scissione dal partito) e l’oggetto del contendere. La sinistra dem sostiene che il combinato disposto tra la riforma costituzionale e quella elettorale configurerebbe un sistema antidemocratico. La tesi è francamente insostenibile, senza infilarsi in un ginepraio di contraddizioni. La maggior parte dei grandi paesi europei funziona infatti più o meno come funzionerebbe l’Italia riformata: una sola camera politica eletta direttamente e una seconda, specializzata nel rapporto tra stato e autonomie regionali, eletta da queste ultime. Il Bundesrat tedesco, ad esempio, è composto dai soli governi regionali, senza alcuna rappresentanza delle minoranze. Se il nostro futuro Senato può essere definito fascista, quello tedesco allora è nazista? Gianni non ti riconosco più. Ma il problema è l’Italicum, si dice. Troppo pochi sarebbero gli eletti con le preferenze e troppi i nominati dai partiti, attraverso il meccanismo dei capilista bloccati. Di nuovo: come la mettiamo con la Germania? Il Bundestag, secondo questa teoria, sarebbe composto tutto di nominati, essendo scelto per metà coi collegi uninominali e metà con le liste bloccate. Di preferenze a Berlino nemmeno l’ombra. Con l’Italicum invece almeno due terzi del partito di maggioranza sarebbero eletti con le preferenze e una percentuale variabile delle minoranze, a seconda del livello di frammentazione. Può darsi che questo aspetto sia un punto debole (non esiste la legge elettorale perfetta), ma basta per gridare alla deriva autoritaria senza sentirsi di fare torto alla propria e altrui intelligenza? Di più: davvero si può presentare come radicalmente migliore la controproposta della sinistra dem, quella di eleggere la parte bloccata dei deputati con un listino regionale invece che coi capilista di collegio? Si può preferire l’una o l’altra delle soluzioni (io preferisco di gran lunga quella simil-uninominale dei capilista, più trasparente per gli elettori), ma si può tracciare su questa alternativa il confine tra democrazia e autoritarismo? E si può porre su una questione in definitiva così modesta e controversa, addirittura la minaccia (o nel caso di Gianni il timore) della scissione? Mah…
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