LE RESPONSABILITA’ DEL CENTRO-DESTRA NELLA CRISI DI ALITALIA: UN ARTICOLO DI TRE ANNI FA

QUANDO E’ IL GOVERNO AD APPOGGIARE IL SINDACALISMO DETERIORE, CHE PRODUCE SOLTANTO SCIOPERI E NESSUN ACCORDO

Questo mio articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera il 22 agosto 2005

        Prima di bollare come “inaudita” la scelta di Alitalia di interrompere le relazioni sindacali con il sindacato autonomo Sult (1) – come ha fatto sabato ‑ il ministro del lavoro Maroni avrebbe fatto bene a chiedersi se non ci sia qualche cos’altro di inaudito nel nostro panorama nazionale delle relazioni sindacali. Da anni, ormai, nei trasporti aerei, ferroviari e municipali, l’anomalia italiana rispetto al resto del mondo è costituita dalla frequenza altissima e ininterrotta di scioperi, peraltro del tutto inconcludenti: mediamente due al mese, senza soste neppure nelle settimane successive alla firma degli accordi (su questo incredibile fenomeno il ministro non ha nulla da dire?). Ultimamente, poi, la degenerazione del sistema italiano delle relazioni sindacali nei trasporti pubblici ha fatto un salto di qualità, con la ribellione aperta da parte di alcuni sindacati autonomi contro la legge che regola la materia, sotto forma di programmazione dichiarata di scioperi illegittimi. E in prima fila, in questo rifiuto strategico del rispetto delle regole, c’è proprio quello stesso Sult in soccorso del quale il nostro ministro del lavoro accorre ora, aggiungendo inopinatamente il proprio sostegno contro la decisione di Alitalia a quello offerto nei giorni precedenti al sindacato autonomo da Rifondazione comunista.

            Vero è che il partito del ministro del lavoro non vede di buon occhio la nostra compagnia aerea di bandiera, da quando è guidata da Giancarlo Cimoli. Viceversa, il favore del governo di centro-destra per il Sult ha radici lontane: il riconoscimento di questo sindacato venne imposto ad Alitalia nel 1994 dal ministro dei trasporti del primo governo Berlusconi, Publio Fiori (nonostante il parere recisamente contrario espresso in quell’occasione dall’Intersind, l’associazione che rappresentava allora le imprese a partecipazione statale). L’intendimento politico della manovra era di indebolire i sindacati confederali, creando una nuova rappresentanza autonoma per gli assistenti di volo. Peccato che già allora, e poi ancor più negli anni successivi, i sindacati confederali fossero impegnati nella difficile negoziazione con Alitalia delle misure necessarie per riallinearne l’organizzazione e il costo del lavoro rispetto a quelli delle principali compagnie aeree concorrenti; e che il ruolo del Sult sia stato invece essenzialmente quello di offrire agli assistenti di volo una protezione piena e intransigente dei loro vecchi privilegi contro quelle misure.

            Fatto sta che da allora il Sult, per un verso, ha rifiutato di sottoscrivere con Alitalia qualsiasi accordo volto a risanarne il bilancio fallimentare; per altro verso ha fatto un ricorso allo sciopero esasperato, talora anche apertamente illegittimo, con le motivazioni più svariate. È dei giorni scorsi la proclamazione provocatoria, da parte del Sult, di due giorni di sciopero degli assistenti di volo per il 30 e il 31 agosto, in aperta e duplice violazione delle regole che vietano gli scioperi nei trasporti in due giorni consecutivi e comunque nel periodo di “franchigia” estiva, che va dal 27 luglio al 5 settembre.

La decisione di Alitalia di interrompere le relazioni con il Sult non è soltanto opportuna sul piano sostanziale ‑ seppur tardiva ‑ perché un sindacato che produce solo scioperi e nessun accordo è una pessima controparte, con la quale nessuna azienda seria può avere interesse a stabilire rapporti; ma è anche una scelta pienamente legittima. Lo è per lo Statuto dei lavoratori, che dopo il referendum del 1995 garantisce i diritti sindacali in azienda soltanto al sindacato che abbia negoziato almeno un accordo collettivo applicato nell’azienda stessa; lo è poi anche per la legge sullo sciopero nei servizi pubblici, la quale sanziona il sindacato trasgressore, appunto, con la sospensione delle relazioni negoziali e dei diritti sindacali in azienda. Forse il ministro del lavoro non conosce queste norme, che pure spetterebbe anche a lui applicare?

(1) Il Sult nel 2006 ha mutato il proprio nome in Sindacato dei Lavoratori – SdL

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