ALITALIA E LA CASSA CON LE ALI

L’INCHIESTA APERTA SUI PILOTI CASSINTEGRATI DA SETTE ANNI (A SPESE DEI VIAGGIATORI) MA ATTIVI SULLE ROTTE INTERNAZIONALI

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 333, 11 febbraio 2015.

Trentasei piloti di Alitalia, in Cassa integrazione dal 2008, scoperti a lavorare per compagnie aeree straniere. Molti si chiedono sgomenti: come è potuto accadere? Ma la vera domanda da porsi è un’altra: davvero solo trentasei? Vi è motivo di ritenere – stavo per scrivere “sperare” – che siano molti di più quelli che non se ne sono stati con le mani in mano, tra i 1500 dipendenti di Alitalia ai quali nel 2008 il Parlamento italiano promise sette anni di ammortizzatori sociali. A spese dei viaggiatori: quel trattamento è finanziato con una tassa di tre euro per ogni biglietto aereo acquistato in Italia. 1500 lavoratori messi in freezer a spese di Pantalone, senza che poi nessuno si sia più occupato di loro in alcun modo. Del resto, perché occuparsene? La Cassa integrazione ha per legge lo scopo di tener legato il lavoratore alla sua azienda: non è fatta per sostenerlo nella ricerca di una nuova occupazione. Solo che in questo caso l’azienda – la “vecchia Alitalia” – non aveva più neppure un aereo da far volare. All’incirca la stessa cosa accade per circa mezzo milione  di altri cassintegrati in giro per l’Italia. C’è ancora qualcuno che dubiti della necessità di voltar pagina rispetto a questo uso insensato della Cassa integrazione nelle crisi occupazionali?

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