BERLUSCONI ADESSO PUÒ ANCHE DECIDERE DI ROMPERE SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE, E ALFANO COL GOVERNO, MA SE LO FANNO NON LO MOTIVINO CON LA VICENDA DELL’ELEZIONE PRESIDENZIALE
Primo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 331, 1° febbraio 2015.
Ora anche i detrattori più feroci di Matteo Renzi devono riconoscergli almeno un merito: quello di aver sbrogliato in modo magistrale una matassa che a metà della settimana scorsa appariva inestricabile. Evitando il rischio incombente di una paralisi pericolosissima del nostro sistema politico. Dando, al contrario, al mondo intero l’immagine di un Paese capace di coesione, le cui istituzioni funzionano bene: un messaggio agli osservatori e operatori economici stranieri che vale da solo qualche decimale di aumento del PIL. Il premier ci è riuscito trovando con abilità davvero straordinaria una terza strada, là dove tutti gli altri vedevano soltanto due alternative, entrambe impraticabili o praticabili soltanto al costo di lacerazioni profonde. La prima: asse maggioranza PD-Forza Italia su di un candidato “terzo” (Giuliano Amato?), al prezzo della rottura con la minoranza PD; la seconda: ricompattamento dello stesso PD intorno a un suo dirigente storico (Piero Fassino?), al prezzo della rottura con il Centro-destra. Qualcuno obietterà che la rottura comunque c’è stata; ma non è così. Renzi ha rotto soltanto rispetto alla pretesa di FI e NCD di una soluzione che escludesse la minoranza PD e l’opposizione di sinistra, in un passaggio che la Costituzione vuole invece il più possibile unitario. La candidatura di Sergio Mattarella è stata presentata al termine di una serie serratissima di colloqui nei quali Berlusconi e Alfano sono stati pienamente coinvolti. E nessuno può in buona fede ravvisare una provocazione nei confronti di FI o di NCD nella qualità del candidato prescelto: un non dirigente PD e non renziano, caratterizzato più dal suo ruolo di studioso della Costituzione e di giudice costituzionale che dal suo passato di parlamentare o di ministro. Tant’è che la maggior parte dei parlamentari FI e NCD lo hanno alla fine votato anche loro. Ora, come nei mesi passati, FI e/o NCD ben possono decidere di rompere, rispettivamente, la maggioranza su cui si sta basando la riforma costituzionale, oppure la maggioranza di Governo; ma se lo faranno lo motivino soltanto con un loro improvviso mutamento di linea politica, non con la vicenda dell’elezione presidenziale.
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