DOMANDE E RISPOSTE SUL CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI

UN PRIMO MANUALETTO OPERATIVO SULLA NUOVA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI E DEGLI INCENTIVI ALL’ASSUNZIONE A TEMPO INDETERMINATO

Le domande qui riportate sono state raccolte nel corso del convegno promosso da GiGroup a Milano il 12 gennaio, nel corso del quale non è stato possibile rispondere a tutte: è stato pertanto promesso che entro breve tempo le risposte sarebbero state messe on line – Le domande e risposte inserite dopo il 26 gennaio sono evidenziate in colore blu; quelle inserite dopo il 2 febbraio sono ulteriormente evidenziate con un asterisco *  – Sono on line anche le slides della relazione con la quale ho introdotto il convegno

 

SOMMARIO
1. Campo di applicazione: i nuovi assunti a tempo indeterminato
. 1.1. Questioni inerenti alla transizione dal vecchio al nuovo ordinamento
. 1.2. Dirigenti
. 1.3. Procedimenti giudiziali in corso
. 1.4. Non è necessario che le nuove assunzioni abbiano carattere “incrementale”
2. Campo di applicazione (segue): conversione di contratti a termine
3. Imprese di piccole dimensioni
4. Disciplina dei licenziamenti e della conciliazione standard
.  4.1. L’indennizzo
.  4.2. Retribuzione di riferimento
4.3. Licenziamento disciplinare
.  4.4. Il licenziamento in prova
.  4.5. Licenziamento per superamento del limite di età
5. Preavviso e relativa indennità sostitutiva
6. Protezione del lavoratore in malattia
7. Protezione speciale dei rappresentanti sindacali
8. Adempimenti burocratici
9. Contratto di ricollocazione
10. Apprendistato
11. Contratti di lavoro a progetto
12. Un nuovo dualismo?
13. Un ostacolo alla mobilità? Le clausole individuali di maggiore stabilità
14. Contratti di solidarietà
15. Sgravi contributivi per lavoratori assunti a tempo parziale o determinato
16. Impatto della nuova disciplina sul lavoro in somministrazione
17. Impatto della nuova disciplina sulle organizzazioni di tendenza
18. Entrata in vigore del nuovo decreto

1. CAMPO DI APPLICAZIONE: I NUOVI ASSUNTI A TEMPO INDETERMINATO

1.1. Questioni inerenti alla transizione dal vecchio al nuovo ordinamento

Il contratto a tutele crescenti potrà essere utilizzato dalle aziende dall’entrata in vigore del decreto, che probabilmente si collocherà intorno alla metà di febbraio. Le assunzioni a tempo indeterminato stipulate prima di quella data, sono poi riconducibili e quindi de-contribuite?
Temo proprio che la risposta debba essere nettamente negativa per quel che riguarda la “riconducibilità a contratto a tutele crescenti” di un contratto a tempo indeterminato stipulato prima dell’entrata in vigore del decreto (è il motivo per cui in queste ultime settimane le aziende ricorrono molto ampiamente all’assunzione a termine, riservandosi di convertire il rapporto in tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto). La risposta è invece positiva per quel che riguarda la fruibilità dello sgravio contributivo e fiscale disposto dalla legge di stabilità 2015, che vale per tutti i contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati dal 1° gennaio 2015, laddove sussistano anche gli altri requisiti posti dalla legge (v. domanda e risposta immediatamente successive).

Le assunzioni effettuate dopo il primo gennaio 2015 ma prima dell’entrata in vigore del decreto, utilizzando il contratto a tutele crescenti, saranno comunque considerate tali oppure sarebbe stato necessario attendere la pubblicazione del decreto?
Prima dell’entrata in vigore del decreto datore e prestatore di lavoro non possono validamente pattuire la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (v. domanda precedente e relativa risposta). Nel lasso di tempo che intercorre tra il 1° gennaio 2015 e l’entrata in vigore del decreto, l’impresa che assume a tempo indeterminato gode dello sgravio fiscale e contributivo disposto dalla legge di stabilità, ma stipula un contratto cui resta applicabile la vecchia disciplina dei licenziamenti.

Nel caso di un dipendente assunto in una SpA (di 100 dipendenti) nel 2012, operante tutt’ora nella medesima società, e che il datore di lavoro intende licenziare nel 2015 per soppressione della posizione lavorativa, è possibile applicare il nuovo licenziamento senza rischio di reintegro previsto dal Jobs Act?
No, per lo stesso motivo indicato nella risposta precedente.

Cosa si intende per “nuovi assunti”? Per esempio: un lavoratore di 50 anni che cambia azienda è considerato “nuovo assunto” e perde pertanto la protezione dell’art. 18?
Sì. Ma stiamo attenti a non considerare questa come una menomazione rispetto alla situazione attuale: tra gli ostacoli principali alla rioccupazione con contratto di lavoro regolare stabile degli over50 che perdono il posto c’è proprio la rigidità della disciplina dei licenziamenti vigente, che costituisce un deterrente molto forte contro l’assunzione di un cinquantenne disoccupato, di cui l’imprenditore non conosce la capacità di adattamento al contesto aziendale e alle nuove esigenze produttive. Nulla vieta. peraltro, che la persona interessata pattuisca con il nuovo datore di lavoro clausole di maggior favore rispetto alla nuova disciplina legislativa: v. in proposito infra, § 13.

1.2. Dirigenti

Atteso che l’art 1 del decreto precisa chiaramente che l’ambito di applicazione del Decreto è la popolazione degli operai, impiegati e quadri, quale disciplina è applicabile ai dirigenti?
Ai dirigenti resta applicabile la disciplina previgente del licenziamento ad nutum, cioè di un atto che non necessita di motivazione. I due soli vincoli di fonte legislativa sono costituiti dalla forma scritta e dal preavviso (sul quale v. § 5). Altri vincoli, come è ovvio possono essere previsti dal contratto collettivo applicabile: molti contratti del settore dirigenziale prevedono che il licenziamento debba essere accompagnato da una motivazione.

* Ora la disciplina generale dei licenziamenti determina un costo di separazione inferiore rispetto a quello previsto fin qui dai principali contratti collettivi nazionali. Non pensa che a questo punto venga meno l’interesse delle imprese ad allargare la categoria dirigenziale per sottrarre i quadri di livello più alto all’ingessatura dell’articolo 18?
Sì; è plausibile che questa riforma determini una accentuazione della tendenza, già in atto, alla contrazione della categoria dirigenziale, la quale tenderà sempre di più ad escludere il low management, e forse anche, in parte, il middle management. A meno che i nuovi contratti collettivi del settore dirigenziale non riducano il costo di separazione al livello o sotto il livello dello standard legislativo.

1.3. Procedimenti giudiziali in corso

Nel caso in cui un’azienda (con oltre 16 dipendenti) avesse in corso da diversi anni una causa con un ex dipendente in seguito ad un licenziamento disciplinare, nel caso di soccombenza di fronte al giudice si possono applicare le “nuove regole” che escludono la reintegra?
No: la nuova disciplina si applicherà soltanto ai nuovi contratti a tempo indeterminato, che verranno stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto; oppure ai contratti di lavoro a termine – anche se stipulati prima dell’entrata in vigore del decreto – che vengano convertiti in contratti a tempo indeterminato nel nuovo regime.

1.4. Non è necessario che le nuove assunzioni abbiano carattere “incrementale”

Il godimento dello sgravio contributivo dipende dal carattere “incrementale” delle nuove assunzioni a tempo indeterminato? In altre parole: è necessario che le assunzioni stesse determinino un aumento dell’organico rispetto alla situazione esistente al 31 dicembre 2014?
No. La scelta del Governo di non condizionare il godimento dello sgravio contributivo e fiscale al carattere incrementale delle nuove assunzioni è stata criticata da chi (penso in particolare a Luca Ricolfi) avrebbe preferito che il beneficio venisse concentrato sugli aumenti di organico. Va sottolineato però, a questo proposito, che l’intendimento del Governo non è soltanto quello di favorire l’aumento dell’occupazione, ma anche quello di migliorare la qualità dell’occupazione, favorendo un drastico aumento della quota delle assunzioni a tempo indeterminato nel flusso delle nuove assunzioni, siano esse incrementali o no, e di riflesso nello stock dei rapporti di lavoro in essere.

2. CONVERSIONE DI CONTRATTI A TERMINE

Si può considerare contratto decontribuito il caso di dipendente attualmente in forza a tempo determinato e trasformato a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto?
La risposta è sicuramente positiva in riferimento agli sgravi fiscali e contributivi previsti dalla legge di stabilità 2015. Ritengo che la risposta debba essere positiva anche in riferimento all’applicabilità del decreto sul contratto a tutele crescenti. Sarò più contento quando questa risposta non sarà più soltanto frutto di un atto di interpretazione di una disposizione non chiarissima su questo punto (interpretazione basata su quello che certamente il legislatore delegato vuole), ma corrisponderà a quanto detto esplicitamente nell’articolo 1 del decreto stesso nella sua versione definitiva (come confido che avverrà).

In ipotesi di trasformazione di un contratto a termine, nel corso del suo svolgimento, in contratto a tempo indeterminato di lavoratore in mobilità effettuata dopo il 1 gennaio 2015. In luogo delle agevolazioni ivi spettanti (proroga dello sgravio contributivo per ulteriori 12 mesi e 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore), l’impresa può scegliere lo sgravio contributivo previsto dalla legge di stabilità, considerato che è più conveniente?
Mi sembra che la risposta debba essere positiva sulla base di questa osservazione: nulla vieta all’impresa di non far valere i requisiti per il godimento delle agevolazioni previste per l’assunzione del lavoratore in mobilità, limitandosi a far valere il semplice fatto della conversione di contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.

3. IMPRESE DI PICCOLE DIMENSIONI

Il personale che verrà assunto con il contratto a tutele crescenti, non “farà computo” ai fini dell’applicazione dell’art. 18, ma per quanto riguarda il computo ai fini per esempio dell’applicazione dell’aliquota contributiva Inps, piuttosto che ai fini del collocamento obbligatorio, etc. vanno comunque considerati?
Sì, è così.

4. DISCIPLINA DEL LICENZIAMENTO E DELLA CONCILIAZIONE STANDARD

4.1. L’indennizzo

Stanti i limiti già prestabiliti per l’indennizzo giudiziale (da 4 a 24 mensilità), il “vantaggio” per il lavoratore nell’accettare un’offerta di conciliazione (a parità di anni di anzianità) consiste quindi nell’esenzione fiscale, visto che minimi e massimi della conciliazione standard sono più bassi (da 2 a 18 mensilità)?
Non solo l’esenzione fiscale. La conciliazione standard, come tutte le transazioni, presenta anche il vantaggio di evitare l’alea del giudizio. Il giudice potrebbe anche dare ragione al datore di lavoro, riconoscendo la sussistenza del giustificato motivo e pertanto non condannandolo ad alcun indennizzo. D’altra parte, chiunque abbia un po’ di esperienza forense sa che il primo atto del giudice, in apertura di una causa di lavoro, consiste nell’esperimento di un tentativo di conciliazione tra le parti; ed è presumibile che molti giudici d’ora in poi svolgeranno questo tentativo assumendo come parametro per la proposta conciliativa da presentare alle parti proprio la “tariffa” indicata dalla nuova disposizione.

Potrà anche accadere che un’offerta comportante un costo inferiore per l’azienda dia al lavoratore un “netto in tasca” superiore rispetto all’indennizzo giudiziale?
Questo mi sembra proprio che non possa accadere. Perché l’indennizzo oggetto della conciliazione standard è la metà di quello giudiziale; e l’Irpef non grava mai in misura superiore alla metà del reddito imponibile. Tanto meno, poi, quando si tratta di reddito soggetto a tassazione separata. L’unica eccezione che vedo è costituita dal caso del lavoratore con anzianità di servizio superiore ai 18 anni, per il quale l’indennizzo giudiziale ammonta a 24 mensilità meno Irpef, mentre l’indennizzo oggetto di conciliazione-standard ammonta a 18 mensilità senza imposizione fiscale: qui l’importo dell’indennizzo transattivo potrebbe avvicinarsi molto all’indennizzo giudiziale netto. Questa piccola anomalia deriva dall’asimmetria del limite massimo fissato per l’indennizzo giudiziale rispetto al limite massimo fissato per l’indennità transattiva: nel primo caso il limite corrisponde a una anzianità di servizio di 12 anni, mentre nel secondo esso corrisponde a una anzianità di servizio di 18 anni, col risultato che tra i 12 e 1 18 anni di anzianità di servizio l’indennità transattiva, oltretutto esente da imposta, si avvicina sempre di più a quella giudiziale.

Se la conciliazione non prevede soltanto il pagamento dell’indennità stabilita dall’articolo 6 del decreto, ma prevede un’indennità di importo superiore, la differenza gode dell’esenzione fiscale?
No: la differenza è imponibile ai fini dell’Irpef, con l’aliquota stabilita per il trattamento di fine rapporto (c.d. “tassazione  separata”).

La nuova norma sulla conciliazione standard consente di inserire nell’accodo anche una transazione su altri aspetti del rapporto di lavoro (per esempio: differenze retributive, straordinari non pagati, ecc.)?
Certamente sì. Ma questa clausola dovrà prevedere il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto a quella relativa alla rinuncia all’impugnazione del licenziamento. E la somma aggiuntiva non beneficerà dell’esenzione dall’Irpef: v. in proposito la risposta immediatamente precedente.

Quando un lavoratore abbia, per esempio, dieci anni di anzianità di servizio, la differenza tra indennizzo giudiziale e indennizzo oggetto della conciliazione standard ammonta a 10 mensilità. Perché mai il lavoratore dovrebbe accettare la metà, potendo ottenere il doppio?
Le ragioni possono essere diverse. La prima può essere costituita dall’incertezza circa l’esito del giudizio. La seconda può essere costituita dal costo del giudizio; che non è costituito soltanto dall’onorario dell’avvocato, ma anche dal tempo che la persona interessata dovrà dedicare alla preparazione del giudizio e alla partecipazione alle udienze, e talvolta anche dall’impossibilità di allontanarsi dal luogo dove il giudizio è destinato a svolgersi, in funzione di un nuovo rapporto di lavoro. D’altra parte, nulla vieta che il datore di lavoro, per evitare il giudizio, offra al dipendente licenziato un indennizzo transattivo superiore rispetto alla “tariffa” indicata dalla legge: la sola conseguenza, se il dipendente accetterà, sarà che la parte di indennizzo eccedente rispetto alla “tariffa” sarà soggetta all’imposizione fiscale.

L’indennità di licenziamento andrà a integrare o sostituirà il preavviso di licenziamento?
Si tratta di due istituti diversi, che svolgono funzioni diverse e tra i quali non si determina dunque assorbimento: v. in proposito § 5.

Nel caso di procedimento conciliativo ex art. 7 della l. 604/66 già avviato (quindi con dipendente con anzianità di servizio 2009) e con convocazione in DTL prevista entro la fine di gennaio, l’azienda può procedere con la modalità di conciliazione standard ed erogare l’importo esente da imposizione fiscale e contributiva?
No, perché la conciliazione standard prevista dal nuovo decreto può avere per oggetto soltanto il recesso del datore di lavoro da un contratto a tutele crescenti, cioè da un contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato dopo l’entrata in vigore del decreto stesso.

L’art.6 del decreto determina in modo rigido il “quantum” dell’assegno circolare che è oggetto della conciliazione standard. Ma che cosa accadrebbe se il datore di lavoro, anche per venire incontro ad alcune richieste relative all’intercorso rapporto di lavoro, intendesse aumentare la somma? La quota eccedente è soggetta a tassazione Irpef o no? L’importo esente da Irpef può essere aumentato mantenendo come causale dell’erogazione la conciliazione sul licenziamento?
La risposta a entrambe le domande è negativa: 1) l’esenzione dall’imposizione Irpef vale soltanto per un importo non superiore a quello indicato nel decreto (la parte dell’indennizzo eventualmente eccedente quell’importo deve dunque essere assoggettata all’imposta); 2) la regola suddetta non può essere aggirata imputando l’intero pagamento alla transazione sul licenziamento. Ciò non toglie, ovviamente, che la transazione avente per oggetto un indennizzo maggiore sia perfettamente valida, sia che essa riguardi soltanto il licenziamento, sia che essa riguardi in parte materie diverse inerenti al decorso rapporto di lavoro.

Nei prossimi passaggi parlamentari è prevista un’estensione delle modalità di offerta di conciliazione al lavoratore circa il licenziamento intimato (per esempio: verbale di conciliazione con impegno a corrispondere in seguito il dovuto con bonifico bancario)?
Non mi sembra che siano state avanzate proposte in questo senso. Però effettivamente può essere opportuno rendere meno rigida la disciplina della forma della conciliazione standard, ferma restando l’esigenza di prevenire frodi fiscali.

4.2. Retribuzione di riferimento

Nei vari articoli del decreto, per la determinazione dell’indennizzo si fa riferimento all'”ultima retribuzione globale” ma non è chiaro il riferimento temporale da considerare (potrebbe essere la retribuzione dell'”ultimo” mese o dell'”ultimo” anno).
Effettivamente la nozione di “retribuzione globale” presenta alcuni margini di indeterminatezza. Una soluzione tecnica del problema potrebbe consistere nel precisare che con questo termine si è inteso richiamare la retribuzione di riferimento per la determinazione dell’indennità di mancato preavviso, sulla quale l’interprete dispone di una abbondante elaborazione giurisprudenziale e dottrinale, giunta ormai a risultati che possono considerarsi sufficientemente definitivi.

4.3. Licenziamento disciplinare

Come si giustifica sul piano costituzionale che, per ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro, sia il lavoratore licenziato per motivi disciplinari a dover dimostrare l’insussistenza del fatto contestato e che allo stesso fine non abbia più alcun rilievo la sproporzione tra fatto contestato e licenziamento?
A queste due domande rivoltemi da un frequentatore del sito ho dedicato una ampia e articolata risposta on line su questo sito, alla quale rinvio.

4.4. Il licenziamento in prova

* Qual è l’impatto della nuova disciplina sul recesso in periodo di prova?
Resta inalterata la disciplina previgente: in costanza del periodo di prova è sempre ammesso il licenziamento ad nutum, cioè senza necessità di motivazione.

* Si può sostenere che l’art. 2096 c.c. è una norma speciale per cui, come già avviene con l’art. 18 S.L., non è applicabile il contratto a tutele crescenti se non dopo la stabilizzazione del rapporto anche a seguito di eventuale sentenza che dichiari la nullità del patto (e non invece nel caso dichiari il solo diritto alla continuazione della prova o al risarcimento per il residuo relativo periodo come più frequentemente si verifica)?
La questione deve essere risolta sulla base di una premessa: nel nuovo ordinamento la regola generale è costituita dalla tutela indennitaria (liability rule), mentre la tutela reintegratoria (property rule) costituisce l’eccezione. Nel caso in cui venga accertata la nullità del patto di prova, in un contratto a tempo indeterminato stipulato dopo l’entrata in vigore del decreto, si applica la nuova disciplina generale del licenziamento fin dall’inizio del rapporto. In questo caso, se il licenziamento è motivato con l’esito negativo della prova, logica vuole che, in assenza di prova circa un grave difetto della prestazione, o di altre circostanze effettivamente ostative alla prosecuzione del rapporto, la fattispecie venga equiparata a quella dell’insussistenza o insufficienza del motivo di licenziamento, con conseguente condanna del datore di lavoro all’indennizzo (salvo che la controversia si sia risolta mediante la conciliazione-standard, cosa che deve ritenersi ovviamente ammessa, con relativo beneficio fiscale, anche in questo caso).

4.5. Licenziamento per superamento del limite di età

* Il licenziamento motivato con il solo fatto del raggiungimento dell’età pensionabile, dichiarato illegttimo per carenza del requisito dell’età o del periodo minimo contributivo, concretizza un licenziamento ingiustificato ex art. 3 c.1 del decreto con mero indennizzo?
Anche in questo caso occorre muovere dalla premessa di cui si è detto nel § 4.3: la nuova regola generale è costituita dalla tutela indennitaria, mentre quella reintegratoria costituisce l’eccezione. In questo ordine di idee logica vuole che la carenza del requisito dell’età o della contribuzione minima per la pensione di vecchiaia venga considerata come un caso di insussistenza o insufficienza del motivo addotto a sostegno del licenziamento, con applicazione della sanzione indennitaria.

5. PREAVVISO E RELATIVA INDENNITÀ SOSTITUTIVA

* Come è regolato l’istituto del preavviso nel nuovo regime delle tutele crescenti?
Il decreto non modifica in nulla la disciplina attualmente vigente del preavviso e della relativa indennità sostitutiva. Deve dunque ritenersi che l’obbligo del preavviso o della relativa indennità sostitutiva (come definito dal contratto collettivo applicabile, o dal contratto individuale, oppure, in difetto, secondo equità) resti in vigore in tutti i casi di licenziamento, esclusi soltanto quelli nei quali sussista una giusta causa, ovvero un motivo di recesso di tale gravità da non consentire la prosecuzione neppure temporanea del rapporto.

6. PROTEZIONE DEL LAVORATORE IN MALATTIA

Come si applica la nuova disciplina nel caso del licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto, ma dichiarato illegittimo, ad esempio per un conteggio errato dei giorni di malattia? E nel caso del licenziamento motivato da impossibilità sopravvenuta della prestazione, che il giudice non riconosce?
La legge delega deve essere interpretata nel senso di una summa divisio dei licenziamenti: da un lato quelli disciplinari, cioè fondati sulla contestazione di una mancanza al lavoratore, dall’altro quelli “economici”, dove questo aggettivo deve essere inteso estensivamente nel senso del licenziamento dettato da esigenze dell’impresa non solo “economiche”, ma anche tecniche od organizzative. Per questa seconda categoria di licenziamenti la legge-delega esclude tassativamente l’applicazione della sanzione reintegratoria: deve dunque ritenersi che, sia nel primo caso sia nel secondo cui la domanda si riferisce, l’eventuale difetto di fondamento del licenziamento possa portare soltanto all’indennizzo di cui al comma 1 dell’articolo 3 del decreto. Con un’avvertenza, però, in riferimento al licenziamento del lavoratore assente per malattia:
– se il calcolo corretto del termine di comporto porta a concludere nel senso che esso non è ancora scaduto, si applica anche al contratto a tutele crescenti la norma contenuta nell’articolo 2010 cod. civ., che prevede l’inefficacia temporanea del licenziamento, fino alla scadenza del termine;
– se alla scadenza del termine il lavoratore non sarà ancora guarito, il licenziamento produrrà il proprio effetto, senza alcun indennizzo; se invece il lavoratore ritorna al lavoro prima della scadenza del termine di comporto, si dovrà vedere se il motivo addotto dal datore di lavoro sussiste o no. Se il motivo consiste esclusivamente nella scadenza del termine, questo deve ritenersi un caso di insussistenza del motivo oggettivo, con conseguente condanna dell’impresa all’indennizzo di cui al comma 1 dell’articolo 3.

7. PROTEZIONE SPECIALE DEI RAPPRESENTANTI SINDACALI

La tutela sui licenziamenti illegittimi dei dirigenti sindacali, di cui ai commi 11 e ss. dell’art 18 S.L., che prevede la reintegra, varrà quale norma speciale anche per gli assunti con il contratto a tutele crescenti che invece non la prevede per gli operai, impiegati e quadri quali normalmente sono i dirigenti sindacali?
Nell’intendimento del legislatore delegato, la tutela reale (cioè con sanzione reintegratoria) dei lavoratori – anche dei rappresentanti sindacali aziendali – contro ogni forma di licenziamento discriminatorio o di rappresaglia è garantita dalla norma antidiscriminatoria contenuta nell’articolo 2 del nuovo decreto. Questo intendimento risulterà più chiara nel testo unico semplificato delle norme sui rapporti di lavoro. Va sottolineato, a questo proposito, che la nuova disciplina non riduce in alcun modo la tutela reale del rappresentante sindacale aziendale, neanche sotto il profilo della tempestività dell’applicazione della sanzione: a fronte del licenziamento discriminatorio del rappresentante sindacale, il provvedimento giudiziale di natura cautelare può sempre essere ottenuto sia mediante il procedimento ex art. 28 dello Statuto (repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro) sia mediante il procedimento ex art. 700 c.p.c. (quello con cui chiunque può chiedere al giudice di anticipare immediatamente con una ordinanza di natura cautelare, sulla base di una istruttoria sommaria, gli effetti della sentenza di merito).

8. ADEMPIMENTI BUROCRATICI

Pur in assenza di istruzioni operative Inps un datore di lavoro può effettuare le assunzioni ed essere certo che avrà l’esonero per assunzioni a tempo indeterminato per 36 mesi?
Sì: mi sembra proprio che la legge non subordini il godimento del beneficio ad alcuna formalità preventiva, che non sia quella dovuta per la costituzione regolare di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

9. CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE

Il contratto di ricollocazione si potrà attivare anche dopo una risoluzione consensuale che contenga eventualmente la manifestata intenzione di licenziare il lavoratore? In sostanza, si potrà evitare la lettera di licenziamento?
Se la disposizione dovesse rimanere formulata come è oggi nello schema presentato dal Governo al Parlamento, la risposta sarebbe negativa. Confido, però, che il testo verrà modificato proprio su questo punto, in modo da ampliare l’area di applicazione di questa nuova misura di politica attiva del lavoro, ricomprendendovi tutti i casi di perdita del posto da parte di un titolare di contratto a tutele crescenti. La nuova formulazione, poi, dovrà lasciare libere le Regioni che intendono farlo – come il Lazio, o la Sicilia – di ampliare ulteriormente il campo di applicazione della nuova misura, a loro spese s’intende.

10. APPRENDISTATO

Cosa accade per gli apprendisti con contratto in scadenza nell’anno 2015? la legge Fornero aveva uniformato il contratto di apprendistato ai contratti a tempo indeterminato; pertanto sembrerebbe che i contratti di apprendistato non potranno, se passati a tempo indeterminato, beneficiare del bonus 8000 per tre anni.
Temo che effettivamente le cose stiano così: questi sono a tutti gli effetti contratti a tempo indeterminato costituiti prima dell’inizio del nuovo anno.

11. CONTRATTI DI LAVORO A PROGETTO 

Cosa succederà dei contratti a progetto, e quando?
Questa è materia del decreto che dovrà recare il nuovo Codice semplificato. Il Governo lo ha annunciato per aprile, ma potrebbe anche arrivare a maggio o giugno: la legge-delega fissa un termine di sei mesi per l’emanazione. La soluzione sulla quale il Governo sta lavorando si basa sull’individuazione precisa dei tratti distintivi della sostanziale dipendenza economica, costituiti essenzialmente dalla continuità del rapporto nel tempo, dalla monocommittenza e dal livello basso del reddito: sono gli stessi requisiti sui quali la legge Fornero del 2012 fonda la “presunzione” della subordinazione. L’intendimento del Governo è di rendere molto più semplice e – per così dire – automatico il meccanismo di accertamento della sussistenza di questi tre requisiti, ottenendo così una drastica riduzione del contenzioso giudiziale in proposito. Individuata questa situazione di “dipendenza economica”, essa costituirà il presupposto per una applicazione selettiva delle norme di protezione del lavoro subordinato: potrebbero applicarsi, per esempio, quelle relative al licenziamento e al contratto a termine, quelle in materia di orario massimo e riposi, e/o quelle in materia di ferie annuali. Potrebbero invece essere dettata una disciplina speciale per il caso della malattia.

Fino a quando le aziende potranno utilizzare i contratti a progetto?
Come ho detto nella risposta immediatamente precedente, se le cose andranno come spero e come mi sembra più probabile, il “contratto di lavoro a progetto” come tipo contrattuale a sé stante sarà soppresso; ma non sarà soppressa la figura della collaborazione autonoma coordinata e continuativa, a tempo indeterminato o a termine. Verrà tuttavia prevista una estensione selettiva delle protezioni proprie del lavoro subordinato alle collaborazioni autonome quando esse presentino i tratti essenziali della dipendenza economica: continuità nel tempo, monocommittenza e basso reddito.

12. UN NUOVO DUALISMO?

L’abolizione dell’art 18 dello Satuto dei Lavoratori per i lavoratori che verranno assunti con il contratto a tutele crescenti e la contemporanea applicazione dell’art 18 ai vecchi lavoratori già assunti, non potrebbe avere come conseguenza la creazione di un regime di tutele differenziato, creando così all’interno del mercato due categorie di lavoratori?
Oggi abbiamo un regime di apartheid senza speranza tra protetti e non protetti: l’area del lavoro stabile regolare è sempre più ridotta e sempre meno accessibile. Con questa riforma avremo non più l’apartheid fra protetti e non protetti, ma la compresenza transitoria del vecchio regime di protezione nel rapporto di lavoro basato sull’articolo 18 e di un nuovo regime di protezione nel mercato del lavoro, basato su strumenti radicalmente nuovi: un nuovo trattamento universale di disoccupazione esteso a tutti e il contratto di ricollocazione. Questa compresenza di regimi diversi di protezione è comunque destinata ad esaurirsi rapidamente, anche solo per effetto del turnover fisiologico. E se io fossi un giovane oggi preferirei essere assunto nel nuovo regime, piuttosto che con un contratto di lavoro ingessato, come lo è nel vecchio regime: perché quando arriva l’acquazzone anche il gesso si scioglie e il lavoratore rimane con un pugno di mosche in mano.

Non si creeranno così nuovi ostacoli per i giovani nell’accesso al mercato del lavoro? Per esempio: un giovane che oggi è assunto con contratto a tempo indeterminato di sicuro non sarà incentivato a lasciare un posto di lavoro, anche laddove nel nuovo posto gli si prospetti un maggiore compenso economico.
Anche oggi accade diffusamente che una persona che ha un contratto di lavoro stabile si sposti in una nuova azienda, dove la attende un periodo di prova, oppure dove per ragioni dimensionali non si applica l’articolo 18; oppure che il lavoratore passi da un posto di lavoro impiegatizio a un incarico dirigenziale. In tutti questi casi nulla vieta che le parti negozino protezioni contrattuali particolari, come per esempio l’esclusione del periodo di prova; oppure una anzianità convenzionale che ha l’effetto di aumentare l’indennizzo in caso di licenziamento; oppure ancora una clausola di durata minima. Questo già avviene normalmente nel contesto del vecchio ordinamento; e potrà utilmente continuare ad accadere nel nuovo contesto.

13. UN OSTACOLO ALLA MOBILITÀ? LE CLAUSOLE INDIVIDUALI DI STABILITA’

Dopo l’entrata in vigore del Decreto anche per un dipendente a tempo indeterminato che decida di cambiare posto di lavoro per crescita professionale, varrà la nuova disciplina del licenziamento presso la nuova Azienda. Sarà possibile prevedere all’atto della nuova assunzione clausole in deroga a quanto previsto dal jobs act in tema di licenziamento?
La disciplina legislativa della materia del licenziamento è inderogabile in pejus, cioè non può essere sostituita validamente da una disciplina contrattuale meno protettiva per il lavoratore. Ma nulla vieta che essa venga integrata da disposizioni negoziate tra la persona interessata e il nuovo datore di lavoro, che aumentino la sua stabilità. Già oggi, per esempio, è del tutto valida la pattuizione con cui il lavoratore che si sposta da una azienda a un’altra ottiene di essere esentato dal periodo di prova; oppure ottiene la rinuncia del nuovo datore di lavoro a esercitare la facoltà di recesso per un determinato periodo (c.d. clausola di durata minima); oppure ancora ottiene che il preavviso di licenziamento venga allungato. Allo stesso modo, nulla vieterà domani che la persona interessata pattuisca con il nuovo datore di lavoro il riconoscimento di una anzianità convenzionale, cui corrisponderà un costo di licenziamento più elevato per l’impresa. Un’altra soluzione possibile – con il consenso del vecchio datore di lavoro – consiste nella cessione del contratto da quest’ultimo al nuovo, con conseguente prosecuzione del rapporto a tutti gli effetti, senza soluzione di continuità, con conservazione da parte del lavoratore dell’anzianità maturata nell’azienda dove ha lavorato fino a quel momento. Nella cessione del contratto, che implica un accordo a tre – oltre ai due datori di lavoro, deve parteciparvi anche il prestatore -, ben può essere pattuita anche la rinuncia a superminimi goduti nella vecchia azienda, oppure viceversa la loro sostituzione con benefici di diversa natura o funzione, così come il passaggio dal contratto collettivo applicabile presso quest’ultima al contratto collettivo eventualmente diverso applicabile presso la nuova.

La pattuizione in un contratto individuale di una clausola di maggiore stabilità, nel contratto a tempo indeterminato, rispetto a quanto previsto dalla nuova disciplina generale dei licenziamenti determina la perdita del diritto allo sgravio contributivo e fiscale.
No: l’unico requisito consiste nel fatto che il contratto, stipulato dal 1° gennaio 2015 in poi, sia a tempo indeterminato.

* Sono un quadro in una multinazionale e ho ricevuto una proposta da un’altra azienda e dovrei cambiare ad inizio Marzo. Se mi sono ben informato mi sarà applicato il nuovo contratto a tutele crescenti nonostante io abbia ora il classico contratto protetto dall’art. 18. Può l’azienda lasciarmi il contratto che ho attualmente con le tutela dell’ art 18?
Un modo per ottenere questo risultato pratico consiste nella cessione del contratto di lavoro (v. sopra). Un altro modo per ottenerlo consiste nel negoziare l’impegno contrattuale del nuovo datore di lavoro ad applicare la disciplina del recesso che le parti concordemente scelgono, purché più favorevole per il lavoratore rispetto a quella inderogabilmente prevista dal decreto: ivi compresa ovviamente anche la c.d. tutela reale alla vecchia maniera.

14. CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ

Nella legge di stabilità è sparito il fondo di 40 milioni di euro dedicati ai contratti di solidarietà, fondo che invece era presente nella precedente versione. È un tentativo di togliere ossigeno ai contratti di solidarietà? Perché, se sono tra le poche cose che in tempi di crisi funzionano?
Una cosa è certa: si tratta di una variazione i bilancio poco coerente con le disposizioni contenute nella legge-delega sul lavoro, che tendono invece a favorire il ricorso al contratto di solidarietà per risolvere le crisi occupazionali aziendali temporanee. Ricordo, comunque, che l’integrazione salariale erogata dall’Inps in occasione del contratto di solidarietà può considerarsi a tutti gli effetti come un intervento particolare della Cassa integrazione guadagni; e la spesa della Cassa per questo tipo di intervento costituisce una frazione di minima entità rispetto al totale. Credo che ci sia ampio spazio per un suo ampliamento.

15. SGRAVI CONTRIBUTIVI E FISCALI PER I RAPPORTI A TEMPO PARZIALE O DETERMINATO

È possibile usufruire sia del bonus occupazionale (Garanzia Giovani) che dell’esonero contributivo (legge di stabilità 2015), qualora ricorrano i requisiti che le due normative hanno in comune (ad esempio l’assunzione a tempo indeterminato)?
Sì: lo conferma ora la Circolare Inps 29 gennaio 2015 n. 17.

Lo sgravio triennale previsto dalla Legge di Stabilità, nel caso di assunzione part-time va riproporzionato, o spettano comunque Euro 8.060,00?
Va riproporzionato. Lo conferma ora la Circolare Inps 29 gennaio 2015 n. 17.

La norma contenuta nella Legge di stabilità al comma 118 garantisce “… con riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e dei contratti di lavoro domestico, decorrenti dal 1° gennaio 2015 con riferimento a contratti stipulati non oltre il 31 dicembre 2015, … per un periodo massimo di trentasei mesi, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua. ..”. Si chiede come questa norma sarà applicata quando nella Legge 92/2012 all’art. 4 , comma 12 si esclude la possibilità di avere incentivi alle assunzioni in tutta una serie di casi tra cui quelli indicati alla lett. a) “  gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva; gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione”.  Se i  lavoratori assunti con contratto a termine di durata superiore a 6 mesi hanno un diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato e quindi costituiscono, per il datore che vuole stabilizzare una risorsa per le stesse mansioni, un obbligo all’assunzione di quella risorsa, ne deriva che quasi nessun datore potrà beneficiare di tali incentivi ogni qualvolta pensi di assumere con contratto a tempo indeterminato una risorsa che ha assunto in precedenza con un contratto a termine  (magari avente una durata di soli 12 mesi, molto inferiore ai 36 massimi consentiti).  Se così fosse, i datori di lavoro che assumessero a tempo interminato lavoratori prima in forza con contratto a progetto avrebbero diritto alle agevolazione, mentre quei datori che, nel rispetto della legge, avessero correttamente assunto una risorsa scegliendo il lavoro subordinato, seppur a temine, non avrebbero diritto ad alcunché, qualora optassero per la stabilizzazione di quella risorsa.
A mio avviso la norma che esclude la possibilità di godere dell’incentivo quando l’assunzione costituisca attuazione di un obbligo preesistente non riguarda il caso del lavoratore assunto a termine con diritto di precedenza nell’assunzione a tempo indeterminato: questo diritto di precedenza di cui il lavoratore è titolare non configura un “obbligo di assunzione” a carico del datore di lavoro. Tuttavia, stante la difficoltà e delicatezza del quesito, lo ho inoltrato al ministero del Lavoro, dal quale ho ricevuto una prima risposta interlocutoria con l’impegno a una risposta più precisa appena possibile, sentita anche la presidenza del Consiglio dei Ministri e il ministero dell’Economia. (questa mia risposta, data originariamente in forma dubitativa, trova ora conferma nella Circolare Inps 29 gennaio 2015 n. 17). Ritengo che la stessa risposta positiva, in riferimento allo sgravio fiscale e contributivo disposto dalla legge di stabilità 2015, valga anche in riferimento al caso della assunzione in violazione del diritto di precedenza di altro ex-dipendente a termine, contemplato nella lettera b) del comma 12 dell’art. 4 della legge Fornero, citato nella domanda (su questo punto, però, la circolare Inps n. 17/2015 tace).

16. L’IMPATTO DELLA NUOVA DISCIPLINA SUL LAVORO IN SOMMINISTRAZIONE

* L’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore al termine di un periodo nel quale la sua prestazione è stata utilizzata dall’impresa in regime di somministrazione rientra nel campo di applicazione della nuova disciplina?
Sì: si tratta infatti pur sempre di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nuovo, stipulato dopo l’entrata in vigore del decreto.

* La risposta positiva alla domanda precedente vale anche per il caso in cui il contratto di somministrazione, stipulato prima dell’entrata in vigore del decreto, sia stato ritenuto nullo per qualche difetto formale o sostanziale?
No: in questo caso, infatti, si considera che tra impresa utilizzatrice e lavoratore si sia instaurato un contratto di lavoro ordinario a tempo indeterminato (D.Lgs. n. 276/2003, art. 27). Vale dunque quanto si è è detto sopra, circa il contratto a tempo indeterminato ordinario (che in questo caso si considera) stipulato prima dell’entrata in vigore del decreto.

Se un’agenzia per il lavoro temporaneo assume un lavoratore a tempo indeterminato, in funzione del suo invio in missione presso aziende utilizzatrici nel contesto di un contratto di somministrazione di lavoro, ha diritto agli sgravi contributivi e fiscali? Dal 13 febbraio l’agenzia per il lavoro che assume il lavoratore somministrato a tempo indeterminato potrà applicare il contratto a tutele crescenti ?
Sì: il contratto col quale l’agenzia assume un lavoratore senza termine, sia esso destinato a essere inviato in missione presso un’impresa utilizzatrice a tempo indeterminato (c.d. staff leasing), oppure a tempo determinato (lavoro temporaneo tramite agenzia), ai fini della legge di stabilità 2015 è un contratto di lavoro regolare a tempo indeterminato; e, se stipulato dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo qui in esame, è senz’altro soggetto alla nuova disciplina delle “tutele crescenti”.

Il CCNL del settore chimico, per l’assunzione di somministrati a termine, prevede delle percentuali limitative (18% in generale e nelle aree ex-mezzogiorno il 30%). Tali limiti quantitativi fanno riferimento a precise e tassative causali (art. 3 lettera c). Ora, avendo la legge vigente in materia – c.d. decreto Poletti – abolito le causali e rimandando ai CCNL la definizione dei limiti numerici di assunzioni da effettuare, nel caso in questione si applica ancora la ? Ovvero non si tiene conto delle percentuali del contratto nazionale visto che contengono delle causali?
Il contratto collettivo per il settore chimico è in scadenza: sono già state avviate le trattative per il suo rinnovo. Sarà dunque opportuno che, nel rinnovare il contratto, le parti espungano le vecchie disposizioni non più congruenti rispetto al nuovo contesto ordinamentale. In attesa che il nuovo contratto sostituisca il vecchio, si pone un delicato problema di interpretazione della volontà negoziale che si esprime nella disposizione in esame del vecchio contratto collettivo: si deve ritenere che quella disposizione sia così strettamente legata all’ordinamento precedente al decreto Poletti, da perdere il proprio significato e applicabilità nel nuovo ordinamento, oppure no? Non ho una conoscenza sufficiente di questa disciplina collettiva per poter rispondere in questa sede.

L’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore al termine di un periodo nel quale la sua prestazione è stata utilizzata dall’impresa in regime di somministrazione rientra nel campo di applicazione della nuova disciplina?
Sì: si tratta infatti pur sempre di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nuovo, stipulato dopo l’entrata in vigore del decreto.

La risposta positiva alla domanda precedente vale anche per il caso in cui il contratto di somministrazione, stipulato prima dell’entrata in vigore del decreto, sia stato ritenuto nullo per qualche difetto formale o sostanziale?
No: in questo caso, infatti, si considera che tra impresa utilizzatrice e lavoratore si sia instaurato un contratto di lavoro ordinario a tempo indeterminato ordinario, che pertanto si considera costituito prima dell’entrata in vigore del decreto, con conseguente esclusione dell’applicazione della nuova disciplina dei licenziamenti.

17. L’IMPATTO DELLA NUOVA DISCIPLINA SULLE ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA

In merito alle organizzazioni di tendenza [cioè quelle ideologicamente connotate, come i partiti, i sindacati, le associazioni culturali o religiose, ecc. – N.d.R.],  mi pare di capire dall’articolo 9 dello schema di decreto legislativo che saranno assoggettate in toto alla nuova disciplina. Pertanto, laddove impieghino più di 15 dipendenti, non avranno più il tetto delle 6 mensilità (come le piccole imprese). Di fatto, io ho inteso che si è voluto togliere il “privilegio” di cui prima godevano, sebbene solo per le nuove assunzioni. È così oppure ho mal interpretato il testo?
È così. Questo conferma, per un verso, la tendenza della nuova disciplina a diventare l’ordinamento universale della materia; per altro verso la sua capacità di diventarlo, a differenza dell’ordinamento fondato sull’articolo 18 St.lav., per sua natura non applicabile in diverse situazioni. 

18. ENTRATA IN VIGORE DELLA NUOVA DISCIPLINA

Quando entrerà in vigore ufficialmente il decreto legislativo istitutivo dei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti?
Il termine di 30 giorni entro il quale i due rami del Parlamento devono esprimere i rispettivi pareri sui primi due decreti scadono il 12 febbraio, giovedì  prossimo. Scaduto questo termine, il Governo potrà emanare i decreti, che entreranno in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione. Questo potrà accadere – sperabilmente – venerdì 13 febbraio, oppure una settimana dopo, il 20.

 

 

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